FOGLIO LAPIS - DICEMBRE- 2020

 

É quello di Suor Anna Monia Alfieri, specialista di organizzazione dei sistemi educativi. Considera approssimativa la gestione dell'emergenza sanitaria nelle scuole. É mancata, sostiene, quell'intesa con gli istituti paritari che altrove in Europa ha dato buoni risultati

 

Proprio quest'anno è stata insignita dell'Ambrogino d'oro, il riconoscimento che il Comune di Milano assegna a quei concittadini per nascita o per elezione che si sono distinti nei rispettivi settori di attività. Lei, Suor Anna Monia Alfieri, monaca delle Marcelline, è attivissima in campo educativo sia nella ricerca teorica sia nell'organizzazione dei sistemi formativi. Paladina della scuola paritaria, da sempre in prima fila nella critica all'istruzione pubblica italiana e alle politiche scolastiche del governo. Una critica che parte da una constatazione largamente condivisa: la collocazione della scuola ben distante, nella scala delle priorità, dal ruolo essenziale che è chiamata a svolgere.

Non sorprende dunque il suo giudizio fortemente negativo sulla gestione dell'emergenza sanitaria, in particolare per ciò che concerne la scuola. Lo ha più volte espresso in questi mesi, sulla stampa scritta e nelle trasmissioni televisive. Tanto per cominciare nota che l'emergenza è tale perché coglie di sorpresa, ma una volta superata la sorpresa diventa normalità. O almeno così dovrebbe essere, mentre invece la gestione pubblica del problema ha imboccato tutt'altra strada. Una gestione che Suor Anna giudica senz'altro approssimativa, al punto da determinare una condizione surreale. In particolare considera scandalosa la chiusura delle scuole, che si poteva evitare reperendo gli spazi aggiuntivi richiesti dalla necessità del distanziamento sociale attraverso un patto fra sistema pubblico e scuola paritaria. In altri Paesi d'Europa, una soluzione del genere ha scongiurato i rischi della chiusura permettendo al tempo stesso di proteggere allievi e docenti dal pericolo del contagio.

Inoltre una inaccettabile discriminazione grava sulle prospettive di riapertura dei corsi. La strategia adottata dal governo italiano per fronteggiare la doppia sfida della pandemia e della continuità didattica lascia fuori dalle aule oltre un milione di studenti, il quindici per cento dell'intera popolazione scolastica, in soprannumero rispetto alla capacità faticosamente raggiunta attraverso l'acquisizione di spazi aggiuntivi. Per ovviare a questo squilibrio, insiste Suor Anna, bastava redistribuire gli allievi fra statali e paritarie, sulla base di un patto che tenesse conto delle rispettive autonomie. A costo zero, il problema sarebbe stato risolto.

Si possono e si devono conciliare libertà e diritti, sostiene la combattiva monaca, perché la libertà implica un'assunzione di responsabilità da parte dei singoli. E oggi noi tutti ci sentiamo vincolati nelle nostre libertà perché non vediamo davanti a noi prospettive praticabili. Come andrà a finire tutto questo? Condanna il carattere approssimativo della gestione governativa di questa emergenza, prima di tutto perché è stata sottovalutata, poi perché si è agito ignorando il parlamento, infine perché non ha saputo adattarsi alle singole realtà. Il risultato è un inaccettabile peggioramento delle discriminazioni che già erano presenti nel sistema.

Eppure il Covid19 poteva rivelarsi un'opportunità, ma a Roma non hanno saputo coglierla. Suor Anna insiste sulla sua tesi di fondo: bastava concordare una linea d'azione con il sistema scolastico paritario... Bisognava inoltre organizzare un'efficace struttura per il trasporto, ancora una volta ricorrendo alla collaborazione fra pubblico e privato.

 

                                                                 a. v.  

 

 


                                                  

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