É
quello di Suor Anna Monia Alfieri, specialista di organizzazione
dei sistemi educativi. Considera approssimativa la gestione
dell'emergenza sanitaria nelle scuole. É mancata,
sostiene, quell'intesa con gli istituti paritari che altrove
in Europa ha dato buoni risultati
Proprio
quest'anno è stata insignita dell'Ambrogino d'oro,
il riconoscimento che il Comune di Milano assegna a quei
concittadini per nascita o per elezione che si sono distinti
nei rispettivi settori di attività. Lei, Suor Anna
Monia Alfieri, monaca delle Marcelline, è attivissima
in campo educativo sia nella ricerca teorica sia nell'organizzazione
dei sistemi formativi. Paladina della scuola paritaria,
da sempre in prima fila nella critica all'istruzione pubblica
italiana e alle politiche scolastiche del governo. Una critica
che parte da una constatazione largamente condivisa: la
collocazione della scuola ben distante, nella scala delle
priorità, dal ruolo essenziale che è chiamata
a svolgere.
Non sorprende dunque
il suo giudizio fortemente negativo sulla gestione dell'emergenza
sanitaria, in particolare per ciò che concerne la
scuola. Lo ha più volte espresso in questi mesi,
sulla stampa scritta e nelle trasmissioni televisive. Tanto
per cominciare nota che l'emergenza è tale perché
coglie di sorpresa, ma una volta superata la sorpresa diventa
normalità. O almeno così dovrebbe essere,
mentre invece la gestione pubblica del problema ha imboccato
tutt'altra strada. Una gestione che Suor Anna giudica senz'altro
approssimativa, al punto da determinare una condizione surreale.
In particolare considera scandalosa la chiusura delle scuole,
che si poteva evitare reperendo gli spazi aggiuntivi richiesti
dalla necessità del distanziamento sociale attraverso
un patto fra sistema pubblico e scuola paritaria. In altri
Paesi d'Europa, una soluzione del genere ha scongiurato
i rischi della chiusura permettendo al tempo stesso di proteggere
allievi e docenti dal pericolo del contagio.
Inoltre
una inaccettabile discriminazione grava sulle prospettive
di riapertura dei corsi. La strategia adottata dal governo
italiano per fronteggiare la doppia sfida della pandemia
e della continuità didattica lascia fuori dalle aule
oltre un milione di studenti, il quindici per cento dell'intera
popolazione scolastica, in soprannumero rispetto alla capacità
faticosamente raggiunta attraverso l'acquisizione di spazi
aggiuntivi. Per ovviare a questo squilibrio, insiste Suor
Anna, bastava redistribuire gli allievi fra statali e paritarie,
sulla base di un patto che tenesse conto delle rispettive
autonomie. A costo zero, il problema sarebbe stato risolto.
Si
possono e si devono conciliare libertà e diritti,
sostiene la combattiva monaca, perché la libertà
implica un'assunzione di responsabilità da parte
dei singoli. E oggi noi tutti ci sentiamo vincolati nelle
nostre libertà perché non vediamo davanti
a noi prospettive praticabili. Come andrà a finire
tutto questo? Condanna il carattere approssimativo della
gestione governativa di questa emergenza, prima di tutto
perché è stata sottovalutata, poi perché
si è agito ignorando il parlamento, infine perché
non ha saputo adattarsi alle singole realtà. Il risultato
è un inaccettabile peggioramento delle discriminazioni
che già erano presenti nel sistema.
Eppure
il Covid19 poteva rivelarsi un'opportunità, ma a
Roma non hanno saputo coglierla. Suor Anna insiste sulla
sua tesi di fondo: bastava concordare una linea d'azione
con il sistema scolastico paritario... Bisognava inoltre
organizzare un'efficace struttura per il trasporto, ancora
una volta ricorrendo alla collaborazione fra pubblico e
privato.
a.
v.
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