Una
volta ancora l'indagine PISA, il programma OCSE che mette
a confronto le competenze dei quindicenni nei paesi industriali
inchioda gli italiani a un livello bassissimo della graduatoria
internazionale – Ovviamente la questione riguarda
anche gli adulti, e non è detto che sia tutta colpa,
come molti asseriscono, degli strumenti digitali
Siamo
alle solite, la comparazione statistica internazionale continua
a rivelare che in Italia l'analfabetismo funzionale è
mediamente più sviluppato che negli altri Paesi dell'Occidente
industriale. L'analfabetismo funzionale, del quale il Foglio
Lapis più volte si è occupato, è la
condizione di chi tecnicamente sa leggere, nel senso che
sa individuare lettere e parole, ma di fatto non comprende
appieno il significato di quello che ha letto. L'ultimo
rapporto PISA (Programme for International Student Assessment)
realizzato per conto dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione
e la sicurezza in Europa) rivela che soltanto un ragazzo
italiano ogni venti sa capire, dopo avere letto un breve
testo, se si tratta dell'enunciazione di fatti o dell'espressione
di opinioni personali. É vero che la media OCSE non
è proprio esaltante, visto che solo un ragazzo su
dieci risulta in grado di capire la differenza, ma resta
il fatto che la posizione dell'Italia nel confronto internazionale
è davvero mortificante. Anche per un alto dato: un
quarto dei nostri ragazzi quando legge un testo che riguarda
temi a ui estranei proprio non ci capisce nulla.
Mentre
per altre competenze, per esempio in fatto di matematica,
i ragazzi italiani figurano più o meno in linea con
la media OCSE, sono dunque dolori per la capacità
di lettura. Ovviamente il dato medio nasconde una realtà
eterogenea: la stessa indagine, che è stata condotta
nel 2018 ma i risultati sono stati resi pubblici all'inizio
di questo mese, ci ricorda realtà ben note da tempo,
per esempio il divario fra Nord e Sud, a tutto svantaggio
delle regioni meridionali, o il fatto che le ragazze se
la cavano un po' meglio dei loro coetanei di sesso maschile,
o infine la differenza fra istituti professionali e licei,
con i primi ulteriormente al di sotto della media. É
in pratica la stessa situazione che il linguista Tullio
De Mauro fotografò una quarantina di anni fa in un
celebre saggio, Le parole e i fatti. Questo dettaglio dovrebbe
fare giustizia di un'idea abbastanza diffusa, secondo la
quale la colpa delle deficienze dei nostri giovani lettori
sarebbe da ascriversi al mondo digitale, computer, tablet,
smartphone.
Non
è così, anche se certamente dobbiamo considerare
che quegli strumenti incoraggiano a una pericolosa semplificazione
delle idee e dei problemi, insomma del mondo. Inoltre bisogna
considerare che il programma dell'OCSE, così come
i test INVALSI, chiamano n causa gli adolescenti, ma i problemi
che ne emergono riguardano anche gli adulti, riguardano
la società italiana nel suo insieme, e comportano
evidenti rischi di esclusione sociale per milioni di cittadini.
Uno studio recente valuta che oltre un quarto della popolazione
italiana, precisamente il 28 per cento, ha competenze di
lettura decisamente insufficienti, tanto da poter parlare
di analfabetismo funzionale. É appena il caso di
notare che nell'era della competizione globale tutto questo
pone seri limiti alle potenzialità di sviluppo del
nostro Paese.
l.
v.
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