Secondo
un'indagine della Bocconi non è affatto vero che
lo smartphone possa considerarsi un sussidio didattico:
per oltre i due terzi dei soggetti interpellati viene
usato poco, o non usato affatto, per fare i compiti –
É invece abbastanza diffusa l'abitudine di usarlo
in classe per copiare – La diversa percezione di
genitori e figli del ruolo del digitale
Quasi
un terzo dei nostri ragazzi dice di avere cominciato a tamburellare
sul primo cellulare fra i sei e gli otto anni. Ma i genitori
non sono d'accordo: per loro l'accesso al digitale in così
tenera età riguarda non più del diciannove
per cento dei bambini. É un esempio della diversa
percezione che di questo fenomeno, l'uso degli strumenti
informatici portatili, hanno adulti e bambini, genitori
e figli. Questa contraddizione emerge da una ricerca che
l'università Bocconi e l'associazione ImparaDigitale
hanno realizzato interpellando millecinquecento ragazzi
in età di obbligo scolastico e un migliaio di genitori
e insegnanti, oltre ad alcune decine di consigli di classe.
Per arrivare alla conclusione che il cellulare è
talmente invasivo nella vita dei giovanissimi da determinare
forti dubbi sull'utilità e sull'opportunità
del suo uso a scuola.
Mettendo
a confronto le risposte dei ragazzi e quelle degli adulti
emergono altre vistose differenze: per esempio quasi tutti
gli alunni della scuola primaria negano l'abitudine di portare
il cellulare in classe, mentre i loro insegnanti dicono
che quasi un quarto dei bambini lo usa clandestinamente,
ad esempio per copiare i compiti. E ancora: mediamente i
ragazzi dichiarano di usare il cellulare per un tempo infinitamente
più ridotto rispetto a quello che segnalano i loro
genitori. Oltre l'ottanta per cento dei genitori dichiara
di avere fissato delle regole limitative per l'uso dello
smartphone, ma non tutti i figli le riconoscono, e una quota
significativa ammette che si guarda bene dal rispettarle.
Inoltre usano lo strumento fino a tardi nella giornata:
oltre le 23 i bambini delle elementari, oltre la mezzanotte
i ragazzi della secondaria di secondo grado.
Il
cellulare è dunque ormai un oggetto irrinunciabile
per i nostri figli, ma purtroppo questa inchiesta rivela
che una caratteristica illusione delle famiglie, secondo
cui è anche un utile strumento didattico, capace
di aiutare nello studio, è quasi del tutto campata
in aria. Infatti il sessantotto per cento lo usa poco, o
addirittura non lo usa affatto, per studiare o per fare
i compiti. Insomma va in frantumi il mito del “maestro
digitale”, o viene almeno fortemente ridimensionato.
Certamente l'innovazione delle tecniche educative non può
prescindere dal supporto informatico e telematico, ma può
utilmente servirsene soltanto se non si limita esclusivamente
a quello, ma inserisce la tecnologia un una visione più
ampia, al centro della quale rimangono il rapporto umano
fra discente e docente e l'obiettivo di aiutare il primo
a crescere, creandosi i necessari spazi di autonomia creativa.
f.
s.
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