Il fenomeno è recente ma in espansione, consiste nel recupero della manualità e dell'ingegno applicato alle cose pratiche in un'ottica chiaramente digitale – Una scuola che si voglia aggiornata rispetto alle tendenze del secolo non può certo disinteressarsene – Questo ritorno al “fare pratico” permetterebbe al sistema educativo di riguadagnare almeno un po' di popolarità perduta
Maker, leggiamo sul New York Times, è un termine vago, volutamente vago, eppure esistono un maker movement e eventi come le maker faires che periodicamente si svolgono, suscitando notevole interesse, in Europa come in America. C'è inoltre un'attenzione crescente per ciò che questo fenomeno rappresenta. Dale Dougherty, considerata la fondatrice del movimento, prova a darne una definizione: “É un processo creativo, consiste nell'avere un'idea e svilupparla usando strumenti e tecniche che la rendano reale”.
Si tratta, possiamo aggiungere, di una creatività proiettata verso l'innovazione e fondata da un lato sulla riscoperta dei valori artigiani del passato, dall'altro sulle opportunità offerte dal mondo digitale. Confluiscono in questa visione del mondo anche i tradizionali piaceri del fai-da-te, la passione del bricolage. Artigiano digitale, questa potrebbe essere una corretta definizione del maker, uno che ha a che fare con la manualità e con tutte le risorse della tecnologia più aggiornata, nella quale un ruolo di assoluto rilievo è svolto dalla stampante tridimensionale.
C'è qualcosa in tutto questo che mediamente manca ai ragazzi di oggi: quanti di loro amano darsi da fare, aggiustare la bicicletta, riparare guasti casalinghi, trafficare con gli elettrodomestici? Sono quasi tutti appassionati di aggeggi informatici e telematici, ma troppo spesso si limitano a una passiva fruizione dei contenuti offerti dalla rete. Sanno tutto di reti sociali e applicazioni, ma da semplici utilizzatori finali. La prospettiva maker propone loro di andare oltre, di usare quei meccanismi così familiari per creare, per realizzare delle idee.
Da qualche tempo il making si va facendo strada nel mondo dell'istruzione. Con risultati di assoluto rilievo, a quanto fanno sapere i promotori di questa irruzione del “fare” nell'universo prevalentemente teorico della scuola. Ragazzi che digerivano a fatica i contenuti dei libri di testo e le esercitazioni di laboratorio, che spesso sono pratiche soltanto per modo di dire, trovano eccitante e stimolante misurarsi con questa concretezza così innovativa. E così negli Stati Uniti e in Canada si sono moltiplicati gli spazi a disposizione di questo tipo di sperimentazione didattica sul campo. É evidente che i sistemi educativi non possono mancare questa opportunità di riscatto dalla grigia immagine del passato. Le esperienze in proposito sono incoraggianti.
Secondo Carolyn Barnhart, insegnante di scienze in un liceo canadese, i ragazzi hanno bisogno di essere invitati a risolvere problemi reali, superando il limite dei tradizionali apprendimenti teorici. Vogliono agire, non soltanto prendere appunti. Lei aveva sentito parlare di making e aveva provato ad introdurlo nella sua classe. All'inizio esitava, ma proprio la qualità della risposta l'ha indotta a farne la base del suo insegnamento. Dice che tutto questo porta a modificare l'immagine dell'insegnante, che per gli allievi non è più il saggio che siede in cattedra e di lì impartisce il suo verbo, ma un interlocutore alla pari che con loro cerca risposte su google e a volte è capace, senza imbarazzo, di rispondere “non lo so” a una domanda, per poi avviare una ricerca corale della risposta.
l maker movement non poteva che nascere in California, a ridosso della Silicon Valley. Ma si è rapidamente fatto strada anche in Europa, e così le varie edizioni del maker faire, veri e propri festival dell'innovazione e della creatività ma anche fiere popolari e sedi di spettacolo, che si sono svolte negli ultimi anni anche da questa parte dell'Atlantico, Italia compresa. La fiera del fare offre esibizioni, dibattiti, scambi di esperienze, all'insegna di una effervescenza che viene considerata dagli appassionati, per così dire, la prova del nove di una realtà incontrovertibile: il futuro appartiene proprio a loro, ai makers.
r. f. l.
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