I cittadini tedeschi con radici migratorie, per esempio senza cittadinanza al momento della nascita o con almeno un genitore straniero, sono svantaggiati sia nella scuola sia nel lavoro – Lo ha dimostrato una ricerca basata sull'invio alle imprese di centinaia di curricula fittizi, con cognomi esotici o fotografie di donne velate: queste ultime hanno quattro volte meno probabilità di essere considerate, rispetto a candidate tedesche con gli stressi titoli e requisiti
Molte statistiche evidenziano come i tedeschi di origine straniera siano svantaggiati nel mondo della formazione e conseguentemente in quello del lavoro. La quota di persone senza diploma di maturità è del 12,1%, contro il circa 4% tra i tedeschi senza radici straniere; mentre per quanto riguarda la disoccupazione il rapporto è di 7,1 a 3,4%. Anche tra coloro che pur lavorando hanno bisogno di supporti statali la percentuale di persone di origine straniera è alta e si aggira intorno al 52,6% in tutta la Germania, per raggiungere il 59,5% nelle regioni occidentali.
Vengono considerati tedeschi con radici migratorie quelli che al momento della nascita non avessero cittadinanza tedesca o quelli che abbiano almeno un genitore straniero. La tendenza pare comunque essere positiva, specie leggendo le statistiche legate all’istruzione superiore, che mostrano come un giovane su quattro sia in possesso di un titolo universitario, percentuale affine a quella riscontrata tra i tedeschi senza radici migratorie.
La situazione non è comunque delle migliori, come rivelano gli allarmanti risultati dello studio condotto dall’economista austriaca Dorothea Weichselbaumer, che in un anno ha spedito 1500 candidature fittizie alle più svariate ditte tedesche. La foto e i titoli di studio erano i medesimi, ma la candidata presentava talvolta nome e cognome tedeschi e talvolta turchi. Una terza variante, che prevedeva il capo coperto nella fotografia del curriculum, è stata quella ad avere la peggio: secondo i risultati una musulmana che indossi il fazzoletto deve mandare il quadruplo delle candidature di una tedesca per ottenere gli stessi risultati. Anche senza fazzoletto le possibilità di ricevere un riscontro si sono dimostrate più limitate per la turca, soprattutto per quanto riguarda i posti di lavoro che richiedessero un’alta qualificazione.
Pare che le difficoltà inizino già molto prima, nella scuola primaria per esempio, nel cui ambito sono stati svolti molti studi che dimostrano come l’essere vittima di razzismo o l’essere esclusi socialmente abbia delle ripercussioni negative sul rendimento. Rendimento che è certamente influenzato anche dal livello culturale della famiglia, che in caso di origini migratorie è mediamente più basso.
Ad ogni modo le iniziative e le spinte al miglioramento non mancano, come per esempio il corso di formazione gratuito per donne turche lanciato in Baviera negli spazi della Hans-Weinberger-Akademie lo scorso agosto. Il principio è quello di andare incontro alla necessità di studiare e di lavorare di donne che abbiano poca disponibilità economica ed una conoscenza molto ridotta della lingua e quello di andare a nutrire un settore sempre in cerca di forza lavoro: quello dell’infermeria per anziani.
Significativo anche l’appello lanciato qualche giorno fa da Ratsherr Sayhan Yilmaz dei Verdi, presidente del consiglio per l’integrazione di Krefeld, che incita i giovani di origine straniera a prendere parte ai programmi di formazione per lavorare nelle amministrazioni cittadine, ambito nel quale la percentuale di persone con origini migratorie è ancora bassa. Oltre ad un’ottima possibilità di lavoro, una maggiore presenza di cittadini con radici straniere rappresenterebbe una grande risorsa per la società. Un bel discorso, ma che la responsabilità di una loro presenza così limitata sia davvero da ricondursi ad un basso numero di candidature?
Laura Venturi
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