FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2015

 
 

La convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha compiuto 26 anni, ma il bilancio è sconfortante – In troppe parti del pianeta le guerre, la povertà, le malattie impediscono a centinaia di milioni di bambini di vivere in un contesto adatto alla crescita – Il grave problema dei minori privati del diritto all’istruzione: il loro riscatto passa attraverso il recupero della dimensione scolastica – I progressi fatti e le incerte previsioni per il futuro

 

Nell’ultimo rapporto UNICEF sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza nel mondo, pubblicato lo scorso 20 novembre in occasione della giornata celebrativa dei 26 anni della convenzione ONU sui diritti dei minori, lancia un grido d’allarme. La convenzione, ratificata da duecento Stati, fu approvata a New York dall’assemblea generale il 20 novembre 1989. Una data storicamente assai significativa: undici giorni prima era crollato del Muro di Berlino e ora si registrava la caduta di un’altra barriera, quella che divideva la realtà troppo spesso drammatica di un’infanzia sostanzialmente negata dalla pubblica presa d’atto del problema. Come sempre accade in occasioni simili, il varo della convenzione suscitò molte speranze: ora che il mondo era consapevole del problema  si sarebbero finalmente cercate le soluzioni. In effetti il bilancio è tutt’altro che positivo, a oltre un quarto di secolo di distanza la condizione dei bambini e degli adolescenti in troppe parti del mondo è del tutto precaria. Bambini sottonutriti, bambini che muoiono di fame, bambini che non possono andare a scuola, bambini vittime di abusi sessuali e di sfruttamento attraverso il lavoro, bambini arruolati da milizie armate e addestrati a uccidere.

In un quadro così negativo spiccano alcune note parzialmente positive: qualche progresso è stato fatto rispetto alla situazione passata, ma non abbastanza da trasformare in realtà il titolo del rapporto UNICEF: “Per ogni bambino la giusta opportunità”. Per esempio è vero che il numero dei piccoli malnutriti è relativamente diminuito, ma sono pur sempre duecento milioni. A volte i passi avanti vengono di fatto neutralizzati da condizioni di emergenza: è il caso della Siria travolta dalla guerra civile, dove sono proprio i bambini i più colpiti dalla scomparsa dei servizi pubblici, in particolare della scuola, e persino da certe tragiche peripezie della fuga: intollerabile che tanti di loro trovino addirittura la morte nel tentativo di raggiungere luoghi dove sia possibile vivere. Si calcola che lo scorso anno trenta milioni di bambini abbiano dovuto abbandonare le loro case per sfuggire alla guerra. Questo specifico dato mostra addirittura una tendenza al peggioramento: nel 2013 i bambini profughi per ragioni belliche erano “soltanto” 26 milioni.

Le statistiche elaborate dall’UNICEF mostrano con estrema chiarezza lo stretto rapporto fra istruzione e superamento della povertà. Si calcola infatti che in media la frequenza di un anno di scuola corrisponda a un dieci per cento in più di reddito pro-capite. È dunque evidente la necessità di un doppio investimento: l’infanzia del mondo ha bisogno di cibo per il corpo e di cibo per la mente, insomma di aiuti alimentari e di investimenti in campo educativo. Si tratta di sconfiggere una povertà che impedisce la fruizione del diritto all’istruzione e mette a rischio la vita dei bambini: quelli provenienti dalle famiglie più disagiate infatti hanno una probabilità doppia di non raggiungere i cinque anni di età.

E che dire di situazioni come quella del Brasile, dove la prima causa di morte dei minori fra i dieci e i diciannove anni è l’omicidio? O del Sud Sudan, dove la guerra civile ha strappato alla scuola quasi mezzo milione di bambini mentre il colera ne ha colpiti seimila? Si confida che queste situazioni estreme siano destinate a migliorare, ma non c’è da farsi troppe illusioni: in questo mondo inquieto, flagellato da troppe calamità umane e fisiche, la strada verso il recupero di una soddisfacente condizione infantile è ancora lunghissima.

                                                        r. f. l. 
                                         

  


                                                  

 
 

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