FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2014

 
 

Alziamo il sipario su una sorta di dramma greco-siciliano classico, con tanto di cori che sfidano il senso delle parole – Discorso sulla notte, sui suoi fantasmi, sulla sua necessaria complementarità con la luce – Magia delle radici verbali: nella lingua del Libro più antico lottare significa ricoprirsi di polvere: così si vince e si perde – Giacobbe e l'angelo, e il loro problematico triangolo con Dio – I versi di Pessoa, per capirne di più

 

La scena si svolge in Sicilia. Personaggi e interpreti:

Coro maschile, Falcone, Falconiere, Coro femminile, Suggeritore.

Coro maschile

         Sappiamo già del
falco che è
volato dentro /
che col becco
apre gli armadi / e
poi scompiglia i
panni ripiegati /
Sappiamo che
scova gli angoli
più soli, gli angoli
in fondo ai
corridoi / e poi li
fissa con i suoi occhi acuti fino a
farli liquefare / E
poi da lì la casa
cola / Sappiamo
della paura che
fa tremare i muri
allo sbattere
delle sue ali /
degli artigli che
graffiano il
pavimento
durante la
ronda / C’è un
antidoto al
falco? / Rivoltare
la casa come un
maglione,
completamente /
Mettere al
riparo le cuciture
volgendole al
sole / Passare
biacca su ogni
cosa / Renderla
abbacinante /
Riempirla di perle
fino all’orlo /
Sollevare il
giardino e
avvolgerglielo
attorno come
un’onda /
Mettere una sorgente in ogni
stanza / Sostituire
l’acciaio con il legno / Poi
immergerla nel mare fino al
tetto, fino a
sera / Fino a che i
coralli la
avvolgono di
rosa / di barriera

 

La notte

Falcone:

In letteratura la notte porta spesso con sé la presenza di esseri soprannaturali, di morti e di spettri. L'Amleto ne è un esempio celebre, ma ve ne sono numerosi anche nella letteratura sacra, come un noto inno che invoca Dio perché i fantasmi della notte spariscano. Giacobbe è in una posizione di forza perché, a differenza dei suo avversario, è un uomo della notte ma anche dei giorno. Per usci­re dalla notte bisogna saper tollerare la luce.

Mentre sopraggiunge il giorno Giacobbe ottiene la benedizione dal suo avversario e cambia il nome al luogo della lotta "Perché - disse - ho visto Dio faccia a faccia": l'avversario di Giacobbe ha cambiato ancora una volta identità. All'inizio era il genio del fiume che non voleva dare il possesso del luogo a Giacobbe e che difende­va la primogenitura di Esaù: secondo Rashi infatti l'avvenuto riscatto della primogeni­tura, per cui non sarà più detto che Giacobbe l'ha ottenuta con l'inganno ma degnamente, è il significato di quel "Lasciami andare" rivolto a Giacobbe. In seguito il genio divenne, allo spuntare dell'aurora, un essere venuto dall'alto e prova ne è la richiesta della benedizione da parte di Giacobbe: in Osea è addirittura definito un angelo. Angelo che, ora, ci è rivelato essere Dio stesso. La lotta con Dio diventa allora in Genesi una caratteristica dell'uomo di grande fede.

 

Falconiere:

Il rischio degli incubi notturni è che dipingano tutta la nostra vita. Ma Dio creò il giorno, col suo alternarsi di luce e tenebra, non solo la notte. È importante.

 

La lotta

Falcone:

Vorrei che negli ambienti religiosi in generale si evitasse di dare un'im­magine buona di Dio, come se Dio fosse una specie di rimedio per tutte le situazioni. Nella Bibbia si lotta molte volte: chi non medita il testo per intero, ma si accontenta di un falso buonismo religioso, è perduto perché quando Dio provoca non può che fug­girlo deluso. Dio non è una medicina meravigliosa. Lottare in ebraico ha la radice della polvere perché lottando ci si impolvera: la lotta è impolveramento, non svasamento e rivelazione, ma bisogna saper lottare. Anche e soprattutto con Dio. E attenzione: non sempre questa lotta finisce bene per Dio. Chi pianse e domandò grazia? L’angelo, non Giacobbe. La lotta con l'altro mondo finisce con la vittoria, penosa, ma di Giacobbe.

Ognuno dei due contendenti vince e perde, perde e vince. Questa è la grandezza di Dio che nella Bibbia, e in Gesù, vince e perde, perde e vince.

Falconiere:

La lotta con Dio lascia il segno. Giacobbe viene colpito all'anca, ma forse questo riferimento è pudico: qualcuno ha ipotizzato che la menomazione fosse stata in realtà dei genitali. In tal caso avrebbe colpito la virilità di Giacobbe, la sua possibilità di avere discendenti ovvero quella che era considerata la resurrezione ai tempi dei patriarchi. Resta comunque il fatto che la slogatura all'anca che la lotta provoca a Giacobbe è paragonabile alla circoncisione: è un segno nel corpo che ha a che fare con Dio. Dio ferisce e benedice, e noi siamo potenti e impotenti. La lotta con Giacobbe è immagine della lotta che avviene anche dentro Dio, tra il suo lato oscuro e il suo lato luminoso. Il riferimento all'agonia di Gesù nel Getsèmani, là dove questa lotta raggiunge il suo culmine, è importante per comprenderne la portata.

Urian Viden di Bercoril ricordando che mentre in Esodo 3 Dio si rivela a Mosè nel rove­to ardente, in Esodo 4 vuole farlo morire, dice che vi è in Dio una parte che si oppo­ne ai suoi stessi disegni, con una volontà di morte che colpisce i suoi eletti e cerca l'aiuto dell'uomo per purificarsi e conciliarsi con la storia. Secondo Lutero la lotta di Dio con Giacobbe è simile al sacrificio di Isacco chiesto ad Abramo, vale a dire una prova ma che è in realtà un segno di dedizione e di familiarissimo amore. Calvino inve­ce, convinto che Dio combatta sia contro di noi che per noi, invita tutti a desiderare la benedizione di Dio più della pace, anche qualora la lotta ci abbia mutilato. La pace è la loro morte finale, ma la vita dei patriarchi non è pace né sonno. E d'altra parte nean­che Dio è in una situazione di pace perché nemmeno Lui sa se tutto finirà bene. Anche Dio ha bisogno di mettere alla prova l'altro e, attraverso l'altro, se stesso.

 

Coro femminile

          Ci sono ferite più grandi delle persone colpite
Ferite troppo grandi per vederne il centro
È in una così, in cui sono caduta dentro.
Non sono una
grande ballerina /
accenno appena
un sasso
di danza /
Sono caduta in un sogno profondo.
Senti il magnifico Pessoa:
Nell’anima il mio corpo pesa”.
E ancora lui: “E
tutta la notte
non dormita / ho
sentito battere il
mio cuore / nella
gola della mia
vita”.

Suggeritore

Allora io, riposato alquanto, e resurressiti i morti

Spiriti miei, dissi: “Carabba”.

 

                                                        Filippo Nibbi  
                                         

  


                                                  

 
 

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