La
scena si svolge in Sicilia. Personaggi e interpreti:
Coro
maschile, Falcone, Falconiere, Coro femminile,
Suggeritore.
Coro
maschile
-
Sappiamo già del
- falco
che è
- volato
dentro /
- che
col becco
- apre
gli armadi / e
- poi
scompiglia i
- panni
ripiegati /
- Sappiamo
che
- scova
gli angoli
- più
soli, gli angoli
- in
fondo ai
- corridoi
/ e poi li
- fissa
con i suoi occhi acuti fino a
- farli
liquefare / E
- poi
da lì la casa
- cola
/ Sappiamo
- della
paura che
- fa
tremare i muri
- allo
sbattere
- delle
sue ali /
- degli
artigli che
- graffiano
il
- pavimento
- durante
la
- ronda
/ C’è un
- antidoto
al
- falco?
/ Rivoltare
- la
casa come un
- maglione,
- completamente
/
- Mettere
al
- riparo
le cuciture
- volgendole
al
- sole
/ Passare
- biacca
su ogni
- cosa
/ Renderla
- abbacinante
/
- Riempirla
di perle
- fino
all’orlo /
- Sollevare
il
- giardino
e
- avvolgerglielo
- attorno
come
- un’onda
/
- Mettere
una sorgente in ogni
- stanza
/ Sostituire
- l’acciaio
con il legno / Poi
- immergerla
nel mare fino al
- tetto,
fino a
- sera
/ Fino a che i
- coralli
la
- avvolgono
di
- rosa
/ di barriera
La
notte
Falcone:
In
letteratura la notte porta spesso con sé la presenza di
esseri soprannaturali, di morti e di spettri. L'Amleto ne
è un esempio celebre, ma ve ne sono numerosi anche nella
letteratura sacra, come un noto inno che invoca Dio perché
i fantasmi della notte spariscano. Giacobbe è in una
posizione di forza perché, a differenza dei suo
avversario, è un uomo della notte ma anche dei giorno.
Per uscire dalla notte bisogna saper tollerare la luce.
Mentre
sopraggiunge il giorno Giacobbe ottiene la benedizione dal
suo avversario e cambia il nome al luogo della lotta "Perché
- disse - ho visto Dio faccia a faccia":
l'avversario di Giacobbe ha cambiato ancora una volta
identità. All'inizio era il genio del fiume che non
voleva dare il possesso del luogo a Giacobbe e che difendeva
la primogenitura di Esaù: secondo Rashi infatti
l'avvenuto riscatto della primogenitura, per cui non sarà
più detto che Giacobbe l'ha ottenuta con l'inganno ma
degnamente, è il significato di quel "Lasciami
andare" rivolto a Giacobbe. In seguito il
genio divenne, allo spuntare dell'aurora, un essere venuto
dall'alto e prova ne è la richiesta della benedizione da
parte di Giacobbe: in Osea è addirittura definito un
angelo. Angelo che, ora, ci è rivelato essere Dio stesso.
La lotta con Dio diventa allora in Genesi una
caratteristica dell'uomo di grande fede.
Falconiere:
Il
rischio degli incubi notturni è che dipingano tutta la
nostra vita. Ma Dio creò il giorno, col suo alternarsi di
luce e tenebra, non solo la notte. È importante.
La
lotta
Falcone:
Vorrei
che negli ambienti religiosi in generale si evitasse di
dare un'immagine buona di Dio, come se Dio fosse una
specie di rimedio per tutte le situazioni. Nella Bibbia si
lotta molte volte: chi non medita il testo per intero, ma
si accontenta di un falso buonismo religioso, è perduto
perché quando Dio provoca non può che fuggirlo deluso.
Dio non è una medicina meravigliosa. Lottare in ebraico
ha la radice della polvere perché lottando ci si
impolvera: la lotta è impolveramento, non svasamento e
rivelazione, ma bisogna saper lottare. Anche e soprattutto
con Dio. E attenzione: non sempre questa lotta finisce
bene per Dio. Chi pianse e domandò grazia? L’angelo,
non Giacobbe. La lotta con l'altro mondo finisce con la
vittoria, penosa, ma di Giacobbe.
Ognuno
dei due contendenti vince e perde, perde e vince. Questa
è la grandezza di Dio che nella Bibbia, e in Gesù, vince
e perde, perde e vince.
Falconiere:
La
lotta con Dio lascia il segno. Giacobbe viene colpito
all'anca, ma forse questo riferimento è pudico: qualcuno
ha ipotizzato che la menomazione fosse stata in realtà
dei genitali. In tal caso avrebbe colpito la virilità di
Giacobbe, la sua possibilità di avere discendenti ovvero
quella che era considerata la resurrezione ai tempi dei
patriarchi. Resta comunque il fatto che la slogatura
all'anca che la lotta provoca a Giacobbe è paragonabile
alla circoncisione: è un segno nel corpo che ha a che
fare con Dio. Dio ferisce e benedice, e noi siamo potenti
e impotenti. La lotta con Giacobbe è immagine della lotta
che avviene anche dentro Dio, tra il suo lato oscuro e il
suo lato luminoso.
Il riferimento all'agonia di Gesù nel Getsèmani, là
dove questa lotta raggiunge il suo culmine, è importante
per comprenderne la portata.
Urian
Viden di Bercoril ricordando che mentre in Esodo 3 Dio si
rivela a Mosè nel roveto ardente, in Esodo 4 vuole
farlo morire, dice che vi è in Dio una parte che si oppone
ai suoi stessi disegni, con una volontà di morte che
colpisce i suoi eletti e cerca l'aiuto dell'uomo per
purificarsi e conciliarsi con la storia. Secondo Lutero la
lotta di Dio con Giacobbe è simile al sacrificio di
Isacco chiesto ad Abramo, vale a dire una prova ma che è
in realtà un segno di dedizione e di familiarissimo
amore. Calvino invece, convinto che Dio combatta sia
contro di noi che per noi, invita tutti a desiderare la
benedizione di Dio più della pace, anche qualora la lotta
ci abbia mutilato. La pace è la loro morte finale, ma la
vita dei patriarchi non è pace né sonno. E d'altra parte
neanche Dio è in una situazione di pace perché nemmeno
Lui sa se tutto finirà bene. Anche Dio ha bisogno di
mettere alla prova l'altro e, attraverso l'altro, se
stesso.
Coro
femminile
-
Ci sono ferite più grandi delle persone
colpite
- Ferite
troppo grandi per vederne il centro
- È
in una così, in cui sono caduta dentro.
- Non
sono una
- grande
ballerina /
- accenno
appena
- un
sasso
- di
danza /
- Sono
caduta in un sogno profondo.
- Senti
il magnifico Pessoa:
- “Nell’anima
il mio corpo pesa”.
- E
ancora lui: “E
- tutta
la notte
- non
dormita / ho
- sentito
battere il
- mio
cuore / nella
- gola
della mia
- vita”.
Suggeritore
Allora
io, riposato alquanto, e resurressiti i morti
Spiriti
miei, dissi: “Carabba”.