FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2014

 
 

In questa stagione di crisi si registra un pericoloso cortocircuito fra immigrati  e periferie disagiate – Una coesistenza resa ancor più difficile da chi cerca di trarne vantaggi politici – Come sempre, anche in questa emergenza la scuola si rivela specchio fedele della società – Lo si è visto attraverso il recente episodio in una borgata romana, dove agli alunni provenienti da un campo nomadi è stato impedito di andare a scuola – Le cifre delle classi multietniche

 

Torrevecchia è una disadorna periferia romana, dove problemi sociali come la mancanza di alloggi e di lavoro sono particolarmente gravi, manifestandosi fra l'altro con traffici di droga e prostituzione a cielo aperto. Proprio da quelle parti c'è da una trentina d'anni un campo nomadi dal quale ogni mattina escono i ragazzi, una novantina fra i piccoli della primaria e gli adolescenti della secondaria, per andare a scuola. Ma un giorno di fine novembre questo non è stato possibile. Era stata sparsa una diceria, un'aggressione da parte di un giovane straniero, ed ecco materializzarsi un corteo di circa cinquecento manifestanti provenienti da quel Blocco studentesco che è la propaggine scolastica dei circoli di estrema destra Casa Pound. Inalberano un grande striscione: “Stop alla violenza dei rom – Alcuni italiani non si arrendono”. Urla, slogan ostili all'indirizzo dei nomadi. Non è un assalto in senso stretto, ma una intimidazione che ha pieno successo: gli alunni presi di mira rientrano nel campo nomadi. Hanno pagato il loro tributo, rinunciando a un'ora di scuola, al clima d'intolleranza che va crescendo in Italia, dove s'individua proprio negli stranieri un comodo capro espiatorio del malessere sociale determinato dalla crisi.

Era inevitabile che dopo gli assalti alle case di accoglienza e ai campi nomadi, registrati in varie parti del Paese, questo fenomeno investisse anche la scuola. Specchio fedele della società che la esprime, la scuola italiana è sempre più interetnica e interculturale. Sono circa ottocentomila gli alunni stranieri, rappresentano quasi il dieci per cento nella scuola dell'infanzia, il nove nella primaria, il 9,6 nella secondaria di primo grado, il 6,6 nella secondaria superiore. All'interno di queste cifre, soprattutto fra i più piccoli è sempre più significativa la componente “seconda generazione”, cioè la condizione di stranieri nati in Italia: il novanta per cento nella scuola dell'infanzia, il sessanta nella primaria. Per circa la metà sono di origine europea (e metà di questa metà proviene da altri paesi dell'Unione), il 24 per cento viene dall'Africa, oltre il sedici dall'Asia, il nove dall'America. Romania, Albania e Marocco i paesi d'origine più rappresentati: seguono Cina, Filippine, India, Pakistan, Bangladesh, Moldavia, Ucraina, Macedonia, Tunisia, Egitto, Ecuador, Perù.

Un discorso a parte meritano gli zingari. Usiamo questo termine che non ci sembra affatto oltraggioso come qualcuno sostiene: nelle statistiche ufficiali si parla di tre distinte comunità: rom, sinti e camminanti. Le cifre in materia sono assai approssimative, ma si calcola che queste comunità nel loro insieme contino circa 140 mila persone. Soltanto per metà sono stranieri (provenienti per lo più dagli stati eredi della ex Jugoslavia e dalla Romania, in misura minore da Bulgaria e Polonia): l'altra metà è costituita, anche se i militanti di Casa Pound non lo sanno o non lo vogliono sapere, da cittadini italiani a tutti gli effetti. Circa settantamila, fra zingari italiani e stranieri, sono i minori, trentamila quelli soggetti all'obbligo scolastico. Poiché la progressiva scomparsa dei tradizionali mestieri nomadi produce una crescente stabilizzazione delle famiglie, mentre la necessità di affacciarsi sul mercato del lavoro impone un adeguamento formativo, le nostre scuole sono sempre più chiamate a occuparsi anche di questa frangia della popolazione.

É un'opportunità da non lasciarsi sfuggire: proprio l'integrazione scolastica può essere la chiave per coinvolgere anche i “figli del vento”, come amano chiamarsi, nel sistema di valori che dovrebbe caratterizzare la nostra società. E al tempo stesso per provare a superare i pregiudizi nei confronti degli zingari, certo non tutti campati in aria ma quasi sempre determinati da comportamenti che scaturiscono dalle precarie condizioni di vita, che sono così tenacemente radicati nell'immaginario popolare. Purtroppo il contesto sociale di oggi non aiuta: né il fatto che molti campi nomadi, abitati da un'umanità alle prese con una difficile sopravvivenza e dunque tentata dal vivere di espedienti, sono spesso a contatto di gomito con comunità altrettanto disagiate, e per questo colme di frustrazioni, rancori, paure. Proprio in questi casi scatta il cortocircuito, una tigre cinicamente cavalcata da chi fruga tra queste miserie alla ricerca di vantaggi politici.

 

                                                        Alfredo Venturi 
                                         

  


                                                  

 
 

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