La
camorra non sa che farsene della sacralità della scuola
– Un uomo vuole sfuggire all'esecuzione, cerca rifugio
nel cortile di un asilo – Ma per i sicari il luogo non
onora il suo nome: niente diritto d'asilo – E così la
loro vittima muore in un lago di sangue a poca distanza
dai bambini che provano i canti di Natale – Le maestre
terrorizzate riescono a risparmiare lo spettacolo ai
piccoli, ma il giorno dopo le aule sono praticamente
deserte
Luigi
Lucenti si vede inseguito da due uomini armati, sa perfettamente
il destino che lo aspetta. Guerra fra bande: lui si era
fatto le ossa nel giro malavitoso sequestrando automobili e
pretendendo il riscatto, ma poi era passato al traffico di
droga e aveva urtato interessi potenti. Siamo a Scampia, un
quartiere fra i più degradati nella periferia nord di
Napoli: da queste parti la camorra non perdona. Lucenti vede
davanti a sé la possibile salvezza: è una scuola, anzi un
complesso scolastico, che comprende la materna intitolata a
Eugenio Montale. Forse l'uomo braccato pensa all'antica
consuetudine del diritto d'asilo: un tempo bastava entrare
in una chiesa, o calcare la soglia di un convento, per
mettersi al riparo da esecuzioni o vendette... Pensa che i
sicari non oseranno seguirlo nel recinto scolastico.
Lucenti
si sbaglia, ed è il suo ultimo errore: lo crivellano di
colpi nel cortile dell'asilo, cade e muore in una pozza di
sangue. Davanti a lui le vetrate di una grande aula: è
proprio qui che una settantina di bambini dovevano provare i
canti di Natale, in vista del saggio festivo in programma
nei prossimi giorni. Fortunatamente fa un freddo cane,
quell'aula è male riscaldata, e dunque le maestre avevano
spostato i piccoli in un'aula più interna, più riparata.
É qui che cantano Tu scendi dalle stelle mentre
fuori risuonano i colpi. Poi le sirene delle volanti e
dell'ambulanza ormai inutile, i parenti della vittima che
urlano parole di vendetta, la scuola invasa dal terrore. Le
maestre riescono in modo assolutamente ammirevole a superare
il panico, a padroneggiare una situazione così difficile.
Distraggono i bambini, li tengono al riparo dalla tragica
scena esterna, più tardi li faranno uscire da una porta
secondaria.
Poco
dopo Marco Rossi-Doria, l'ex “maestro di strada”
napoletano che oggi è sottosegretario all'istruzione,
invita a considerare nella drammatica vicenda di Scampia
anche un aspetto positivo: “come hanno reagito in una
scuola della Repubblica che sorge in una landa desolata dove
ha ripreso a colpire l'efferatezza della violenza
criminale”. Quelle maestre che hanno saputo proteggere i
bambini in una situazione estrema confermano, dice
Rossi-Doria, che “le nostre scuole sono un presidio di
legalità e di convivenza civile”. Certo non la pensano
così i killer della camorra, che non esitano a violare il
recinto scolastico per portare a termine il loro compito
efferato. Uccidere il concorrente, l'avversario,
l'”infame”, l'uomo che il boss ha condannato a morte.
Anna Maria Cancellieri, ministro dell'interno, assicura
che non si risparmieranno sforzi per garantire sicurezza
agli abitanti di Scampia. Promette anche un più capillare
intervento dell'esercito a presidiare le strade. Questo è
naturalmente necessario, ma certo il discorso non può
esaurirsi all'interno di un problema di ordine pubblico. La
gente sana di Scampia è esasperata, il giorno dopo la
tragedia quasi tutte le famiglie si tengono i bambini a
casa. E proprio quel giorno un altro morto ammazzato
insanguina le strade del quartiere, questa volta al di fuori
di qualsiasi santuario. Poi le scuole di Scampia reagiscono,
e le loro luci che vogliono testimoniare una presenza attiva
si confondono con le luminarie del Natale. Riaccendendo così
una speranza; perché la tragedia della materna intitolata
al poeta degli Ossi di seppia conferma che proprio
nella scuola è l'antidoto numero uno al veleno criminale.
Nella scuola e in una gestione politica che sia capace,
diffondendo sicurezza, di creare occupazione, e quindi di
sottrarre manodopera alla criminalità.
- a.
v.
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