FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2012

 
 

Uno sviluppo dell'elettronica permette di arricchire la percezione di un ambiente attraverso l'aggiunta di nuovi elementi a ciò che i cinque sensi normalmente afferrano – Applicata da tempo in ambito medico e militare, poi sviluppata dall'industria dei videogiochi e dalla pubblicità, questa tecnica apre interessanti prospettive anche nell'istruzione – Per esempio può applicarsi allo studio della storia, permettendo di esplorarne i luoghi

 

Si fa un gran parlare di „realtà aumentata“, da brevissimo tempo disponibile anche per il grande pubblico. Idea nata a metà del Novecento e sviluppatasi inizialmente in ambiti molto specifici come quello militare, medico o di ricerca, consiste nell’arricchimento della percezione di un ambiente tramite informazioni manipolate tramite un dispositivo elettronico che si aggiungono o si sovrappongono alla realtà normalmente percepita dai cinque sensi.

In grande sviluppo nell’ambito dei videogiochi, le cui immagini inseguono da anni il miraggio di assomigliare fedelmente alla realtà, la realtà aumentata è stata recentemente usata anche per campagne pubblicitarie di varia natura, per arrivare a Ikea, che ha adottato questo sistema per il suo nuovo catalogo. È infatti sufficiente scaricare l’apposita applicazione per smartphone e inquadrare il mobile sulla pagina del catalogo per visualizzare informazioni aggiuntive circa il montaggio ed altro.

Si inizia a parlare delle possibili applicazioni anche in ambito psicologico e scolastico. È pensiero diffuso tra i medici quello di ritenere la realtà aumentata una buona arma nella lotta contro le fobie. Alcune fobie, come l'agorafobia, la claustrofobia ed altre, sono affrontate da tempo con il metodo della desensibilizzazione progressiva, che consiste nel sottoporre il paziente a piccole dosi a quelle stesse situazioni che gli provocano turbamento. L’uso della realtà aumentata permetterebbe una più realistica e piena immersione in certi ambienti, senza che il controllo del terapeuta venga meno.

Per quanto riguarda educazione e cultura, la realtà aumentata sembra poter rappresentare una vera e propria svolta. Essa permetterà infatti allo studente di comprendere e conoscere e visitare epoche o culture lontane in prima persona, per esempio, camminando per una strada di Parigi con degli appositi occhialini e aprire il programma che permetta di vedere quella stessa strada tre secoli prima e magari parlare con il fornaio e scontrarsi personalmente con modi di fare che esplicitino una differente epoca storica e sociale. Nella realtà aumentata è infatti possibile anche l’intervento del soggetto, e i progetti più incoraggiati dagli educatori sono quelli che hanno una struttura a matrice (e non lineare) e che permettono un’esplorazione attiva e un approccio critico.

La tecnologia è destinata a svilupparsi, e come sempre accade il mezzo di applicazione, il “tramite” (computer o smartphone, per il momento), è destinato a rimpicciolirsi fino forse a scomparire. Felici di accoglierla nei campi in cui l’apporto di una simile tecnologia non può che rivelarsi interessante, si affacciano tuttavia alla memoria alcune scene di impolverate pellicole fantascientifiche e viene da domandarsi se la prima condizione della realtà aumentata, quella cioè che richiede l’intervento volontario di un individuo sulla realtà per ampliarla, verrà realmente tenuta in considerazione a discapito dei grandi risultati commerciali o politici altrimenti perseguibili.

                                                        Laura Venturi 
                                         

  


                                                  

 
 

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