Ecco
un'altra classifica internazionale che ci colloca in una
posizione non proprio esaltante: la conoscenza della
lingua internazionale per eccellenza – Siamo
ventiquattresimi sui cinquantaquattro paesi nei quali è
stata condotta una ricerca sulla conoscenza della lingua
inglese – In testa gli europei del Nord – In Italia si
salvano Friuli, Lombardia e Lazio, male la Calabria – Un
po' meglio se la cavano le donne, da noi e negli altri
paesi
Oltre
un milione e mezzo di cittadini adulti di cinquantaquattro
paesi sono stati esaminati
fra il 2009 e il 2011 dai ricercatori
dell'organizzazione internazionale EF (Education First)
, che intendevano elaborare e confrontare i livelli di
conoscenza della lingua inglese. Attraverso prove di
lessico, grammatica, lettura e conversazione è stata
stilata una classifica. E ancora una volta l'Italia realizza
un risultato mediocre, proprio così, nel senso letterale
del termine. Infatti l'indice di conoscenza della lingua (Epi:
English Proficiency Index) ci colloca in fondo al
gruppo dei paesi che realizzano un risultato medio. Insomma
non andiamo malissimo, ma certo il risultato non è
esaltante, soprattutto se si considera l'enfasi che viene
posta da anni sull'importanza, non soltanto culturale ma
anche in termini di competitività economica, di una buona
conoscenza della lingua internazionale per eccellenza.
La
graduatoria EPI divide i cinquantaquattro paesi in cinque
gruppi. Il primo ne comprende cinque: Svezia, Danimarca,
Paesi Bassi, Finlandia, Norvegia. Sono i paesi nei quali la
conoscenza dell'inglese è mediamente di alto livello.
Seguono gli otto paesi del secondo gruppo, nei quali il
livello è classificato come buono: Belgio, Austria,
Ungheria, Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Singapore
Malesia. L'Italia è nel terzo gruppo, dove il Proficiency
Index è medio: nell'ordine India, Svizzera, Slovacchia,
Pakistan, Spagna, Portogallo, Argentina, Corea del Sud,
Giappone, Francia, Italia, Hong Kong. Vanno peggio di noi
nei paesi del quarto gruppo (basso livello): Uruguay,
Indonesia, Iran, Russia, Taiwan, Vietnam, Turchia, Perù,
Costa Rica, Marocco, Cina, Qatar, Messico e soprattutto
quelli del quinto (livello molto basso): Cile, Venezuela, El
Salvador, Siria, Ecuador, Algeria, Kuwait, Brasile,
Guatemala, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Colombia, Panama,
Arabia Saudita, Thailandia, Libia.
Come
si vede sono scandinavi e olandesi a dominare la
graduatoria, mentre le cose vanno piuttosto male nel mondo
arabo e in America Latina. Colpisce anche la bassa
prestazione dei cosiddetti Bric, i paesi che vanno emergendo
come nuovi giganti economici. Con la sola eccezione
dell'India, che deve evidentemente il suo quattordicesimo
posto, il primo del terzo gruppo, all'esperienza coloniale
in ambito britannico, sono tutti negli ulti due gruppi. La
Russia è ventinovesima, la Cina trentaseiesima, il Brasile
quarantaseiesimo. In quasi tutti i paesi considerati i
ricercatori dell'EF hanno potuto constatare che mediamente
le donne se la cavano meglio degli uomini.
Questo elemento viene registrato anche in Italia, dove
si rimarcano significative differenze regionali. La regione
che parla meglio inglese è il Friuli-Venezia Giulia, il cui
indice lo collocherebbe nel secondo gruppo. Se la cavano
discretamente anche Lombardia e Lazio, mentre la Calabria
viene bocciata. Con un indice da quinto gruppo. In generale
si registra un certo parallelismo fra livello di conoscenza
dell'inglese da una parte, sviluppo economico e occupazione
dall'altra. Una buona conoscenza della lingua
internazionale, infatti, è ormai requisito essenziale per
la competizione sul mercato del lavoro.
- f.
s.
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