Una
nuova indagine sul rendimento scolastico conferma
l'eccellenza di due modelli, il finlandese e il sudcoreano
– Eppure quei sistemi non potrebbero essere più
diversi: il successo è dunque dovuto in parte a fattori
diversi dall'organizzazione educativa – Vorremmo
suggerirne uno: la compattezza etnica e linguistica di
quelle società – Dove il corpo sociale è multiforme,
come da noi, la sfida è più ardua – L'orario
scolastico: lettera di una professoressa
Finlandia
e Corea del Sud primi della classe: ancora una volta
un'indagine comparata internazionale decreta l'eccellenza di
quei due sistemi scolastici. Si tratta stavolta di
un'inchiesta dell'istituto Pearson, condotta nei quaranta
paesi dal più alto sviluppo economico. Come già le analisi
Pisa (Programme for international student assessment)
nei paesi dell'Ocse, anche il rapporto Pearson conferma ai
primi posti il paese nordeuropeo e quello asiatico. Ancora
l'Asia nei posti immediatamente succesivi ai primi: Cina
Giappone, Singapore. Il Regno Unito e i Paesi Bassi
riportano la vecchia Europa nella parte alta della
classifica, seguiti da Nuova Zelanda, Svizzera, Canada e
Irlanda. L'Italia si trova in una modesta posizione di metà
graduatoria, al ventiquattresimo posto fra Austria e
Francia. L'indice che ci viene assegnato è 0,14, di poco al
di sopra della media convenzionalmente fissata sullo zero
(la capolista Finlandia vanta un risultato di 1,26).
Chiudono la graduatoria Messico, Brasile e Indonesia con i
rispettivi punteggi di -1,60, -1,65, -2,03.
Da
segnalare che i criteri prescelti per stilare questa
classifica comprendono nuna quantità di fattori, non
soltanto educativi. Si va dal livello d'investimenti
destinati all'istruzione alla varietà dell'offerta
scolastica, dal numero di studenti per classe alla
trasmissione di capacità cognitive, fino all'andamento del
prodotto interno lordo. Al di là delle cifre, alcune
considerazioni di notevole interesse accompagnano il
rapporto Pearson. Si fa notare per esempio che l'elemento
decisivo è l'attitudine della società nei confronti
dell'istruzione: promuovere una cultura che sostenga
l'educazione è ancora più importante della quantità di
risorse investite nella scuola. Parallelamente, il prestigio
sociale della classe docente conta ancor più del reddito
assicurato agli insegnanti. In particolare incide molto sul
rendimento complessivo la possibilità di scegliere la
propria strada fra diversi indirizzi di studio. L'offerta va
adeguata infatti al continuo svilupparsi della scienza e
della tecnologia. Insomma vanno forte le società che
credono nell'istruzione, e la considerano con il necessario
rispetto.
Vorrei
citare a questo proposito la lettera che Antonella
Brillante, che insegna filosofia nel Liceo Forteguerri di
Pistoia, ha inviato al ministro Francesco Profumo. Sulla
base di questa lettera la docente è stata invitata a un
dibattito su Rai 1, poi saltato perché il ministero
dell'istruzione non aveva accettato di parteciparvi con nun
proprio rappresentante. La professoressa Brillante
rispondeva a certe dichiarazioni di Profumo, a proposito
dell'orario di lavoro degli insegnanti che andrebbe adeguato
agli standard europei. Lo ha fatto citando una sua
esperienza in Danimarca, dove i docenti lavorano meno e
guadagnano di più, e soprattutto insegnano in un contesto
ben più confortevole e prestigioso del nostro. E dove,
vorremmo aggiungere, le autorità scolastiche non si
sottraggono certamente al dibattito. Il rapporto Pearson
colloca la Danimarca al dodicesimo posto, con il punteggio
di 0,50.
Che
cosa dunque determina l'eccellenza? Se si mettono a
confronto i due paesi che si contendono il primato, ci si
aspetta che quei sistemi scolastici presentino marcate
analogie. Invece non potrebbero essere più diversi. La
scuola della Corea del Sud è di un rigore spartano, con
tempi di studio assai prolungati. Oltre i due terzi degli
studenti sudcoreani della secondaria frequentano scuole
pomeridiane che offrono ripetizioni di lingua, matematica e
scienze. Recentemente il governo di Seul ha imposto che
queste scuole non restino aperte oltre le dieci di sera, e
alcune hanno cercato di aggirare il divieto dandosi
l'etichetta di biblioteche. Tutt'altro discorso in
Finlandia, dove i bambini cominciano la scuola iù tardi
della media dei loro compagni stranieri, l'orario è più
ridotto e non si assegnano compiti a casa. Inoltre il
trattamento economico degli insegnanti, che in Corea del Sud
è doppio della media nazionale, in Finlandia è attorno
alla media. Altra differenza: l'enfasi finlandese su un
insegnamento maieutico, che abitui gli studenti a pensare
con la loro testa, contrasta con l'approccio più
“trasmissivo” delle scuole sudcoreane.
Con
criteri organizzativi così diversi, i due paesi guidano
quasi appaiati (1,26 e 1,23) la classifica internazionale
della qualità educativa. Evidentemente le ragioni del
successo vanno ri9cercate altrove. Noi ci permettiamo di
suggerire una possibile causa: i due paesi hanno in comune
la compattezza etnica e linguistica del corpo sociale: la
Finlandia è abitata da un 91 per cento di finlandesi, la
Corea del Sud da un 97 per cento di coreani. Le classi sono
dunque omogenee, e questo facilita evidentemente lo sforzo
educativo. Tutt'altro discorso nei paesi che sono ormai
entrati nella modernità multiculturale: da questo punto di
vista ha particolare rilievo la prestazione del Regno Unito,
paese dalla società quanto mai variegata, che si colloca al
sesto posto con 0,60. La sfida di oggi, nella maggior parte
dei paesi compreso il nostro, è quella di adeguare
l'efficienza scolastica alle nuove scolaresche, nelle quali
ì sempre più forte la componente che proviene da altre
culture, da altri mondi. É una ricchezza, anche per la
scuola, ma certo richiede sforzi supplementari per stare al
passo con le imperiose esigenze dei tempi.
- Fredi
Sergent
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