FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2012

 
 

Una nuova indagine sul rendimento scolastico conferma l'eccellenza di due modelli, il finlandese e il sudcoreano – Eppure quei sistemi non potrebbero essere più diversi: il successo è dunque dovuto in parte a fattori diversi dall'organizzazione educativa – Vorremmo suggerirne uno: la compattezza etnica e linguistica di quelle società – Dove il corpo sociale è multiforme, come da noi, la sfida è più ardua – L'orario scolastico: lettera di una professoressa

 

Finlandia e Corea del Sud primi della classe: ancora una volta un'indagine comparata internazionale decreta l'eccellenza di quei due sistemi scolastici. Si tratta stavolta di un'inchiesta dell'istituto Pearson, condotta nei quaranta paesi dal più alto sviluppo economico. Come già le analisi Pisa (Programme for international student assessment) nei paesi dell'Ocse, anche il rapporto Pearson conferma ai primi posti il paese nordeuropeo e quello asiatico. Ancora l'Asia nei posti immediatamente succesivi ai primi: Cina Giappone, Singapore. Il Regno Unito e i Paesi Bassi riportano la vecchia Europa nella parte alta della classifica, seguiti da Nuova Zelanda, Svizzera, Canada e Irlanda. L'Italia si trova in una modesta posizione di metà graduatoria, al ventiquattresimo posto fra Austria e Francia. L'indice che ci viene assegnato è 0,14, di poco al di sopra della media convenzionalmente fissata sullo zero (la capolista Finlandia vanta un risultato di 1,26). Chiudono la graduatoria Messico, Brasile e Indonesia con i rispettivi punteggi di -1,60, -1,65, -2,03.

Da segnalare che i criteri prescelti per stilare questa classifica comprendono nuna quantità di fattori, non soltanto educativi. Si va dal livello d'investimenti destinati all'istruzione alla varietà dell'offerta scolastica, dal numero di studenti per classe alla trasmissione di capacità cognitive, fino all'andamento del prodotto interno lordo. Al di là delle cifre, alcune considerazioni di notevole interesse accompagnano il rapporto Pearson. Si fa notare per esempio che l'elemento decisivo è l'attitudine della società nei confronti dell'istruzione: promuovere una cultura che sostenga l'educazione è ancora più importante della quantità di risorse investite nella scuola. Parallelamente, il prestigio sociale della classe docente conta ancor più del reddito assicurato agli insegnanti. In particolare incide molto sul rendimento complessivo la possibilità di scegliere la propria strada fra diversi indirizzi di studio. L'offerta va adeguata infatti al continuo svilupparsi della scienza e della tecnologia. Insomma vanno forte le società che credono nell'istruzione, e la considerano con il necessario rispetto.

Vorrei citare a questo proposito la lettera che Antonella Brillante, che insegna filosofia nel Liceo Forteguerri di Pistoia, ha inviato al ministro Francesco Profumo. Sulla base di questa lettera la docente è stata invitata a un dibattito su Rai 1, poi saltato perché il ministero dell'istruzione non aveva accettato di parteciparvi con nun proprio rappresentante. La professoressa Brillante rispondeva a certe dichiarazioni di Profumo, a proposito dell'orario di lavoro degli insegnanti che andrebbe adeguato agli standard europei. Lo ha fatto citando una sua esperienza in Danimarca, dove i docenti lavorano meno e guadagnano di più, e soprattutto insegnano in un contesto ben più confortevole e prestigioso del nostro. E dove, vorremmo aggiungere, le autorità scolastiche non si sottraggono certamente al dibattito. Il rapporto Pearson colloca la Danimarca al dodicesimo posto, con il punteggio di 0,50.

Che cosa dunque determina l'eccellenza? Se si mettono a confronto i due paesi che si contendono il primato, ci si aspetta che quei sistemi scolastici presentino marcate analogie. Invece non potrebbero essere più diversi. La scuola della Corea del Sud è di un rigore spartano, con tempi di studio assai prolungati. Oltre i due terzi degli studenti sudcoreani della secondaria frequentano scuole pomeridiane che offrono ripetizioni di lingua, matematica e scienze. Recentemente il governo di Seul ha imposto che queste scuole non restino aperte oltre le dieci di sera, e alcune hanno cercato di aggirare il divieto dandosi l'etichetta di biblioteche. Tutt'altro discorso in Finlandia, dove i bambini cominciano la scuola iù tardi della media dei loro compagni stranieri, l'orario è più ridotto e non si assegnano compiti a casa. Inoltre il trattamento economico degli insegnanti, che in Corea del Sud è doppio della media nazionale, in Finlandia è attorno alla media. Altra differenza: l'enfasi finlandese su un insegnamento maieutico, che abitui gli studenti a pensare con la loro testa, contrasta con l'approccio più “trasmissivo” delle scuole sudcoreane.

Con criteri organizzativi così diversi, i due paesi guidano quasi appaiati (1,26 e 1,23) la classifica internazionale della qualità educativa. Evidentemente le ragioni del successo vanno ri9cercate altrove. Noi ci permettiamo di suggerire una possibile causa: i due paesi hanno in comune la compattezza etnica e linguistica del corpo sociale: la Finlandia è abitata da un 91 per cento di finlandesi, la Corea del Sud da un 97 per cento di coreani. Le classi sono dunque omogenee, e questo facilita evidentemente lo sforzo educativo. Tutt'altro discorso nei paesi che sono ormai entrati nella modernità multiculturale: da questo punto di vista ha particolare rilievo la prestazione del Regno Unito, paese dalla società quanto mai variegata, che si colloca al sesto posto con 0,60. La sfida di oggi, nella maggior parte dei paesi compreso il nostro, è quella di adeguare l'efficienza scolastica alle nuove scolaresche, nelle quali ì sempre più forte la componente che proviene da altre culture, da altri mondi. É una ricchezza, anche per la scuola, ma certo richiede sforzi supplementari per stare al passo con le imperiose esigenze dei tempi.

                                                        Fredi Sergent 
                                         

  


                                                  

 
 

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