Nel
melting pot che caratterizza la società americana
è sempre più massiccia la presenza di cittadini di
lingua spagnola, provenienti soprattutto dai paesi
dell'America Centrale – Gli “ispanici” sono
addirittura raddoppiati negli ultimi vent'anni,
soprattutto negli Stati dell'Ovest e in Florida, fornendo
al sistema scolastico oltre un quinto degli alunni - C'è
invece scarsità di insegnanti dello stesso ceppo
linguistico, al punto che se ne assumono anche se scarsi
in inglese
Come
scrisse una sessantina di anni fa John Fitzgerald Kennedy,
il trentacinquesimo presidente assassinato a Dallas nel
1963, in un libro che portava proprio questo titolo, gli
Stati Uniti sono A Nation of Immigrants, un paese di
immigrati. A ben vedere tutti i cittadini americani sono
immigrati o discendenti di immigrati, con la sola eccezione
di quegli autoctoni che a causa dell'errore di chi scoprì
il nuovo mondo continuiamo a chiamare indiani. Lo stesso
Kennedy, essendo un cattolico di provenienza irlandese,
sfuggiva alla catalogazione classica dell'americano come wasp:
white, anglo-saxon, protestant. Era dunque molto
sensibile al tema delle minoranze, e nel suo libro intendeva
dimostrare che proprio la diversità delle origini etniche e
culturali aveva arricchito gli Stati Uniti contribuendo a
farne la massima potenza mondiale. Era l'elogio del melting
pot, il crogiolo nel quale uomini e donne di ogni
provenienza si sono fusi dando vita alla moderna società
americana.
Fra
le varie componenti di questa società, quella che registra
da qualche anno i più alti tassi
di crescita è costituita dagli immigrati di lingua
spagnola, gli hispanics.
Provenienti prevalentemente dai paesi dell'America Centrale
ma anche dal Sud America, sono massicciamente presenti
soprattutto negli Stati dell'Ovest e in Florida. Si direbbe
che ripercorrano più o meno consapevolmente un cammino
storico: quelle parti degli Stati Uniti furono infatti a
lungo sotto dominazione spagnola o, più tardi, messicana.
Questo retaggio è testimoniato dagli stessi nomi degli
Stati, dalla California al Colorado, dal Nevada alla
Florida, e delle città, da Los Angeles a San Francisco, da
El Paso a Santa Fé. Ci sono oggi da un capo all'altro degli
Stati Uniti vasti quartieri urbani in cui le persone e le
insegne parlano soltanto spagnolo.
Il
fenomeno si ripercuote ovviamente sul sistema scolastico.
Secondo una valutazione recente, il 21 per cento degli
alunni che frequentano le scuole americane parla spagnolo,
dunque più di un ragazzo su cinque. Negli ultimi vent'anni
questa presenza è all'incirca raddoppiata. Ma gli uffici
scolastici registrano un'anomalia: a quel 21 per cento di
“ispanici” che siedono nei banchi non corrisponde che un
sette per cento di insegnanti. In certe aree la differenza
è ancora più marcata: nel Maryland per esempio gli
insegnanti ispanici sono soltanto il due per cento. La
mancanza di docenti di riferimento che parlino la loro
lingua rende più difficile l'inserimento sociale dei
ragazzi, soprattutto quelli di recente immigrazione che non
hanno ancora dimestichezza con l'inglese. Questo provoca
disagio, emarginazione, con tutte le conseguenze sociali che
è facile immaginare e che incidono, fra l'altro, sulle
statistiche criminali. Del resto la necessità di colmare la
lacuna, o almeno di ridurla, rende facile l'accesso alla
professione docente anche a quelle persone di lingua
spagnola che ancora non abbiano una completa padronanza
dell'inglese. Ci sono nelle scuole americane insegnanti
madrelingua di spagnolo che per parlare con i genitori degli
alunni che ignorano questo idioma, cioè la maggioranza,
devono ricorrere all'interprete.
Ora
si punta sulla massiccia presenza di studenti ispanici per
incoraggiare molti di loro ad avviarsi all'insegnamento, e
la risposta è positiva, visto che questa scelta ha uno
sbocco professionale evidentemente sicuro, cosa preziosa in
un'epoca come l'attuale d'incertissima congiuntura economica
e occupazionale. La soluzione del problema è dunque
rinviata alla prossima generazione. Intanto, la lingua
spagnola è ormai diffusamente usata negli States: è
anche l'idioma straniero più parlato dagli stessi americani
wasp.
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