FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2011

 
 

In vista delle elezioni presidenziali il governo francese, temendo l'offensiva della destra oltranzista, vara misure restrittive a carico delle comunità immigrate – Una norma in particolare, che limita la possibilità per i diplomati stranieri nelle scuole nazionali di proseguire la loro carriera in Francia, ha suscitato le proteste  del mondo accademico e di quello imprenditoriale – Come si possono cacciare i talenti educati proprio dal sistema francese?

 

Fra di loro ci cono anche superdiplomati, usciti da celebri grandes écoles come il Politecnico, o l'Essec (scuola superiore di scienze economiche e commerciali) o la Hec (scuola di alti studi commerciali). Ma nell'atmosfera politica dominante in Francia in questi tempi critici, a pochi mesi ormai dalle elezioni presidenziali, hanno un grave difetto: sono stranieri. Dunque impersonano uno dei bersagli della protesta del Front national, la formazione di estrema destra che mette a rischio la rielezione del presidente Nicolas Sarkozy. Cavalcando i malumori della crisi, il Front ha lanciato una parola d'ordine che sembra ovvia ma nasconde in realtà un caratteristico esclusivismo xenofobo ben noto anche da questa parte delle Alpi: la France aux Français. E così, dopo che il sistema educativo francese li ha formati attribuendo loro sofisticate competenze professionali, possono accomodarsi alla frontiera. Lo scorso 31 maggio, una circolare dei ministri dell'Interno e del Lavoro restringe considerevolmente la loro possibilità di rimanere nel paese.

Da allora si è formato un fronte di protesta che comprende, oltre ai partiti d'opposizione, gli stessi rappresentanti del mondo universitario, le associazioni studentesche, numerose grandi imprese. La misura governativa viene contestata non soltanto per ragioni di principio, ma anche con motivazioni eminentemente pratiche. La sua applicazione ha visto rifiutare permessi di soggiorno anche a giovani che alcune imprese intendevano assumere. Non si capisce proprio, fa sapere in una nota l'associazione dell'imprenditoria privata, per quale ragione la Francia dovrebbe privarsi dei talenti che ha essa stessa formato, e che  sarebbero preziosi nella competizione economica mondiale.

Da sempre le grandes écoles attraggono studenti da ogni parte del mondo, in particolare dai paesi francofoni di quello che fu l'impero coloniale di Parigi. Molti di loro diventano classe dirigente nelle rispettive patrie, altri aspirano a stabilirsi in Francia. Chi contesta l'atteggiamento governativo invita a riflettere sul fatto, per esempio, che la Francia sforna ogni anno trentamila ingegneri, mentre ne servirebbero quarantamila. Appare dunque demenziale la rinuncia a quella parte dei trentamila che a causa del loro passaporto non piacciono agli sciovinisti del Front national. É mai possibile che le ragioni banali della competizione politica debbano prevalere sull'interesse nazionale?

Il ministero dell'Interno ammette che a volte il provvedimento è stato applicato in maniera troppo meccanica, ma difende lo spirito dell'iniziativa, volta non soltanto a difendere il lavoro dei francesi, ma anche a contrastare un'immigrazione clandestina che si serve proprio dei visti di studio. I critici ribattono che è giusto combattere l'immigrazione clandestina, ma non a costo di penalizzare, come inaccettabile effetto collaterale, dei diplomati altamente qualificati, di cui fra l'altro l'economia francese ha bisogno. Inoltre si fa carico al governo di avere preannunciato la riduzione del numero di immigrati regolari, misura che sembra fatta apposta per incoraggiare l'immigrazione clandestina.

I giovani talenti stranieri usciti dalle grandes écoles dunque non demordono e ogni giovedì, assieme ai loro compagni francesi, manifestano a Parigi davanti al ministero del Lavoro.

 

 

                                                        a. v. 
                                         

  


                                                  

 
 

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