In
vista delle elezioni presidenziali il governo francese,
temendo l'offensiva della destra oltranzista, vara misure
restrittive a carico delle comunità immigrate – Una
norma in particolare, che limita la possibilità per i
diplomati stranieri nelle scuole nazionali di proseguire
la loro carriera in Francia, ha suscitato le proteste
del mondo accademico e di quello imprenditoriale
– Come si possono cacciare i talenti educati proprio dal
sistema francese?
Fra
di loro ci cono anche superdiplomati, usciti da celebri grandes
écoles come il Politecnico, o l'Essec (scuola superiore
di scienze economiche e commerciali) o la Hec (scuola di
alti studi commerciali). Ma nell'atmosfera politica
dominante in Francia in questi tempi critici, a pochi mesi
ormai dalle elezioni presidenziali, hanno un grave difetto:
sono stranieri. Dunque impersonano uno dei bersagli della
protesta del Front national, la formazione di
estrema destra che mette a rischio la rielezione del
presidente Nicolas Sarkozy. Cavalcando i malumori della
crisi, il Front ha lanciato una parola d'ordine che
sembra ovvia ma nasconde in realtà un caratteristico
esclusivismo xenofobo ben noto anche da questa parte delle
Alpi: la France aux Français. E così, dopo che il
sistema educativo francese li ha formati attribuendo loro
sofisticate competenze professionali, possono accomodarsi
alla frontiera. Lo scorso 31 maggio, una circolare dei
ministri dell'Interno e del Lavoro restringe
considerevolmente la loro possibilità di rimanere nel
paese.
Da
allora si è formato un fronte di protesta che comprende,
oltre ai partiti d'opposizione, gli stessi rappresentanti
del mondo universitario, le associazioni studentesche,
numerose grandi imprese. La misura governativa viene
contestata non soltanto per ragioni di principio, ma anche
con motivazioni eminentemente pratiche. La sua applicazione
ha visto rifiutare permessi di soggiorno anche a giovani che
alcune imprese intendevano assumere. Non si capisce proprio,
fa sapere in una nota l'associazione dell'imprenditoria
privata, per quale ragione la Francia dovrebbe privarsi dei
talenti che ha essa stessa formato, e che
sarebbero preziosi nella competizione economica
mondiale.
Da
sempre le grandes écoles attraggono studenti da ogni
parte del mondo, in particolare dai paesi francofoni di
quello che fu l'impero coloniale di Parigi. Molti di loro
diventano classe dirigente nelle rispettive patrie, altri
aspirano a stabilirsi in Francia. Chi contesta
l'atteggiamento governativo invita a riflettere sul fatto,
per esempio, che la Francia sforna ogni anno trentamila
ingegneri, mentre ne servirebbero quarantamila. Appare
dunque demenziale la rinuncia a quella parte dei trentamila
che a causa del loro passaporto non piacciono agli sciovinisti
del Front national. É mai possibile che le ragioni
banali della competizione politica debbano prevalere
sull'interesse nazionale?
Il
ministero dell'Interno ammette che a volte il provvedimento
è stato applicato in maniera troppo meccanica, ma difende
lo spirito dell'iniziativa, volta non soltanto a difendere
il lavoro dei francesi, ma anche a contrastare
un'immigrazione clandestina che si serve proprio dei visti
di studio. I critici ribattono che è giusto combattere
l'immigrazione clandestina, ma non a costo di penalizzare,
come inaccettabile effetto collaterale, dei diplomati
altamente qualificati, di cui fra l'altro l'economia
francese ha bisogno. Inoltre si fa carico al governo di
avere preannunciato la riduzione del numero di immigrati
regolari, misura che sembra fatta apposta per incoraggiare
l'immigrazione clandestina.
I
giovani talenti stranieri usciti dalle grandes écoles dunque
non demordono e ogni giovedì, assieme ai loro compagni
francesi, manifestano a Parigi davanti al ministero del
Lavoro.
- a.
v.
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