Janna Carioli, coautrice di un popolare programma
televisivo per ragazzi ci racconta i segreti del suo
impegno – Un complesso lavoro di squadra che intende
veicolare messaggi positivi non soltanto attraverso le
parole ma anche con le situazioni e i comportamenti –
L’importanza di un atteggiamento attivo davanti a questo
elettrodomestico così invadente: mai perdere di vista il
telecomando, la scelta dei programmi tocca all’utente
– I contatti con bambini e genitori
Col ritorno
dell’ora solare, le ore di luce pomeridiane sono diminuite
e i bambini hanno più tempo da trascorrere in casa dopo la
scuola. I giochi all’aria aperta che caratterizzano la
stagione estiva, vengono abbandonati per essere sostituiti
da passatempi casalinghi. Il tempo dei nostri ragazzi sarà
occupato in parte per i compiti e lo studio, ma potremmo
incoraggiare attività piacevoli e utili come la lettura, il
disegno, gli hobby creativi, il collezionismo, lo sport, poi
c’è la TV. La TV è in tutte le case e viene accesa a
tutte le ore. La televisione è un elettrodomestico
straordinario. Alle generazioni precedenti che sono
cresciute senza, la TV ha portato un’importante fonte
d’informazione, di cultura, di conoscenza tramite
documentari, notiziari, reportage, ed ha aggiunto
all’audio, cui si era abituati con la radio, le immagini,
ora anche a colori. Si può dire che ha portato il mondo in
casa.
Si rischia però
di rimanere attratti passivamente da questo strumento che
propone programmi, film, messaggi impadronendosi del nostro
tempo. Questo rischio, se è controllabile ed evitabile per
gli adulti, è più forte se lo spettatore è un bambino.
Anche a pochi mesi di età i bambini sono attratti dalle
immagini in movimento e colorate trasmesse dal video, ma
attenti studi mettono in guardia i genitori e sconsigliano
di lasciare il bambino piccolo davanti alla TV perché il
cervello è in formazione e questo avviene gradualmente da
zero a tre anni. La TV in quel periodo può risultare
dannosa ed impedire una corretta formazione. Gli effetti
potrebbero essere: ritardo nel linguaggio, sonno irregolare
con frequenti risvegli notturni e maggiormente al momento di
andare a scuola manifestando problemi di apprendimento e
concentrazione.
Con i bambini più
grandi è importantissimo che i genitori stabiliscano delle
regole sui tempi e sulle scelte dei programmi cercando fra
quelli adatti ai bambini e a loro destinati. Sarebbe bene
che un adulto, in famiglia, guardasse qualche volta il
programma prima e poi col bambino e se necessario fornisse
una guida alla comprensione e interpretazione delle
situazioni e dei messaggi contenuti. Non sottovalutiamo la
capacità dei bambini a captare il ritmo e il significato di
ciò che vedono, anzi presto saranno loro a spiegarci e a
raccontarci le avventure e i giochi che la TV dei ragazzi
propone e sarà un’occasione di dialogo con i genitori,
utile anche a capire che effetti il programma produce sul
bambino. Per capire di più e più da vicino ascoltiamo
Janna Carioli, una delle autrici di un programma per ragazzi
trasmesso dalla Rete pubblica nazionale, che ci illustra la
sua esperienza.
Chiediamo a Janna
Carioli come è arrivata, da un diploma di ragioniere alla
TV per ragazzi e mi confessa: “Fare la ragioniera non mi
ha mai interessato. Ho frequentato ragioneria solo perché
la mia famiglia mi permetteva di studiare purché scegliessi
un indirizzo e un tipo di studio che mi permettesse di
lavorare subito e infatti ho cominciato a lavorare prima di
finire la scuola, però con poco entusiasmo.
La mia prima passione vera, fin da allora, era di
lavorare con i bambini, io volevo fare la maestra tanto è
vero che il primo passo, è stato quello di continuare a
studiare da sola e appena ho potuto ho fatto l’esame da
maestra e per 15 anni ho insegnato in un asilo nido e
materna come insegnante.
La seconda grande passione è sempre stata quella di
scrivere, fin da piccola. Ho scritto il mio primo libro di poesie a sei anni, in prima
elementare con i fogli di quaderno, la copertina e disegni.
Avendo affiancato queste due passioni per i bambini da una
parte e la scrittura dall’altra, e avendo sempre
continuato a scrivere canzoni perché facevo parte di un
gruppo musicale popolare, quando ho smesso di insegnare ho
voluto fare un regalo ai bimbi che lasciavo, scrivendo per
loro la Bella addormentata in musical, che loro hanno poi
rappresentato. Questo è stato il mio primo libro.
“L’esperienza
della televisione è stata preceduta da quella con la radio.
Scrivevo delle piccole sceneggiature e contemporaneamente
organizzavo concerti ed eventi. Poi mi è stato chiesto di
trovare dei personaggi giusti per una trasmissione
televisiva su Radio Montecarlo. Sono andata a vivere a Roma
e lì mi è stato proposto di scrivere per un programma che
era già partito in televisione. Ho letto il copione, ho
conosciuto quelli che già ci lavoravano e ho trovato delle
persone speciali, impegnate, con personalità
professionalmente molto positive e con grandi sensibilità
umane e queste qualità trasparivano nel loro prodotto. E’
stata un’esperienza straordinaria entrare in questo
gruppo.
“Per quanto
riguarda contenuti e obiettivi del programma, la Melevisione,
è interessante osservare che non è un programma educativo,
ma crediamo che ai bambini, attraverso il racconto, si possa
parlare di tutto. La Melevisione utilizza la forza delle
fiabe per affrontare argomenti come il conflitto dei
fratelli, la matrigna, crea tutto l’universo dei rapporti
che il bambino vive nella sua vita reale, però tradotti in
favola, quindi c’è il riscatto, il bisogno di sentirsi un
eroe, di non sentirsi demonizzati per provare sentimenti
negativi o di rancore verso la matrigna, o verso i fratelli
e sorelle. Nelle fiabe questo succede spesso ed il fatto di
poterne parlare liberamente attraverso la fiaba è
importante per un bambino. È liberatorio. È questa una
grande funzione delle fiabe.
“Nella
Melevisione trattiamo anche i conflitti di oggi, quindi
abbiamo affrontato il bullismo, le molestie sessuali, la
morte, l’adozione, sempre utilizzando la metafora fiabesca
che è un grande strumento che si avvale dei personaggi
tipici della fiaba, le fate, gli gnomi, le streghe, la
principessa, il lupo, ambientati in un contesto fantastico
come può essere appunto il Fantabosco. Il coinvolgimento
dei bambini in studio o anche da casa non si può limitare
alla telefonata per il quiz, con due parole, come ti chiami,
bravo hai vinto il gadget e ciao! E’ importante arricchire
di contenuti un programma che deve comunque essere di
intrattenimento.
Riguardo alla
pubblicità devo dire che c’è molta differenza tra Rai 3,
che in tutto il pomeriggio non ha stacchi pubblicitari, e le
altre reti. Se un bambino guarda un programma di Rai 1, che
ha anche programmi molto belli, per ogni segmento di 15 - 20
minuti ha 4 minuti di reclame, sponsorizzazioni di merendine
e promozioni pubblicitarie. Alla Rai 3 questo non viene
chiesto e questo garantisce anche una certa etica. Dietro le
quinte c’è un grande lavoro di squadra, diversamente da
quando uno scrive un libro trovandosi solo con la pagina
bianca davanti, poi il prodotto piace o non piace, se
l’editore decide di pubblicare o non è comunque un
prodotto non mediato. In televisione è molto diverso, è un
fatto collettivo, lavorano circa 80 persone tra attori,
scenografi, costumisti, cameramen, regista, redazione.
80 persone che contribuiscono alla realizzazione ogni
giorno di una puntata.
“Tu non puoi
scrivere ad esempio che vuoi un incendio nel Fantabosco,
perché in studio non si può fare, richiederebbe una
preparazione di quattro ore per avere l’effetto incendio,
mentre in gergo tu devi cercare di “portare a casa la
puntata”, per cui devi sempre misurare quello che scrivi
con la possibilità di realizzarla, che possa essere
preparata nei tempi giusti, tenendo conto che lo spazio
dello studio è di tanti mq. ecc… Per cui è un prodotto
veramente collettivo che da un lato potrebbe essere
considerato limitante ma dall’altro è un aspetto molto
interessante perché ci si abitua a lavorare in squadra e
questa è una grande occasione di vita, poi un aspetto bello
è che in tempi molto brevi si vede il risultato del lavoro,
e questo crea grande soddisfazione, inoltre è un lavoro ben
pagato e che mi permette anche di scrivere i libri.
“Alla
Melevisione arrivano migliaia di lettere scritte dai
bambini. La redattrice risponde a tutti. Molte volte
scrivono anche i genitori con le richieste più svariate
come: “ Nino, dillo tu a mia figlia che deve smettere di
succhiarsi il dito”. E’ chiaro che il folletto non può
dirlo in trasmissione. Sapendo come la trasmissione porta
all’emulazione noi usiamo nel programma un linguaggio
molto ricco e articolato e a volte ci viene rimproverato che
usiamo dei vocaboli che i bambini non conoscono.
Per noi è un merito, non un difetto, pensando che se
la parola singola non conosciuta rientra in un contesto, il
concetto si assimila e arricchisce il linguaggio La
televisione deve stare attenta a quello che veicoliamo, che
sia un messaggio positivo, che aiuti il bambino a sentirsi
parte di una comunità, sottolineando alcuni valori come la
solidarietà, la lealtà, il concetto di libertà, di
uguaglianza, di legalità. Concetti che non sempre certi
programmi trasmettono, soprattutto dove c’è una
competizione insana, la TV urlata, la violenza e la volgarità.
“Questa non è
una buona televisione per i bambini. I messaggi non si danno
solo con le parole ma anche con le situazioni, con i
comportamenti. Sappiamo che i bambini assorbono molto e
imitano prendendo ad esempio quello che vedono, pertanto
quando gli adulti criticano certi programmi, dovrebbero
invece imparare ad usare la Televisione come fanno con gli
altri elettrodomestici, usarli solo quando ne hanno bisogno
e nel modo giusto. Anche la TV è così. Occorre tenere
sempre a portata di mano il telecomando perché non è lei a
decidere cosa dobbiamo vedere o lasciar vedere ai bambini,
ma sono i genitori a dover scegliere insieme ai bambini il
programma utile, quale film vale la pena di essere
registrato e magari guardato dopo i compiti, o in un orario
differente. Bisogna imparare a fare delle scelte, crearsi un
palinsesto familiare che metta tutti d’accordo non
ammettendo capricci ma comportamenti coerenti e
responsabili”.
Ci congediamo da
Janna Carioli, grati per il racconto della sua esperienza,
per la testimonianza che non ci si improvvisa autori per la
TV dei ragazzi, ma si arriva a questo impegno seguendo un
percorso di costante crescita e preparazione professionale e
consapevoli che qualche volta dietro a un programma ci sono
autori competenti e alleati nel difficile compito dei
genitori e anche dei nonni.
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Graziella Cupidi
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