FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2008

 
 

Rachida Dati,  ministro della giustizia nel governo di Parigi, propone di fissare a dodici anni l’età minima per la responsabilità penale, implicante sanzioni che possono arrivare fino all’incarcerazione – Ma è stata prontamente zittita dal primo ministro François Fillon, che esclude la possibilità di adottare una simile misura  – Parziale marcia indietro: la possibilità della sanzione penale non implica necessariamente il carcere, che avrebbe comunque un carattere eccezionale

 

Il governo francese sta lavorando all’ennesima riforma della giustizia minorile, attraverso una commissione presieduta dal penalista André Varinard. Il testo dovrebbe essere presentato il prossimo marzo alla discussione parlamentare. Ma un aspro dibattito è già in corso, da quando Rachida Dati, ministro della giustizia, ha fatto sapere che fra le proposte allo studio c’è anche quella di abbassare l’età minima richiesta per la responsabilità penale, secondo lei una “misura di buonsenso”. Si vorrebbe portarla dagli attuali tredici anni ai dodici. L’innovazione implica evidentemente che bambini di questa età potrebbero essere perseguiti e in caso di condanna incarcerati.

Immediate le reazioni sul fronte sindacale e soprattutto su quello educativo e da parte di chi s’impegna per la tutela dei diritti umani. Si fa notare come la misura, evidentemente scaturita dall’allarme sociale dovuto al crescere della criminalità minorile, soprattutto dalle recenti rivolte giovanili nelle banlieues metropolitane che hanno determinato da parte di vasti strati dell’opinione pubblica richieste di linea dura e tolleranza zero, sia comunque in controtendenza rispetto all’evoluzione della coscienza giuridica, che punta alla depenalizzazione, alla mediazione, alla più drastica limitazione possibile del ricorso al carcere.

Del resto la proposta del ministro della giustizia non piace nemmeno al governo di cui la signora Dati fa parte. È toccato allo stesso primo ministro François Fillon il compito di fare chiarezza. “Sono totalmente ostile”, ha detto, “all’idea di mettere in prigione dei bambini di dodici anni, e posso assicurare che il governo non ha alcuna intenzione di modificare la legislazione in questo senso”. “Ci sono altre soluzioni”, ha detto ancora il capo del governo, “per affrontare la delinquenza minorile, compresi i casi di violenza estrema eventualmente commessi da bambini di dodici anni”.

Così rudemente sconfessata dal governo, la signora Dati ha subito corretto il tiro. Ecco un comunicato del ministero della giustizia in cui si precisa che “il ministro aveva chiaramente indicato che la possibilità di una sanzione penale a dodici anni non implicava l’incarcerazione”. Nel documento si richiama la dichiarazione originaria: “una sanzione penale a dodici anni mi sembra corrispondere al buonsenso”, ma “sanzionare non significa evidentemente imprigionare, i giudici minorili devono avere a disposizione un ventaglio di risposte adatte a tutti i casi”. La stessa Dati aveva precisato che questo ventaglio può arrivare fino all’incarcerazione, ma che quest’ultima deve rivestire “un carattere eccezionale”.

La polemica ha comunque rilanciato il tema della giustizia penale per i minori: e già da molte parti si sottolinea come anche i limiti previsti dall’ordinamento vigente - tredici anni per la responsabilità penale, quattordici per il carcere - siano troppo bassi. In fondo la questione è molto semplice: la giustizia modernamente intesa deve tendere al recupero della persona, ma come si fa a recuperare un ragazzo deviato autore di atti di violenza, se non si sa immaginare nessun altro provvedimento che sbatterlo in galera senza tanti complimenti?

 
                                                          r. f. l. 
                                         

    


                                                  

 
 

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