Secondo
i dati forniti dall’ispettorato del sistema scolastico
d’Inghilterra, gli standard complessivi sono in fase di
miglioramento – Persistono tuttavia delle situazioni
inaccettabili, in particolare a carico dei bambini
provenienti dagli strati socialmente più disagiati della
popolazione – Se da una parte il governo canta vittoria
(il 95 per cento delle scuole si classifica soddisfacente,
buono o eccellente), preoccupa dall’altra il fenomeno
dei bambini, ancora troppi, che il sistema penalizza
È mezzo pieno o
mezzo vuoto il bicchiere del sistema scolastico inglese?
Dipende dai punti di vista: dopo che Chistine Gilbert ha
illustrato i risultati delle ispezioni condotte dall’Ofsted
(Office for Standards in Education) fra il settembre 2007 e
lo scorso luglio, il ventaglio delle valutazioni oscilla
appunto fra i due estremi del celebre detto popolare. Mezzo
vuoto per la stessa Gilbert, che riconosce sì una realtà
in progressivo miglioramento, ma denuncia un ritmo
d’innovazione troppo lento e il persistere di una realtà
inaccettabile: troppi bambini provenienti da contesti
sociali degradati vengono lasciati indietro. C’è dunque
un rapporto stretto fra il disagio dell’ambiente di
provenienza e la qualità dell’offerta scolastica: in
poche parole, dice l’ispettrice, “se sei povero è più
facile che riceva servizi educativi di scarsa qualità”.
Secondo il
governo di Sua Maestà i dati diffusi dall’Ofsted vanno
invece salutati positivamente. Non è forse vero che la
Gilbert qualifica come soddisfacenti il 33 per cento delle
scuole elementari e il 34 delle secondarie, buone
rispettivamente il 50 e il 40 per cento, addirittura
eccellenti il 13 e il 17 per cento? Certo, è un guaio che
ci siano un quattro per cento di scuole elementari e un nove
per cento di secondarie impietosamente definite come
inadeguate: ma la tendenza non è forse al miglioramento?
Bicchiere mezzo pieno, dunque. Jim Knight, ministro
dell’istruzione, sostiene che “gli insegnanti inglesi
possono essere fieri del fatto che il 95 per cento delle
scuole d’Inghilterra sono classificate soddisfacenti o più
che soddisfacenti”. Siamo di fronte, fa notare, alla
“valutazione più nettamente positiva che mai sia stata
fatta del nostro apparato scolastico”.
Il fatto è, fa
sapere Christine Gilbert, che “per confrontarsi
favorevolmente con il resto del mondo, il sistema educativo
inglese deve far meglio”. Bisogna infatti puntare alto,
eliminare le esclusioni anche se decisamente minoritarie.
Non si può accettare il fatto che soltanto il 21 per cento
dei bambini provenienti da famiglie povere ottenga un buon
rendimento scolastico, contro il 49 per cento dei loro
compagni più fortunati. Si delinea implicitamente, fra le
argomentazioni di questo dibattito, l’immagine di una
scuola che prende atto del disagio sociale e lo riproduce al
suo interno, mentre dovrebbe al contrario livellare le
opportunità e tendere all’eguaglianza.
La sindacalista
Christine Blower concede che “il fatto che la percentuale
di scuole buone o eccellenti sia in crescita è ovviamente
positivo”, ma avverte tuttavia che “la connessione fra
disagio di provenienza e scarsi risultati non lo è
affatto”. Il governo, assicura il ministro Knight, sta
lavorando per migliorare il rendimento dei bambini meno
favoriti dalla provenienza sociale, e s’impegna ad
accelerare il più possibile questo processo. Secondo
l’analisi di John Dunford, segretario dell’associazione
che raggruppa i capi d’istituto, “il rapporto dell’Ofsted
dipinge il quadro di un sistema che sta sì migliorando, ma
sullo sfondo delle crescenti aspettative che si concentrano
sulle scuole e sui colleges”.
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v. a.
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