FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2008

 
 

Quello che è accaduto allo scientifico Darwin di Rivoli, nei pressi di Torino, dove il crollo di un controsoffitto ha ucciso uno studente ferendone alcuni altri, non è soltanto una tragedia, è anche un episodio che illustra in modo esemplare i mali della nostra scuola – I tecnici avvertono che sono migliaia gli edifici scolastici bisognosi d’interventi di consolidamento: ma per questa fondamentale funzione i fondi non bastano – E così il dramma sottolinea una volta ancora il paradosso delle priorità

 

Era la mattina dello scorso 22 novembre. Una normale giornata di lezioni nel liceo scientifico di Rivoli, nei pressi di Torino, intitolato a Charles Darwin. Fuori, un vento di tempesta, un vento così forte che nella notte ha abbattuto un albero nel giardino della scuola. Nell’aula della quarta G accade tutto durante l’intervallo: uno scricchiolio, poi uno schianto, e una parte del controsoffitto si abbatte sui banchi e sui ragazzi. Vito Scafidi, diciassette anni, rimane ucciso. Altri, una ventina, quasi l’intera classe, rimangono feriti, uno in particolare in modo grave. Sgomento, disperazione. E, naturalmente, polemiche.

Una tragedia incomprensibile, non è possibile che un ragazzo perda la vita a scuola”, dice il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, profondamente scossa. Uno dei sindacati della scuola attacca: “questo tragico episodio conferma ulteriormente la necessità d’investire maggiormente nel sistema scolastico, a partire dagli aspetti infrastrutturali e della sicurezza, anziché ridurre le risorse stanziate per la scuola italiana bisogna invertire la tendenza e tornare a investire quanto necessario per rendere possibile la modernizzazione degli edifici scolastici”.

Parole sante, anche se poi la discussione imbocca la solita strada della contrapposizione politica. Come se esistesse uno schieramento, fra quelli che si sono avvicendati al potere, che abbia preso davvero sul serio la formidabile scommessa di mettere in sicurezza la nostra edilizia scolastica. Saltano fuori statistiche impressionanti. Lo scorso anno scolastico, nelle scuole italiane ci sono stati tredicimila incidenti con più di novantamila feriti. Sconcertanti valutazioni tecniche c’informano che sei edifici scolastici su dieci sono a rischio. Altri arrivano a definire insicuro il settantacinque per cento delle nostre scuole.

Intanto la preside del liceo Darwin, Maria Torelli, dice che il suo istituto era sotto controllo. “Venti giorni fa c’è stata un’ispezione… Abbiamo controllato tutto, gli impianti elettrici, il sistema antincendio, perfino le plafoniere. Su quel soffitto crollato non c’erano segni d’obsolescenza che ci potessero mettere in allarme”. Ma i ragazzi non ci stanno, e nemmeno i loro genitori: c’è una manifestazione, c’è un’irruzione al Film festival di Torino. Manifestazioni anche in altre città, bandiere a mezz’asta in molte scuole. A Torino c’è uno striscione insieme assurdo e doppiamente amaro, perché collega questo problema al dramma delle vittime sul lavoro: “Come facciamo a crepare in fabbrica se ci ammazzate prima?”.

Interviene lo stesso presidente del consiglio. “È stata una tragica fatalità”, dice Silvio Berlusconi, e assicura che scatterà un programma di controlli. “Non è fatalità, ma responsabilità di tutti”, dice Rosy Bindi dell’opposizione parlamentare. “Una fatalità e una disgrazia”, dice Valentina Aprea, presidente della commissione cultura alla camera dei deputati, “ma certe fatalità e certe disgrazie accadono troppo spesso”.

Mentre la maggioranza invita a “non strumentalizzare”, il sindacalista Francesco Scrima afferma che “la priorità delle infrastrutture non deve essere il ponte sullo Stretto di Messina ma la messa in sicurezza degli edifici scolastici, perché una buona scuola deve essere innanzitutto una scuola sicura”. L’associazione dei consumatori Codacons preannuncia la richiesta di chiusura o di sequestro, e successivamente di affidamento ai sindaci per i lavori di consolidamento, delle strutture particolarmente a rischio.

Poi mette tutti a tacere la madre di Vito, il ragazzo morto sotto quel maledetto soffitto. Riversa in una rete televisiva tutto il suo dolore e la sua rabbia: “Perché i nostri figli non li mandano a scuola nei comuni? Perché si fanno i comuni nuovi, ristrutturati, perfetti, mentre i nostri figli li mandiamo a morire?…” È il vecchio, vecchissimo problema delle priorità della spesa pubblica: meglio consolidare le scuole o mandare i soldati a fare le belle statuine nelle piazze delle nostre città?

 

 

                                                          f. s. 
                                         

    


                                                  

 
 

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