Secondo
uno studio condotto dal British Council fra i ragazzi di
dieci paesi, il Regno Unito e gli Stati Uniti si collocano
agli ultimi posti per quanto riguarda la “sensibilità
internazionale” – A sentirsi maggiormente “cittadini
del mondo” sono gli adolescenti della Nigeria,
dell’India, del Brasile – L’interpretazione del dato
fa scattare l’allarme a Londra: i futuri cittadini
britannici potrebbero rivelarsi inadeguati alla
competizione nell’economia globale
C’è una
graduatoria nella quale alcuni grandi paesi di quello che
una volta si chiamava terzo mondo, come la Nigeria,
l’India o il Brasile, figurano ai primi posti distanziando
le nazioni dell’Occidente sviluppato come gli Stati Uniti,
la Gran Bretagna o la Germania: è quella che riguarda la
sensibilità delle giovanissime generazioni ai temi
dell’attualità internazionale e alla cosiddetta
“identità globale”. È il risultato di un’indagine
condotta dal British Council su un campione di oltre
quattromila ragazzi, d’età compresa fra gli undici e i
sedici anni, in dieci paesi: Stati Uniti, Regno Unito,
Germania, Repubblica Cèca, Spagna, Brasile, Cina, India,
Arabia Saudita e Nigeria
Ai ragazzi è
stata posta una serie di domande, nell’insieme relative
alla loro sensibilità rispetto al mondo esterno: per
esempio a proposito dell’apprendimento di lingue
straniere, o del livello di conoscenza dell’attualità
internazionale, o infine dell’opportunità di legami o
gemellaggi con scuole di altri paesi. Un’altra domanda
mirava a stabilire in che misura gli intervistati si
sentissero cittadini del mondo oltre che del proprio paese.
N’è risultato che se oltre i due terzi dei brasiliani e
quasi altrettanti tedeschi si sono detti interessati a
conoscere e approfondire i grandi eventi internazionali,
quest’interesse crolla al trenta per cento degli americani
e al ventotto degli inglesi.
Sulla
base delle risposte ottenute, i sondaggisti del British
Council hanno stilato una graduatoria, dalla quale risulta
che i ragazzi nigeriani sono i più international minded,
seguiti da India, Brasile, Arabia Saudita, Spagna, Germania,
Cina e Repubblica Cèca. Agli ultimissimi posti Stati Uniti
e Gran Bretagna. Probabilmente il fenomeno può in parte
spiegarsi con il fatto che i ragazzi anglo-americani,
parlando la lingua franca internazionale per eccellenza, si
sentono meno motivati a quell’affacciarsi sul mondo che è
implicito, per i loro coetanei d’altri paesi, nella
necessità di studiare l’inglese. Per i cittadini del
Regno Unito, in particolare, contribuisce certamente a
spiegare il loro atteggiamento la condizione geopolitica che
distacca le isole britanniche dalla terraferma europea. Si
ricorderà una vecchia battuta meteorologica tipicamente british:
c’è nebbia sulla Manica, il continente europeo è
isolato.
Ma certo questo
non è l’atteggiamento giusto per attrezzare le future
generazioni alle sfide della modernità. Nell’era
dell’economia globalizzata, dice Martin Davidson direttore
del British Council, non possiamo permettere che i nostri
ragazzi siano così poco sensibili alle tematiche e ai
problemi del mondo. Dobbiamo invece incoraggiarli a
interessarsi e impegnarsi secondo un’ottica che guardi
anche oltre frontiera. Questo obiettivo è largamente
condiviso a Londra, dove il governo di Gordon Brown ha
organizzato una “settimana dell’istruzione
internazionale”, volta a stimolare la sensibilità dei
giovanissimi alle tematiche e ai problemi del vasto mondo
che li circonda.
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r. f. l.
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