Il
ruolo degli insegnanti al centro del dibattito sulla
scuola tedesca, aperto dal deludente verdetto
dell’indagine internazionale Pisa – Molti commentatori
concordano sul fatto che ogni prospettiva di rilancio
dell’istituzione scolastica è strettamente condizionata
dalla posizione sociale del corpo docente – Si tratta di
recuperare l’antico prestigio sociale del maestro e
soprattutto di organizzarne la carriera non secondo
criteri automatici ma in base ai risultati
Ancora tramortita dai risultati dell’indagine
internazionale Pisa 2000, la scuola tedesca continua a
interrogarsi sul suo futuro. Il Pisa (acrostico inglese di
Programma per la valutazione internazionale degli studenti),
viene condotto fra i sedicenni e punta a stimare la capacità
di comprensione dei testi e le competenze fisico-matematiche.
Come si ricorderà, lo studio comparativo condotto nei paesi
Ocse rivelò gravi manchevolezze in Germania rispetto allo
standard medio misurato nell’occasione. A differenza
dall’Italia, dove esiti ancora peggiori furono assorbiti
con una certa disinvoltura, nella Repubblica Federale, meno
abituata a comparazioni internazionali deludenti, i dati
Pisa suscitarono scalpore. Dal 2001, quando furono resi
pubblici i risultati dell’indagine, l’opinione pubblica
tedesca non ha mai cessato di richiedere interventi energici
e urgenti per riportare l’istituzione educativa a un
livello accettabile, se non proprio ai primi posti nel
mondo.
Molti commentatori concentrano la loro attenzione
sulla figura dell’insegnante. È infatti implicita nel
grande pubblico la convinzione che la principale
responsabilità della magra figura rimediata dalla scuola
tedesca nella comparazione internazionale ricada proprio sul
corpo docente. Non esclusivamente per sua colpa diretta, ma
piuttosto a causa di una posizione sociale non proprio
all’altezza dell’importanza oggettiva del suo impegno.
Si fa notare che laddove l’indagine Pisa ha assegnato i
voti migliori, come nella Corea del Sud, o in Finlandia (o,
per restare all’interno della Repubblica Federale, in
Baviera), il ruolo del maestro gode ancora dell’antico
prestigio. Si sente dunque più motivato, per esempio a
utilizzare quel fondamentale strumento di aggiornamento che
è la formazione permanente. Nei paesi più virtuosi dal
punto di vista del successo scolastico gli insegnanti sono
anche meglio retribuiti che altrove.
In un intervento sull’autorevole settimanale Die
Zeit, Thomas Kerstan fa notare che molti, troppi docenti
tedeschi non padroneggiano adeguatamente la materia che
insegnano, e rifiutano un sistematico meccanismo di
aggiornamento professionale. Secondo Kerstan è necessario
che gli insegnanti stabiliscano degli standard di qualità
ai quali attenersi nel loro lavoro: soltanto così potranno
difendere la loro professione dall’accesso degli
incompetenti. Si richiede ai sindacati di non limitarsi a
tutelare diritti, ma di favorire criteri qualitativi di
scelta. Prima ancora che dall’anzianità di servizio, la
carriera dovrebbe dipendere dai risultati, e dalla frequenza
ai corsi di aggiornamento. Quanto alla società nel suo
insieme, deve onorare con le giuste gratificazioni quel
lavoro ingrato, in particolare l’impegno di quegli
insegnanti che operano in aree di forte degrado sociale.
Per la scuola tedesca, questo il parere degli
osservatori nella Repubblica Federale, risalire la china non
è impossibile, ma richiede tempi lunghi. Non si tratta di
una crisi che si possa superare con provvedimenti
precipitosi. Le misure vanno studiate con cura, e applicate
con gradualità. Bisogna studiare sistemi in grado di
favorire un decoroso passaggio a altre professioni per chi
si senta, o oggettivamente sia, inadeguato a questo impegno,
di accelerare la carriera degli insegnanti migliori. Bisogna
insomma creare un clima nel quale il maestro non soltanto
non viva in condizioni di malessere, ma sia di nuovo
orgoglioso del suo lavoro e della sua posizione sociale.
f. s.
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