Tanti
sono nel mondo i bambini privi di istruzione –
Particolarmente concentrati in Asia e Africa, la loro
alternativa alle lezioni è un lavoro in condizioni di
sfruttamento, quando non la prostituzione o
l’arruolamento forzato nelle più disparate milizie –
L’allarme di Save the Children focalizzato sulla
situazione nei paesi, una trentina, in cui nel 2004 erano
in corso conflitti armati – Il problema degli aiuti che
non arrivano a destinazione
L’obiettivo fissato a suo tempo dalla comunità
internazionale, istruzione primaria per tutti entro il 2015,
va assumendo sempre più i contorni dell’utopia. Il numero
dei bambini cui la scuola è negata è infatti ancora
altissimo: 115 milioni secondo le più recenti statistiche.
Ciò che rende improbabile tagliare con successo il
traguardo del 2015 è il fatto che in molti, in troppi paesi
si trascinano croniche situazioni di conflitto, e anche
quando le armi finalmente tacciono le conseguenze della
guerra sull’organizzazione educativa si trascinano a lungo
vanificando o almeno ritardando ogni proposito di rilancio.
In un rapporto di questi giorni Save the Children analizza
proprio lo stato dell’istruzione in quei paesi, una
trentina, in cui nel 2004 divampavano conflitti. Si parla,
per fare qualche esempio, dell’Afghanistan, della Somalia,
dello Sri Lanka, del Sudan, dell’Iraq.
In molte di queste aree il sistema educativo è
letteralmente sconvolto dalla guerra. Per esempio le scuole
vengono spesso utilizzate dalle milizie armate come basi di
operazione e alloggi per le truppe: anche per questo vengono
frequentemente distrutte nei combattimenti, il che ne rende
problematico il recupero e la rinnovata destinazione
scolastica una volta che la guerra sia finita. Non solo: in
molti di questi paesi si considera la popolazione infantile
nient’altro che un facile bacino di reclutamento. Abbiamo
così bambini che invece di concentrarsi sui libri
imbracciano il kalashnikov e vengono addestrati a uccidere,
non di rado con l’aiuto della droga. È uno dei casi
estremi di quel dirottamento dei minori dalle loro naturali
occupazioni scolastiche che in altre situazioni alimenta il
lavoro infantile in condizioni di crudele sfruttamento,
l’accattonaggio, addirittura la prostituzione.
Secondo Save the Children erano 43 milioni nel
2004 i bambini sottratti alla scuola nei paesi in conflitto.
La comunità internazionale ha attivato un vasto programma
di aiuti, in vista dell’obiettivo 2015, ma degli otto
miliardi e mezzo di dollari disponibili soltanto una piccola
parte arriva nelle aree percorse dalla guerra. Per
l’utilizzazione di fondi sono infatti richieste garanzie
che un paese in conflitto non è evidentemente in grado di
offrire. Si arriva dunque al paradosso che l’aiuto
internazionale viene a mancare proprio dove servirebbe di più.
Inoltre, come si diceva, le conseguenze materiali della
guerra sono destinate a trascinarsi a lungo dopo la fine
delle ostilità: e questo significa che intere generazioni
rimangono a rischio di analfabetismo totale.
La situazione è ulteriormente aggravata per
l’infanzia femminile da pregiudizi discriminatori duri a
morire. In questo caso la guerra non c’entra. In molte,
troppe parti del mondo si ritiene che una bambina, destinata
come donna a un ruolo subalterno nella società, della
scuola possa benissimo fare a meno. Si registrano perfino,
è il caso dell’Afghanistan, assalti armati a scuole
femminili. Di qui un ulteriore paradosso: mentre nelle
statistiche sui rendimenti scolastici le ragazze se la
cavano mediamente meglio dei loro compagni, le cifre
sull’analfabetismo mostrano che questa piaga colpisce più
massicciamente proprio la parte femminile della società.
Un altro problema complica la situazione educativa in
molte parti del mondo, la mancanza o l’insufficienza di
personale docente. Non serve a molto costruire una scuola,
se non ci sono maestri qualificati. Dove ci sono, difettano
a volte le strutture per i necessari aggiornamenti
professionali. In alcune parti dell’Africa gli organici già
insufficienti sono stati ulteriormente decimati
dall’imperversare dell’aids e di altre emergenze
sanitarie. In alcuni casi la carenza di insegnanti e la
mancanza di corsi di riqualificazione sono almeno in parte
compensate dal generoso impegno di volontari stranieri. Ma
non basta: se vogliamo che l’obiettivo inizialmente
fissato al 2015 si possa comunque raggiungere entro una
scadenza racchiusa entro il nostro orizzonte temporale, è
necessario che la comunità internazionale compia altri
sforzi. Accanto alla vergogna della fame, quella dei bambini
senza scuola deve essere prioritariamente combattuta con
ogni mezzo.
r. f. l.
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