L’annuncio
a sorpresa del primo ministro Dominique de Villepin: una
nuova normativa che fra l’altro punta sulla
responsabilità dei genitori per affrontare il nodo della
dispersione scolastica – Assegni familiari sospesi in
caso di inadempienza rispetto a uno standard concordato di
assiduità alle lezioni e rendimento – Un’altra novità:
ridotta l’età minima per l’apprendistato - Dopo la
rivolta delle banlieues, si cerca di riannodare il filo
della solidarietà sociale
C‘era molta attesa per le novità che il primo
ministro francese Dominique de Villepin avrebbe annunciato
lo scorso primo dicembre in materia di organizzazione
scolastica, e questa attesa non è certo andata delusa. Per
combattere l’insoddisfacente rendimento medio della
scuola, in particolare le lacune rivelate dai sondaggi fra
gli adolescenti in materia di capacità di lettura e
scrittura, e per aggredire un altro nodo, l’alto tasso di
dispersione, il capo del governo francese ha deciso di
mobilitare la responsabilità delle famiglie. Ai genitori
dei ragazzi in difficoltà per ragioni di assenteismo,
comportamenti irregolari, scarso rendimento, verrà proposto
un “contratto di responsabilità” in cui saranno fissati
degli obiettivi scelti con cura sulla base delle singole
situazioni. Nel caso che questi obiettivi vengano mancati,
saranno sospesi i versamenti degli assegni familiari, i
relativi importi finiranno su un conto speciale, e potranno
essere restituiti alla famiglia, unitamente alla ripresa dei
regolari versamenti, soltanto dopo che la crisi sarà stata
risolta con il raggiungimento degli obiettivi contrattuali.
L’innovazione è di notevole portata, e fa molto
discutere in Francia. Da un lato se ne sottolinea il
carattere di allargamento della responsabilità: se c’è
dispersione scolastica, manda a dire il governo di Parigi,
non è soltanto colpa della scuola, ma anche della famiglia
che pretende di delegare ogni onere all’istituzione
educativa, sia essa pubblica o privata. D’altra parte c’è
chi rileva che l’applicazione di questa norma finirà
inevitabilmente con il penalizzare famiglie che, non
diversamente dai loro ragazzi, si trovano oggettivamente in
difficoltà: per esempio quelle appartenenti alle comunità
immigrate. E questo potrebbe comportare il rischio di un
approfondimento del fossato sociale che divide gli stranieri
e i francesi di recente naturalizzazione dalla massa
tradizionale del popolo: categorie fra le quali già sono
abissali le differenze in materia di reddito, sanità,
occupazione.
Evidentemente consapevoli di questo rischio, i fautori
della formula annunciata da Villepin, a cominciare dal
ministro dell’educazione nazionale Gilles de Robien,
sottolineano d’altra parte il dovere dello stato di
incoraggiare e potenziare il ruolo della famiglia. Quel
ruolo che in Francia è recentemente apparso in crisi in due
sconvolgenti occasioni: nell’estate di due anni or sono,
quando migliaia di anziani morirono a causa del caldo perché
privi di assistenza familiare, e poco più di un mese fa,
quando improvvisamente sono esplose le banlieues della
capitale e di altre città dell’esagono. Una rivolta che
rivela non soltanto un profondo malessere ma anche
l’incapacità di gestirlo: quei giovani che esprimevano il
rifiuto della propria emarginazione dando fuoco alle auto e
alle scuole non avevano trovato in casa, evidentemente, una
guida responsabile che favorisse la scelta di un
comportamento sociale più corretto e più efficace.
Si tratta dunque di recuperare i principi e la prassi
di una solidarietà sociale apparentemente smarrita che non
può non partire dalla famiglia, nucleo originario della
società, e non può non avere a oggetto la scuola. Quella
scuola che con bello stile un po’ retorico, tipicamente
francese, Villepin definisce “il luogo d’incontro della
repubblica”.
Qualche giorno prima di lanciare il suo contratto di
responsabilità, il primo ministro aveva annunciato
un’altra iniziativa, ambiziosamente battezzata come
“legge sull’uguaglianza di opportunità”. Motivata
anch’essa dall’esigenza di affrontare il disagio
adolescenziale manifestato dalla rivolta delle banlieues,
prevede fra l’altro un abbassamento a 14 anni (oggi la
soglia è sui 16) dell’età minima per l’apprendistato.
I quattordicenni verranno dunque invitati a un’esperienza
di formazione triennale. Il primo anno sarà impiegato per
l’acquisizione di una base comune di conoscenze (francese,
matematica, storia, scienze, lingua straniera), e comprenderà
fra le dodici e le quindici settimane di “scoperta
dell’impresa”. I due anni successivi vedranno prevalere
l’esperienza diretta nell’impresa.
Nell’interpretazione autentica di Villepin,
“bisogna dare ai giovani la possibilità di esplorare
anche vie diverse da quelle della scuola, magari per
rientrarvi più tardi”. I regolamenti dei concorsi
amministrativi, inoltre, dovranno essere modificati in modo
da riconoscere anche esperienze diverse da quelle
scolastiche. L’iniziativa si pone evidentemente un duplice
obiettivo. Il primo è di rastrellare tutti quei ragazzi per
i quali la scuola si rivelerebbe comunque un fallimento,
proporre loro un’esperienza nuova che alla fine potrebbe
anche, maturandoli e rendendoli coscienti della necessità
di ritagliarsi un ruolo nella società, riportarli fra i
banchi. Il secondo obiettivo è l’offerta di una
formazione che possa aprire serie prospettive di lavoro. Si
tratta in definitiva di affrontare con la stessa arma
aspetti non secondari del disagio scolastico e del disagio
sociale.
Fredi
Sergent
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