FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2005

 
 

L’annuncio a sorpresa del primo ministro Dominique de Villepin: una nuova normativa che fra l’altro punta sulla responsabilità dei genitori per affrontare il nodo della dispersione scolastica – Assegni familiari sospesi in caso di inadempienza rispetto a uno standard concordato di assiduità alle lezioni e rendimento – Un’altra novità: ridotta l’età minima per l’apprendistato - Dopo la rivolta delle banlieues, si cerca di riannodare il filo della solidarietà sociale  

 

C‘era molta attesa per le novità che il primo ministro francese Dominique de Villepin avrebbe annunciato lo scorso primo dicembre in materia di organizzazione scolastica, e questa attesa non è certo andata delusa. Per combattere l’insoddisfacente rendimento medio della scuola, in particolare le lacune rivelate dai sondaggi fra gli adolescenti in materia di capacità di lettura e scrittura, e per aggredire un altro nodo, l’alto tasso di dispersione, il capo del governo francese ha deciso di mobilitare la responsabilità delle famiglie. Ai genitori dei ragazzi in difficoltà per ragioni di assenteismo, comportamenti irregolari, scarso rendimento, verrà proposto un “contratto di responsabilità” in cui saranno fissati degli obiettivi scelti con cura sulla base delle singole situazioni. Nel caso che questi obiettivi vengano mancati, saranno sospesi i versamenti degli assegni familiari, i relativi importi finiranno su un conto speciale, e potranno essere restituiti alla famiglia, unitamente alla ripresa dei regolari versamenti, soltanto dopo che la crisi sarà stata risolta con il raggiungimento degli obiettivi contrattuali.

L’innovazione è di notevole portata, e fa molto discutere in Francia. Da un lato se ne sottolinea il carattere di allargamento della responsabilità: se c’è dispersione scolastica, manda a dire il governo di Parigi, non è soltanto colpa della scuola, ma anche della famiglia che pretende di delegare ogni onere all’istituzione educativa, sia essa pubblica o privata. D’altra parte c’è chi rileva che l’applicazione di questa norma finirà inevitabilmente con il penalizzare famiglie che, non diversamente dai loro ragazzi, si trovano oggettivamente in difficoltà: per esempio quelle appartenenti alle comunità immigrate. E questo potrebbe comportare il rischio di un approfondimento del fossato sociale che divide gli stranieri e i francesi di recente naturalizzazione dalla massa tradizionale del popolo: categorie fra le quali già sono abissali le differenze in materia di reddito, sanità, occupazione.

Evidentemente consapevoli di questo rischio, i fautori della formula annunciata da Villepin, a cominciare dal ministro dell’educazione nazionale Gilles de Robien, sottolineano d’altra parte il dovere dello stato di incoraggiare e potenziare il ruolo della famiglia. Quel ruolo che in Francia è recentemente apparso in crisi in due sconvolgenti occasioni: nell’estate di due anni or sono, quando migliaia di anziani morirono a causa del caldo perché privi di assistenza familiare, e poco più di un mese fa, quando improvvisamente sono esplose le banlieues della capitale e di altre città dell’esagono. Una rivolta che rivela non soltanto un profondo malessere ma anche l’incapacità di gestirlo: quei giovani che esprimevano il rifiuto della propria emarginazione dando fuoco alle auto e alle scuole non avevano trovato in casa, evidentemente, una guida responsabile che favorisse la scelta di un comportamento sociale più corretto e più efficace.

Si tratta dunque di recuperare i principi e la prassi di una solidarietà sociale apparentemente smarrita che non può non partire dalla famiglia, nucleo originario della società, e non può non avere a oggetto la scuola. Quella scuola che con bello stile un po’ retorico, tipicamente francese, Villepin definisce “il luogo d’incontro della repubblica”.

Qualche giorno prima di lanciare il suo contratto di responsabilità, il primo ministro aveva annunciato un’altra iniziativa, ambiziosamente battezzata come “legge sull’uguaglianza di opportunità”. Motivata anch’essa dall’esigenza di affrontare il disagio adolescenziale manifestato dalla rivolta delle banlieues, prevede fra l’altro un abbassamento a 14 anni (oggi la soglia è sui 16) dell’età minima per l’apprendistato. I quattordicenni verranno dunque invitati a un’esperienza di formazione triennale. Il primo anno sarà impiegato per l’acquisizione di una base comune di conoscenze (francese, matematica, storia, scienze, lingua straniera), e comprenderà fra le dodici e le quindici settimane di “scoperta dell’impresa”. I due anni successivi vedranno prevalere l’esperienza diretta nell’impresa.

Nell’interpretazione autentica di Villepin, “bisogna dare ai giovani la possibilità di esplorare anche vie diverse da quelle della scuola, magari per rientrarvi più tardi”. I regolamenti dei concorsi amministrativi, inoltre, dovranno essere modificati in modo da riconoscere anche esperienze diverse da quelle scolastiche. L’iniziativa si pone evidentemente un duplice obiettivo. Il primo è di rastrellare tutti quei ragazzi per i quali la scuola si rivelerebbe comunque un fallimento, proporre loro un’esperienza nuova che alla fine potrebbe anche, maturandoli e rendendoli coscienti della necessità di ritagliarsi un ruolo nella società, riportarli fra i banchi. Il secondo obiettivo è l’offerta di una formazione che possa aprire serie prospettive di lavoro. Si tratta in definitiva di affrontare con la stessa arma aspetti non secondari del disagio scolastico e del disagio sociale.

                                                  Fredi Sergent  

 

 

 
 

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