Nel
più celebre distretto di New York City un’imprevista
inversione di tendenza ha visto crescere di oltre un
quarto, fra il 2000 e il 2004, la popolazione al di sotto
dei cinque anni – L’impetuoso incremento delle nascite
riguarda tutti, non è limitato alle comunità immigrate -
Il fenomeno, registrato proprio negli anni in cui la
metropoli americana ha vissuto con l’attacco dell’11
settembre l’esperienza più tragica della sua storia,
testimonia una vigorosa vitalità
Nell’ultimo decennio del ventesimo secolo la
popolazione infantile è costantemente diminuita anche a
Manhattan. La grande isola newyorkese, con il suo fascino
ultramoderno e la sua scintillante foresta di torri, non
poteva sottrarsi al destino caratteristico delle grandi e
piccole città occidentali: nascite sempre più rare e
società sempre più vecchia. Il suo ruolo tacitamente
riconosciuto di capitale del mondo (non certo dovuto al
fatto che ospita il quartier generale delle Nazioni
Unite…) e in particolare di capoluogo dell’Occidente,
sembrava destinarla a guidare anche questa tendenza. E così
è stato, fino al 2000.
Poi, improvvisa e inaspettata, la svolta. Nei primi
quattro anni del nuovo secolo il numero degli abitanti di età
inferiore ai cinque anni è aumentato a Manhattan del 26 per
cento. Fra le contee dello stato di New York, il più
celebre distretto della metropoli occupava nel 2000 il
cinquantottesimo posto, quanto a popolazione infantile:
quattro anni dopo è balzata all’undicesimo. Vive infatti
nell’isola fra l’Hudson e l’East River, nel cuore
della Grande mela, una città nella città: una città di
bambini sotto i cinque anni che conta 97mila abitanti, il
dato più alto dopo il baby boom degli anni Sessanta del
ventesimo secolo.
Verrebbe
naturale attribuire il fenomeno soprattutto alle comunità
immigrate, in particolare dominicani e messicani che vivono
numerosi a Manhattan e nel resto di New York City: gente a
reddito limitato e tradizionalmente prolifica. Ma non è così
o almeno non è soltanto così: il ritmo delle nascite è in
netta ripresa anche all’altra estremità dell’arco
sociale, fra i cittadini ricchi, compreso quel 16,4 per
cento delle famiglie del distretto con un reddito superiore
ai 200 mila dollari l’anno (anche qui c’è un progresso:
nel 2000 erano soltanto il 13,7 per cento). Si tratta dunque
di una netta evoluzione del costume, tanto più
significativa se si pensa all’altro evento che ha
contrassegnato nella Grande mela questo inizio di secolo e
di millennio: quell’attacco dell’11 settembre 2001 che
costituisce l’esperienza più tragica della storia di New
York.
Nel momento stesso in cui subisce la brutale
aggressione, la capitale dell’Occidente reagisce offrendo,
attraverso questo incremento delle nascite confermato anno
dopo anno, una vigorosa prova di vitalità. Le ragioni del
fenomeno sono varie, a cominciare dal fatto che secondo le
statistiche dell’Fbi New York è la più sicura, quanto a
insidie criminali, fra le grandi città americane. Inoltre
se è vero da un lato che questa città verticale offre
pochi spazi aperti ai giochi dei bambini, può vantare
dall’altro una vasta gamma di servizi, viene considerata
una città family-friendly, calibrata cioè sulle necessità
delle famiglie.
Fatto sta che negli ultimi anni si è interrotta la
tendenza a migrare dall’isola delle torri agli altri
distretti di New York City, per esempio a Brooklyn o a
Queens, o dall’altra parte dell’Hudson nel vicino New
Jersey, mentre si assiste al recupero di certi quartieri
degradati di Manhattan, come il Bronx o Harlem,
all’insegna di una rivitalizzazione di cui il rilancio
delle nascite non è che un aspetto, certo il più
appariscente.
Si noti che questo risveglio della natalità è
avvenuto nonostante il fatto che allevare bambini, qui come
nel resto di New York City e in tutte le città americane,
costa piuttosto caro. Un asilo privato a Manhattan può
costare più di ventimila dollari l’anno, e quando nasce
un bambino il semplice fatto di collocarlo in lista
d’attesa per la futura iscrizione può richiedere
l’esborso a fondo perduto di seimila dollari. Certi asili
subordinano l’iscrizione a un test d’intelligenza.
Inoltre nell’ampia offerta di servizi della metropoli si
registra un vuoto: nei centri day care, le scuole materne
riservate ai piccolissimi, non c’è posto per tutti ma
solo per un quinto dei potenziali fruitori, e il nuovo baby
boom sembra fatto apposta per complicare le cose. Al tempo
stesso rappresenta una sfida per una metropoli che ha sempre
saputo trarre partito dalle circostanze: se nell’isola dei
grattacieli vive una città nella città di centomila
bambini, presto o tardi l’offerta si adeguerà alla
domanda.
v.a.
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