Riflessioni sulla
sottrazione del primo e del secondo tipo – Le cose come
alternativa ai nomi delle cose, per arrivare alla verità
– Ecco la via più breve per tuffarsi nell’età della
pietra – Attraverso lo scambio dei ruoli, come andare in
cerca di significati sui sentieri della fantasia - Ma
perché Bush non si è informato, prima di fare la guerra
all’Irak? Avrebbe appreso che nel deserto possono
funzionare i miraggi e le lingue naturali, non la sua
lingua tecnologica
Dico
e penso a Gianni Rodari. Penso e dico:
"Un'operazione
fantastica molto produttiva è la sottrazione. I suoi
casi sono due: la scomparsa e lo smarrimento.
Esempio del primo caso: Scompare la luna. Perché?
Dov'è finita? Chi l'ha rapita? Che cosa ci costerà
ritrovarla? ... Dopo che Papa Giovanni, il Papa Buono,
si era affacciato dalla sua finestra di camera su piazza San
Pietro, su tutta quella folla che lo guardava in silenzio,
di notte, a un'ora che avevano acceso tutti i lumini, non
come cimiteri, ma come una piazza piena di risorti, e Lui
aveva detto: Quando andate a casa, fate una carezza ai
vostri bambini e dite: E' la carezza del Papa... subito
dopo, la luna, che il Papa Buono aveva indicato a tutti,
scompare ... Perché? Dov'è finita? Chi l'ha rapita? Che
cosa ci costerà ritrovarla?
Altro
esempio: Una mattina alle dieci, a Milano, scompare il
Duomo. Il cardinale Montini, che sarà papa dopo il Papa
Buono, si accorge che il Duomo di Milano è scomparso.
Conseguenze della scomparsa. Suo significato.
Provvedimenti. Soluzione del dramma.
Esempio
del secondo caso, lo smarrimento: Il signor Tizio,
tornando da una passeggiata con Caio e Sempronio, si accorge
di aver perduto un orecchio. O una scarpa. O la memoria del
suo indirizzo di casa. Eccetera.
Per questo genere di invenzioni sarà
bene procedere così. Primo: raccogliere ogni sorta di
suggerimenti sul tema scelto, senza alcun ordine, né
preoccupazioni di logica narrativa o d'altro genere.
Secondo: scegliere il punto di vista, cioè il personaggio
principale, come una sarta prende il punto di vita,
il caso particolare da cui si partirà per farne il perno
della storia".
Che
senso può avere un gioco del genere?
Ma
proprio il contrario di quello che sembra. Lo scrivo sopra
questo foglio su cui batto a macchina, fatto di carta:
"Se immaginiamo un mondo senza carta scopriamo, come
fosse la prima volta, tutti gli usi della carta, tutte le
azioni e situazioni umane che si reggono sulla carta. La
forma di queste storie è proprio quella della
ricerca".
Per
congegnare l’effetto fantastico della sottrazione,
proponevo a bambini e bambine del complesso
materna-elementare-media di Rovereto, di far scomparire le
parole.
"Com'è
bello il Silenzio!", dissi in un momento di assoluto
silenzio promesso e promosso. Feci sentire il suono luminoso
di una tromba dalle scale della scuola, da cui proveniva il
"Silenzio fuori ordinanza", come da fuori, dal
Rovereto ardente delle Alpi.
Il
primo progetto consisteva nel ridurre tutte le parole
polisillabiche a monosillabi, sottraendo verbi e participi
dal lessico, visto - come facevo notare ai bambini - che
tutte le cose immaginabili non sono che nomi inimmaginabili.
L'altro era un progetto schematico per abolire completamente
le parole.
"A
Lagado parlano con le cose", dicevo ai bambini dopo
aver letto un passo dei Viaggi di Gulliver a un passo
dalla loro ilarità: "Infatti, ogni parola che
pronunciamo provoca in certo grado un'azione corrosiva nei
polmoni, contribuendo ad abbreviarci la vita... Se le parole
altro non sono che nomi per le cose", dicevo,
"sarebbe stato più conveniente che gli uomini si
fossero portati appresso quelle cose di cui intendevano
parlare per ogni faccenda"…
Giovanni
fece osservare che l'unico uomo apparso sulla terra, capace
di parlare la lingua che parlano a Lagado con le cose, è
Gesù...
"Perché?",
gli chiesi.
E
l'interrogativo rimase sospeso in aula come il Crocifisso.
"Perché",
rispose la Veronica, una bambina, con un acume rarissimo:
"Si portò sulle spalle il patibolo, in perfetto
silenzio, e parlava con quel pezzo di legno".
"Un
altro uomo fu costretto a parlare come Gesù", dissi:
"Come si chiamava?".
Leggemmo
dal Vangelo:
"Nell'uscire,
s'imbatterono in un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo
costrinsero a portare la croce di Gesù".
"Questo
Simone, parlava con la croce come Gesù", dissi: "Non è un gioco psicologico, questo modo di parlare con
le cose, porta alla verità... Cos'è la verità?".
"La
verità è la vera età", rispose la Veronica,
ancora lei, parlando della sua nonna che si tingeva i
capelli.
"Tu,
sai
parlare con la testa, come la tua nonna?", domandai
alla Veronica: "Sai parlare coi capelli? con le mani,
con il naso?"
"Con
le mani sì", disse la Veronica. E parlò con le mani a
una bambina sordomuta, che era in classe con noi.
"E
parlare con il naso?", chiesi io: "Lo sai
fare?".
"
... Io lo so fare",
disse Giovanni: "Quando ho il singhiozzo, mi chiudo il
naso, faccio un respirone, e bevo un bicchiere
d'acqua".
"Tu,
sai bere con… il naso... non parlare", risposi,
mentre ridevamo nel gioco di parlare con le cose del corpo:
bracci, mani, naso, diti, gambe...
"Ma
torniamo alla bocca!", dissi io: "Scambiamo i
ruoli... Parli come badi!, diceva Totò".
"Di facile
lettura", direbbe Gianni Rodari, "è il gioco
psicologico, vero e proprio psicodramma, anche se di poche
pretese, che consiste nello scambio dei ruoli. Questa
mattina, per un’ora, il maestro sarà uno scolaro, e lo
scolaro Giancarlo sarà il maestro. Oppure: uno scolaro sarà
il maestro: altri due saranno due genitori ansiosi che
corrono a scuola perché hanno sentito dire che la scuola è
scomparsa... Molte verità sul rapporto tra bambini e
adulti possono essere scoperte solo se colte di sorpresa,
per così dire, sui sentieri della fantasia. Poi, col
materiale offerto dall'invenzione, diventa possibile la
discussione, il vero e proprio ragionamento di
ricerca".
"Lo
sapevi", chiesi a Veronica, "cosa significa il tuo
nome?"
"Cosa?"
...
"Hai
detto cosa senza nessun’altra cosa che te
stessa?", risposi a lei: "Icona vera,
significa".
Parlammo
delle cose e delle icone.
"A
ogni cosa corrisponde un'icona vera", dissi:
"Prima di parlare, bisogna guardare l'icona".
Veronica
rimase scossa, molto scossa, elettrizzata, dalla scomparsa
della scuola. Tutti rimanemmo elettrizzati, come pezzetti di
carta strofinati sulla plastica del guscio di una penna.
Passavamo le giornate al MART, il Museo d'arte moderna di
Rovereto e Trento, per non Deperire a causa del nostro stato
eccezionale di eccitazione.
Dicevo:
"Depero non ci farà Deperire!".
Chi
non conosce Depero, questo straordinario artista, pittore
regista teatrale di cose, vada al MART, perché: "C’è
vita su Mart".
Scomparsa
la scuola, altre giornate le passavamo a Lagado, un
posto in cui l'Adige, a causa della secca estiva, aveva
formato un'ansa piena di ciottoli e ghiaia.
"Ecco
come si fa a tornare all'Età della Pietra", dicevo ai ragazzi, "basta
mettersi nelle medesime condizioni degli uomini di allora,
quando vivevano lungo i corsi d'acqua e i ciottoli, le
selci, le pietre, erano le cose più abbondanti... Facevano
tutto con questi ciottoli... Fino a Davide, che uccise Golia
con un ciottolo lanciato con la fionda, che poteva essere la
cintola dei suoi pantaloni".
E parlavamo della Palestina e del
deserto arabico, dove si può vivere soprattutto nel tempo.
"Il miraggio... I miraggi, che avvengono per rifrazione
nel deserto", dicevo ai ragazzi, "avvengono nel tempo...
Vedete comparire l'antica Babilonia o un lago dell'Età
della Pietra, nei miraggi... Un sassolino che rotola già giù
dalla cima di una duna di sabbia, ha la capacità di
spostare la duna da un posto a quell'altro. Nel deserto,
l'uomo vive al centro dell'universo.
Lì nascono le lingue naturali, adatte alla
sopravvivenza, che Maometto sentiva parlare alle cose: ai
sassi… Le lingue naturali sono più forti, necessarie,
delle nostre tecnologiche... Se Bush mi avesse telefonato
per chiedermi se poteva fare la guerra all'Iraq, gli avrei
detto: Bushttino, non farla! ... Nel deserto, la tua lingua
tecnologica... la tua guerra tecnologica, non
funziona!". Così parlavo, e i ragazzi capivano tutto.
Giancarlo
scattò questa foto di Lagado:
Dall’icona
si capisce che avevamo trovato una lingua naturale che solo
i popoli provenienti dalle zone del Tigri e dell’Eufrate
sanno e-leggere come propria.
"Noi
non la sappiamo ancora leggere la lingua raffigurata
dell’icona di Giancarlo… Ma l’abbiamo vista… abbiamo
guardato una sua icona… Questo l’abbiamo fatto!". E
tornammo a scuola, persuasi di saper fare quello che era
necessario.
Filippo
Nibbi
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