FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2003

 
 

Riflessioni sulla sottrazione del primo e del secondo tipo – Le cose come alternativa ai nomi delle cose, per arrivare alla verità – Ecco la via più breve per tuffarsi nell’età della pietra – Attraverso lo scambio dei ruoli, come andare in cerca di significati sui sentieri della fantasia - Ma perché Bush non si è informato, prima di fare la guerra all’Irak? Avrebbe appreso che nel deserto possono funzionare i miraggi e le lingue naturali, non la sua lingua tecnologica

 

Dico e penso a Gianni Rodari. Penso e dico:

"Un'operazione fantastica molto produttiva è la sottrazione. I suoi casi sono due: la scomparsa e lo smarrimento. Esempio del primo caso: Scompare la luna. Perché? Dov'è finita? Chi l'ha rapita? Che cosa ci costerà ritrovarla? ... Dopo che Papa Giovanni, il Papa Buono, si era affacciato dalla sua finestra di camera su piazza San Pietro, su tutta quella folla che lo guardava in silenzio, di notte, a un'ora che avevano acceso tutti i lumini, non come cimiteri, ma come una piazza piena di risorti, e Lui aveva detto: Quando andate a casa, fate una carezza ai vostri bambini e dite: E' la carezza del Papa... subito dopo, la luna, che il Papa Buono aveva indicato a tutti, scompare ... Perché? Dov'è finita? Chi l'ha rapita? Che cosa ci costerà ritrovarla?

Altro esempio: Una mattina alle dieci, a Milano, scompare il Duomo. Il cardinale Montini, che sarà papa dopo il Papa Buono, si accorge che il Duomo di Milano è scomparso. Conseguenze della scomparsa. Suo significato. Provvedimenti. Soluzione del dramma.

Esempio del secondo caso, lo smarrimento: Il signor Tizio, tornando da una passeggiata con Caio e Sempronio, si accorge di aver perduto un orecchio. O una scarpa. O la memoria del suo indirizzo di casa. Eccetera.

Per questo genere di invenzioni sarà bene procedere così. Primo: raccogliere ogni sorta di suggerimenti sul tema scelto, senza alcun ordine, né preoccupazioni di logica narrativa o d'altro genere. Secondo: scegliere il punto di vista, cioè il personaggio principale, come una sarta prende il punto di vita, il caso particolare da cui si partirà per farne il perno della storia".

Che senso può avere un gioco del genere?

Ma proprio il contrario di quello che sembra. Lo scrivo sopra questo foglio su cui batto a macchina, fatto di carta: "Se immaginiamo un mondo senza carta scopriamo, come fosse la prima volta, tutti gli usi della carta, tutte le azioni e situazioni umane che si reggono sulla carta. La forma di queste storie è proprio quella della ricerca".

Per congegnare l’effetto fantastico della sottrazione, proponevo a bambini e bambine del complesso materna-elementare-media di Rovereto, di far scomparire le parole.

"Com'è bello il Silenzio!", dissi in un momento di assoluto silenzio promesso e promosso. Feci sentire il suono luminoso di una tromba dalle scale della scuola, da cui proveniva il "Silenzio fuori ordinanza", come da fuori, dal Rovereto ardente delle Alpi.

Il primo progetto consisteva nel ridurre tutte le parole polisillabiche a monosillabi, sottraendo verbi e participi dal lessico, visto - come facevo notare ai bambini - che tutte le cose immaginabili non sono che nomi inimmaginabili. L'altro era un progetto schematico per abolire completamente le parole.

"A Lagado parlano con le cose", dicevo ai bambini dopo aver letto un passo dei Viaggi di Gulliver a un passo dalla loro ilarità: "Infatti, ogni parola che pronunciamo provoca in certo grado un'azione corrosiva nei polmoni, contribuendo ad abbreviarci la vita... Se le parole altro non sono che nomi per le cose", dicevo, "sarebbe stato più conveniente che gli uomini si fossero portati appresso quelle cose di cui intendevano parlare per ogni faccenda"…

Giovanni fece osservare che l'unico uomo apparso sulla terra, capace di parlare la lingua che parlano a Lagado con le cose, è Gesù...

"Perché?", gli chiesi.

E l'interrogativo rimase sospeso in aula come il Crocifisso.

"Perché", rispose la Veronica, una bambina, con un acume rarissimo: "Si portò sulle spalle il patibolo, in perfetto silenzio, e parlava con quel pezzo di legno".

"Un altro uomo fu costretto a parlare come Gesù", dissi: "Come si chiamava?".

Leggemmo dal Vangelo:

"Nell'uscire, s'imbatterono in un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la croce di Gesù".

"Questo Simone, parlava con la croce come Gesù", dissi:  "Non è un gioco psicologico, questo modo di parlare con le cose, porta alla verità... Cos'è la verità?".

"La verità è la vera età", rispose la Veronica, ancora lei, parlando della sua nonna che si tingeva i capelli.

"Tu, sai parlare con la testa, come la tua nonna?", domandai alla Veronica: "Sai parlare coi capelli? con le mani, con il naso?"

"Con le mani sì", disse la Veronica. E parlò con le mani a una bambina sordomuta, che era in classe con noi.

"E parlare con il naso?", chiesi io: "Lo sai fare?".

" ... Io lo so fare", disse Giovanni: "Quando ho il singhiozzo, mi chiudo il naso, faccio un respirone, e bevo un bicchiere d'acqua". 

"Tu, sai bere con… il naso... non parlare", risposi, mentre ridevamo nel gioco di parlare con le cose del corpo: bracci, mani, naso, diti, gambe...

"Ma torniamo alla bocca!", dissi io: "Scambiamo i ruoli... Parli come badi!, diceva Totò".

"Di facile lettura", direbbe Gianni Rodari, "è il gioco psicologico, vero e proprio psicodramma, anche se di poche pretese, che consiste nello scambio dei ruoli. Questa mattina, per un’ora, il maestro sarà uno scolaro, e lo scolaro Giancarlo sarà il maestro. Oppure: uno scolaro sarà il maestro: altri due saranno due genitori ansiosi che corrono a scuola perché hanno sentito dire che la scuola è scomparsa... Molte verità sul rapporto tra bambini e adulti possono essere scoperte solo se colte di sorpresa, per così dire, sui sentieri della fantasia. Poi, col materiale offerto dall'invenzione, diventa possibile la discussione, il vero e proprio ragionamento di ricerca".

"Lo sapevi", chiesi a Veronica, "cosa significa il tuo nome?"

"Cosa?" ...

"Hai detto cosa senza nessun’altra cosa che te stessa?", risposi a lei: "Icona vera, significa".

Parlammo delle cose e delle icone.

"A ogni cosa corrisponde un'icona vera", dissi: "Prima di parlare, bisogna guardare l'icona".

Veronica rimase scossa, molto scossa, elettrizzata, dalla scomparsa della scuola. Tutti rimanemmo elettrizzati, come pezzetti di carta strofinati sulla plastica del guscio di una penna. Passavamo le giornate al MART, il Museo d'arte moderna di Rovereto e Trento, per non Deperire a causa del nostro stato eccezionale di eccitazione.

Dicevo: "Depero non ci farà Deperire!".

Chi non conosce Depero, questo straordinario artista, pittore regista teatrale di cose, vada al MART, perché: "C’è vita su Mart".

Scomparsa la scuola, altre giornate le passavamo a Lagado, un posto in cui l'Adige, a causa della secca estiva, aveva formato un'ansa piena di ciottoli e ghiaia.

"Ecco come si fa a tornare all'Età della Pietra", dicevo ai ragazzi, "basta mettersi nelle medesime condizioni degli uomini di allora, quando vivevano lungo i corsi d'acqua e i ciottoli, le selci, le pietre, erano le cose più abbondanti... Facevano tutto con questi ciottoli... Fino a Davide, che uccise Golia con un ciottolo lanciato con la fionda, che poteva essere la cintola dei suoi pantaloni".

E parlavamo della Palestina e del deserto arabico, dove si può vivere soprattutto nel tempo. "Il miraggio... I miraggi, che avvengono per rifrazione nel deserto", dicevo ai ragazzi, "avvengono nel tempo... Vedete comparire l'antica Babilonia o un lago dell'Età della Pietra, nei miraggi... Un sassolino che rotola già giù dalla cima di una duna di sabbia, ha la capacità di spostare la duna da un posto a quell'altro. Nel deserto, l'uomo vive al centro dell'universo.  Lì nascono le lingue naturali, adatte alla sopravvivenza, che Maometto sentiva parlare alle cose: ai sassi… Le lingue naturali sono più forti, necessarie, delle nostre tecnologiche... Se Bush mi avesse telefonato per chiedermi se poteva fare la guerra all'Iraq, gli avrei detto: Bushttino, non farla! ... Nel deserto, la tua lingua tecnologica... la tua guerra tecnologica, non funziona!". Così parlavo, e i ragazzi capivano tutto.

Giancarlo scattò questa foto di Lagado:

Dall’icona si capisce che avevamo trovato una lingua naturale che solo i popoli provenienti dalle zone del Tigri e dell’Eufrate sanno e-leggere come propria.

"Noi non la sappiamo ancora leggere la lingua raffigurata dell’icona di Giancarlo… Ma l’abbiamo vista… abbiamo guardato una sua icona… Questo l’abbiamo fatto!". E tornammo a scuola, persuasi di saper fare quello che era necessario.

                                                                       

 

                                                  Filippo Nibbi  

 

 

 
 

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