Ecco
due modi davvero diversi di affrontare il tema
dell’adeguamento ai tempi nuovi delle scritture
scolastiche – In Francia la nazione intera chiamata a un
grande dibattito dal quale scaturiranno le linee guida
della futura riforma – In Italia un pacchetto
preconfezionato calato dall’alto, e così la
mobilitazione non sollecitata a suo tempo si realizza a
cose fatte – Un altro insegnamento da Parigi: la lettura
come elemento centrale per il recupero della funzionalità
scolastica
Problema:
riformare la scuola, cioè individuare gli obiettivi
dell'organizzazione educativa e scegliere i mezzi con i
quali vanno perseguiti. Soluzione: ecco, di soluzioni ce ne
possono essere tante, quello che qui ci preme è
identificare il metodo appropriato per andarne in cerca, e
possibilmente centrare quella giusta. La cronaca di questi
anni ci pone di fronte due metodi contrastanti. Il primo è
quello italiano: la ricerca dei fini e dei mezzi
dell'istituzione scolastica viene affidata agli esperti, la
loro ricetta viene fatta propria dal governo, varata da un
parlamento distratto, finanziariamente gestita con la lesina
e imposta al paese, magari con una bella campagna
pubblicitaria. Il risultato si è visto l'ultimo sabato di
novembre a Roma, dove per iniziativa dei tre principali
sindacati è affluita una folla di centomila fra studenti,
insegnanti, personale non docente, genitori. Tutti uniti a
protestare contro una riforma preconfezionata calata
dall'alto, sulla quale è mancata la necessaria
concertazione delle categorie direttamente interessate:
appunto studenti, insegnanti, personale amministrativo,
famiglie.
Il corteo di Roma
prendeva di mira con i suoi slogan alcuni aspetti specifici
del disagio scolastico e della riforma: il suo privilegiare
la scuola privata rispetto alla pubblica, la divaricazione
obbligatoria che impone una scelta di vita a ragazzi di
12-13 anni chiamati a scegliere fra liceo e formazione
professionale, la fine del tempo pieno e del cosiddetto
tempo prolungato, il costo dei libri di testo, gli
inaccettabili risparmi sugli insegnanti di sostegno per i
disabili, l'insoddisfacente trattamento economico e
normativo dei docenti. Ma al di là dei singoli temi lo
spirito più generale della protesta prende di mira il
metodo. Le parti interessate rifiutano cioè il ruolo di
oggetto e rivendicano quello di soggetto, si vuole cioè che
la riforma venga elaborata a partire dal corpo sociale. Un
sindacalista invita il governo italiano a seguire l'esempio
di quello francese.
Ecco, la Francia:
di qui viene il secondo dei modelli che si contrappongono in
materia di definizione delle priorità educative e dei modi
di organizzare la scuola. Poiché si tratta di materia che
interessa non solo singoli gruppi di esperti, ma la società
nel suo insieme, è la società nel suo insieme che viene
chiamata a consulto. Il governo di Parigi prevede il varo,
entro alcuni anni, di una riforma generale del sistema. Per
prepararla, sarà prima condotta una vasta indagine nel
paese: l'intera popolazione sarà invitata a rispondere a
una serie di quesiti che sono attualmente in fase di
elaborazione da parte di un gruppo di specialisti incaricati
dal ministro dell'istruzione Luc Ferry. Per aiutare la gente
a districarsi fra le varie proposte sul tappeto, sarà
distribuita una pubblicazione contenente l'illustrazione di
tutti i temi connessi con l'organizzazione scolastica, le
finalità, gli strumenti.
Uno fra i temi al
centro dell'indagine è quello delicatissimo del carattere
laico della scuola, imposto all'attenzione del pubblico dai
ripetuti incidenti connessi con il divieto di portare in
classe il velo coranico, imposto alle allieve di religione
islamica delle scuole francesi. La vecchia legge di quasi
cento anni fa non prevedeva, per forza di cose, l'attuale
società interetnica e interculturale: s'impone dunque una
energica correzione di rotta. Altri argomenti che attendono
una messa a punto adeguata ai tempi la durata dell'obbligo
scolastico, che oggi si ferma ai 16 anni e si vorrebbe
portare a 18, e l'adozione di una base fondamentale di
conoscenze che nella scuola primaria dovrebbe essere
assicurata a tutti.
Questo zoccolo
duro del sapere dovrebbe essere uno strumento per lottare
contro l'insuccesso scolastico, o almeno contro le sue
manifestazioni più gravi. Molta enfasi è posta, nel
dibattito attualmente in corso in Francia, sull'importanza
della lettura. Si tratta di una riscoperta e di un rilancio
di questa fondamentale capacità, fondati sulla base di
alcune sconfortanti rivelazioni statistiche. Risulta infatti
che percentuali intollerabili della popolazione francese,
fra il cinque e il quaranta per cento, non sanno leggere, o
leggono con difficoltà, o non sanno scrivere, o scrivono in
modo scorretto e a volte incomprensibile. Si mettono dunque
a punto metodi innovativi sia per la prima alfabetizzazione
nella scuola primaria, sia per corsi di recupero ai quali è
affidata la sfida di recuperare, per quanto possibile, i
troppi naufraghi del cosiddetto analfabetismo di ritorno.
Sappiamo tutti che in materia di lettura se Parigi piange
figuriamoci se Roma ride: sarebbe bello se anche da noi si
prendesse atto di questa priorità, e se invece di
trastullarsi con le tre I chi ci governa si proponesse di
trasformare gli italiani in un popolo di lettori.
a.v.
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