L’accessibilità
ai contenuti web da parte di chi si trova in situazione di
handicap sensoriale, motorio o psichico-cognitivo è un
problema che riguarda, in tutto il mondo, circa mezzo
miliardo di persone – Nell’anno europeo del disabile,
bisogna insistere, per cominciare, sulla necessità che
tutti siano posti in condizione di potere accedere ai siti
della pubblica amministrazione – I tre livelli di
priorità nei quali si articolano le regole internazionali
di accessibilità
“C’è
vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova
tecnologia diventano per tutti” (Henry Ford). Ebbene,
dagli inizi degli anni ’90 di tempo ne è passato e se “il
fine ultimo del Web – doveva essere – migliorare
la nostra esistenza reticolare nel mondo”, come
affermava Tim Berners-Lee, uno dei padri fondatori del WWW (World
Wide Web), spesso si trascura o non ci si ferma più di
tanto a riflettere sul fatto che ad un numero considerevole
di persone, i disabili, circa mezzo miliardo in tutto il
mondo, è precluso l’utilizzo di internet.
A
questo punto ci sembra opportuno accennare, anche se solo
brevemente, ai maggiori problemi che possono incontrare le
varie categorie di disabili nell’utilizzo di un computer.
Le persone in situazione di handicap possono essere
classificate in:
-
disabili sensoriali (vista e udito)
-
disabili motori
-
disabili psichici e cognitivi.
Ognuna di queste
tipologie presenta problematiche specifiche. Mentre per i
non vedenti i maggiori ostacoli derivano dal dover
selezionare le parti testuali e “rileggere” in forma
sequenziale ciò che un utente normodotato riesce a cogliere
in forma panoramica sullo schermo, per i sordi gli ostacoli
derivano dall’impiego crescente di file sonori sempre più
integrati con la componente grafica, basti pensare ai siti
realizzati ricorrendo alla tecnologia Flash.
Discorso molto più
complesso quello delle disabilità motorie e psichiche, in
quanto le problematiche sono molto più numerose e
variegate: da modeste paralisi ad un arto, a distonie, a
mobilità residua quasi nulla, all’incapacità di
comprendere pagine web complesse, etc.
In molti casi la
tecnologia ha dato un notevole aiuto, basti pensare a Screen
Reader, sintesi vocale, barra Braille, Lynx (browser
testuale), tastiere espanse, linguaggi iconici o ideografici
alternativi (simboli di Bliss), scroll bars, etc.
Interessante, a
questo punto, ci sembra distinguere tra accessibilità ed
usabilità, onde evitare un uso equivoco dei termini. Un
sito web è usabile quando è stato costruito seguendo
criteri scientifici atti a fornire semplicità di utilizzo e
navigabilità ed un adeguato livello di comprensione dei
contenuti. Per accessibilità, invece, è da intendersi la
possibilità di renderlo visitabile a qualsiasi soggetto a
prescindere dalle difficoltà sia fisiche (disabilità
dell’utente) che tecnologiche (computer obsoleti, browser,
velocità di connessione).
Pensare che la
progettazione di siti accessibili sia necessaria per
favorire esclusivamente gli utenti disabili è alquanto
limitativo, infatti siti che rispondano ai criteri
dell’accessibilità andranno incontro ad un pubblico ampio
di cui gli utenti disabili sono soltanto una minima parte
dei beneficiari.
In una società
che vede crescere in modo esponenziale l’impiego di
internet, sia a livello di uso familiare che scolastico o
lavorativo, si comprende ancor più facilmente come il
discorso sull’accessibilità dei siti web non possa che
investire anche problematiche relative a “barriere
virtuali”, per molti versi più pericolose e più subdole,
proprio perché meno appariscenti, di quelle
architettoniche.
Come ben si sa,
oltre ad un sostegno morale occorre anche un apporto
legislativo: discorso questo talmente attuale se si pensa
che il 2003 è l’Anno Europeo del Disabile. Nel
nostro Paese la prima normativa relativa all’accessibilità
è stata la CM 3/2001 meglio nota come Circolare Bassanini,
la quale invitava i webmasters della pubblica
amministrazione ad attenersi alle regole WAI. Ad essa hanno
fatto seguito alcune proposte di legge fra cui la
Campa-Palmieri del 16 dicembre 2002 che prevedeva
l’obbligo, per i siti web di pubblica utilità, di
adottare le regole di accessibilità pena una sanzione da
500 a 3000 euro. In data 16 ottobre 2003
è stato approvato in Parlamento, all’unanimità,
un testo unificato di tutte le proposte di legge presentate
in Italia a partire dal 2001. Tra queste figura il disegno
di legge presentato dal Ministro per l’Innovazione e le
Tecnologie Lucio Stanca, il quale ipotizza una sorta di
“bollino blu” di cui il responsabile del sito o del
prodotto informatico potrà fregiarsi dopo aver sottoposto
il proprio materiale ad una prova di accessibilità. Tale
attestazione, secondo l’intento del legislatore, non solo
sarà simbolo di qualità, ma anche di benemerenza, che
opportunamente sfruttata a fini pubblicitari potrà
funzionare come leva di stimolo e di promozione.
Il discorso più
importante, tuttavia, ci
sembra non tanto quello di ottenere il suddetto
“bollino”, quanto quello di avvertire la necessità di
adeguare i siti della pubblica amministrazione, tra cui
figurano scuole, ospedali, enti statali, regioni, comuni,
etc. alle regole dell’accessibilità.
Senza entrare
troppo in discorsi tecnici, che ci porterebbero davvero
lontano e che esulano dal contesto in questione, occorre
affermare che le “regole di accessibilità” non possono
che essere le “Linee-guida per l’accessibilità ai
contenuti Web” che vanno sotto la sigla WAI (Web
Accessibility Initiative), elaborate nel 1999 dal W3C (World
Wide Web Consortium),
l’ente che a livello mondiale stabilisce le regole
del web.
Suddette “linee
guida” sono in tutto quattordici e comprendono i punti di
controllo (ossia le caratteristiche principali di un
elemento da cui dipende il livello di accessibilità) che, a
loro volta, sono divisi in tre categorie o livelli di
priorità. Riportiamo di seguito le definizioni così come
sono state tradotte dall’AIB
(Associazione Italiana Biblioteche):
[Priorità 1]
Lo
sviluppatore di contenuti Web deve conformarsi al
presente punto di controllo. In caso contrario, a una o più
categorie di utenti viene precluso l'accesso alle
informazioni presenti nel documento. La conformità a questo
punto di controllo costituisce un requisito base affinché
alcune categorie di utenti siano in grado di utilizzare
documenti Web. (Questo livello minimo è denominato
Conformità “A”).
[Priorità 2]
Lo
sviluppatore di contenuti Web dovrebbe
conformarsi a questo punto di controllo. In caso contrario
per una o più categorie di utenti risulterà difficile
accedere alle informazioni nel documento. La conformità a
questo punto consente di rimuovere barriere significative
per l'accesso a documenti Web.
(Suddetto
livello è denominato Conformità “AA”).
[Priorità 3]
Lo
sviluppatore di contenuti Web può tenere
in considerazione questo punto di controllo. In caso
contrario, una o più categorie di utenti sarà in qualche
modo ostacolata nell'accedere alle informazioni presenti nel
documento. La conformità a questo punto migliora l'accesso
ai documenti Web. (Questo livello è denominato Conformità
“AAA”).
Da come si
evince, suddette indicazioni sono rivolte essenzialmente a
chi progetta o gestisce siti web ed è
importante notare che i livelli di conformità
vengono indicati in modalità testuale, in modo da poter
essere comprensibili anche agli utenti che utilizzano la
sintesi vocale.
Che i criteri di
accessibilità di un sito non rientrino ancora in un
circuito commerciale ne è prova il fatto che aziende come
la Microsoft e
la Netscape Communication, che fanno parte del Consorzio W3C
– che abbiamo visto essere l’ente che gestisce e
diffonde le regole in materia di accessibilità alle pagine
web – commercializzi i propri editor html (FrontPage e
Composer) senza la minima dotazione atta a facilitare il
lavoro degli sviluppatori che sono chiamati a compiere e
garantire l’accessibilità dei prodotti da loro
realizzati.
Come fare allora
per “testare” l’accessibilità di un sito? Pur
ammettendo la possibilità remota che un webmaster possa
controllare personalmente la rispondenza del proprio sito
alle regole WAI, in genere si utilizzano i cosiddetti “validatori”,
ossia software deputati ad effettuare il controllo del
codice html sia offline che, ed è il caso più frequente,
online. Tra i maggiori validatori citiamo: The
W3C MarkUp Validation Service, Bobby
e l’italiano Torquemada.
Tuttavia, ci
preme sottolineare che probabilmente il grado di
accessibilità non risiede soltanto o esclusivamente nelle
caratteristiche tecniche di un sito, ma anche nei suoi
contenuti, e questo nessun software, per quanto efficiente,
potrà mai misurarlo. Forse sarebbe il caso di immaginare
una nuova figura professionale il “facilitatore
d’accesso” come direbbe Gianni degli Antoni. A questo
tipo di figura verrebbe delegato il compito di mediare e di
far incontrare al più alto livello possibile
necessità specialistiche ed esigenze di chiarezza e
di informazione. Ma
per questo occorre tanta sensibilità ed un diverso
atteggiamento mentale che affonda le sue radici nei concetti
di uguaglianza e di giustizia sociale che un cittadino che
voglia definirsi tale non può ignorare.
In conclusione,
ci auguriamo che le nuove tecnologie non possano divenire un
nuovo fronte di disagio e di esclusione, per categorie già
di per se penalizzate, nel lavoro e nelle relazioni sociali.
Clemente
Porreca
|