FOGLIO LAPIS - DICEMBRE - 2003

 
 

L’accessibilità ai contenuti web da parte di chi si trova in situazione di handicap sensoriale, motorio o psichico-cognitivo è un problema che riguarda, in tutto il mondo, circa mezzo miliardo di persone – Nell’anno europeo del disabile, bisogna insistere, per cominciare, sulla necessità che tutti siano posti in condizione di potere accedere ai siti della pubblica amministrazione – I tre livelli di priorità nei quali si articolano le regole internazionali di accessibilità

 

C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti” (Henry Ford). Ebbene, dagli inizi degli anni ’90 di tempo ne è passato e se “il fine ultimo del Web – doveva essere – migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo”, come affermava Tim Berners-Lee, uno dei padri fondatori del WWW (World Wide Web), spesso si trascura o non ci si ferma più di tanto a riflettere sul fatto che ad un numero considerevole di persone, i disabili, circa mezzo miliardo in tutto il mondo, è precluso l’utilizzo di internet.

A questo punto ci sembra opportuno accennare, anche se solo brevemente, ai maggiori problemi che possono incontrare le varie categorie di disabili nell’utilizzo di un computer. Le persone in situazione di handicap possono essere classificate in:

-         disabili sensoriali (vista e udito)

-         disabili motori

-         disabili psichici e cognitivi.

Ognuna di queste tipologie presenta problematiche specifiche. Mentre per i non vedenti i maggiori ostacoli derivano dal dover selezionare le parti testuali e “rileggere” in forma sequenziale ciò che un utente normodotato riesce a cogliere in forma panoramica sullo schermo, per i sordi gli ostacoli derivano dall’impiego crescente di file sonori sempre più integrati con la componente grafica, basti pensare ai siti realizzati ricorrendo alla tecnologia Flash.

Discorso molto più complesso quello delle disabilità motorie e psichiche, in quanto le problematiche sono molto più numerose e variegate: da modeste paralisi ad un arto, a distonie, a mobilità residua quasi nulla, all’incapacità di comprendere pagine web complesse, etc.

In molti casi la tecnologia ha dato un notevole aiuto, basti pensare a Screen Reader, sintesi vocale, barra Braille, Lynx (browser testuale), tastiere espanse, linguaggi iconici o ideografici alternativi (simboli di Bliss), scroll bars, etc.

Interessante, a questo punto, ci sembra distinguere tra accessibilità ed usabilità, onde evitare un uso equivoco dei termini. Un sito web è usabile quando è stato costruito seguendo criteri scientifici atti a fornire semplicità di utilizzo e navigabilità ed un adeguato livello di comprensione dei contenuti. Per accessibilità, invece, è da intendersi la possibilità di renderlo visitabile a qualsiasi soggetto a prescindere dalle difficoltà sia fisiche (disabilità dell’utente) che tecnologiche (computer obsoleti, browser, velocità di connessione).

Pensare che la progettazione di siti accessibili sia necessaria per favorire esclusivamente gli utenti disabili è alquanto limitativo, infatti siti che rispondano ai criteri dell’accessibilità andranno incontro ad un pubblico ampio di cui gli utenti disabili sono soltanto una minima parte dei beneficiari.

In una società che vede crescere in modo esponenziale l’impiego di internet, sia a livello di uso familiare che scolastico o lavorativo, si comprende ancor più facilmente come il discorso sull’accessibilità dei siti web non possa che investire anche problematiche relative a “barriere virtuali”, per molti versi più pericolose e più subdole, proprio perché meno appariscenti, di quelle architettoniche.

Come ben si sa, oltre ad un sostegno morale occorre anche un apporto legislativo: discorso questo talmente attuale se si pensa che il 2003 è l’Anno Europeo del Disabile. Nel nostro Paese la prima normativa relativa all’accessibilità è stata la CM 3/2001 meglio nota come Circolare Bassanini, la quale invitava i webmasters della pubblica amministrazione ad attenersi alle regole WAI. Ad essa hanno fatto seguito alcune proposte di legge fra cui la Campa-Palmieri del 16 dicembre 2002 che prevedeva l’obbligo, per i siti web di pubblica utilità, di adottare le regole di accessibilità pena una sanzione da 500 a 3000 euro. In data 16 ottobre 2003  è stato approvato in Parlamento, all’unanimità, un testo unificato di tutte le proposte di legge presentate in Italia a partire dal 2001. Tra queste figura il disegno di legge presentato dal Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca, il quale ipotizza una sorta di “bollino blu” di cui il responsabile del sito o del prodotto informatico potrà fregiarsi dopo aver sottoposto il proprio materiale ad una prova di accessibilità. Tale attestazione, secondo l’intento del legislatore, non solo sarà simbolo di qualità, ma anche di benemerenza, che opportunamente sfruttata a fini pubblicitari potrà funzionare come leva di stimolo e di promozione.

Il discorso più importante, tuttavia,  ci sembra non tanto quello di ottenere il suddetto “bollino”, quanto quello di avvertire la necessità di adeguare i siti della pubblica amministrazione, tra cui figurano scuole, ospedali, enti statali, regioni, comuni, etc. alle regole dell’accessibilità.

Senza entrare troppo in discorsi tecnici, che ci porterebbero davvero lontano e che esulano dal contesto in questione, occorre affermare che le “regole di accessibilità” non possono che essere le “Linee-guida per l’accessibilità ai contenuti Web” che vanno sotto la sigla WAI (Web Accessibility Initiative), elaborate nel 1999 dal W3C (World Wide Web Consortium),  l’ente che a livello mondiale stabilisce le regole del web.

Suddette “linee guida” sono in tutto quattordici e comprendono i punti di controllo (ossia le caratteristiche principali di un elemento da cui dipende il livello di accessibilità) che, a loro volta, sono divisi in tre categorie o livelli di priorità. Riportiamo di seguito le definizioni così come sono state tradotte dall’AIB (Associazione Italiana Biblioteche):

[Priorità 1]

Lo sviluppatore di contenuti Web deve conformarsi al presente punto di controllo. In caso contrario, a una o più categorie di utenti viene precluso l'accesso alle informazioni presenti nel documento. La conformità a questo punto di controllo costituisce un requisito base affinché alcune categorie di utenti siano in grado di utilizzare documenti Web. (Questo livello minimo è denominato Conformità “A”).

[Priorità 2]

Lo sviluppatore di contenuti Web dovrebbe conformarsi a questo punto di controllo. In caso contrario per una o più categorie di utenti risulterà difficile accedere alle informazioni nel documento. La conformità a questo punto consente di rimuovere barriere significative per l'accesso a documenti Web. (Suddetto livello è denominato Conformità “AA”).

[Priorità 3]

Lo sviluppatore di contenuti Web può tenere in considerazione questo punto di controllo. In caso contrario, una o più categorie di utenti sarà in qualche modo ostacolata nell'accedere alle informazioni presenti nel documento. La conformità a questo punto migliora l'accesso ai documenti Web. (Questo livello è denominato Conformità “AAA”).

 

Da come si evince, suddette indicazioni sono rivolte essenzialmente a chi progetta o gestisce siti web ed è  importante notare che i livelli di conformità vengono indicati in modalità testuale, in modo da poter essere comprensibili anche agli utenti che utilizzano la sintesi vocale.

Che i criteri di accessibilità di un sito non rientrino ancora in un circuito commerciale ne è prova il fatto che aziende come la Microsoft  e la Netscape Communication, che fanno parte del Consorzio W3C – che abbiamo visto essere l’ente che gestisce e diffonde le regole in materia di accessibilità alle pagine web – commercializzi i propri editor html (FrontPage e Composer) senza la minima dotazione atta a facilitare il lavoro degli sviluppatori che sono chiamati a compiere e garantire l’accessibilità dei prodotti da loro realizzati.

Come fare allora per “testare” l’accessibilità di un sito? Pur ammettendo la possibilità remota che un webmaster possa controllare personalmente la rispondenza del proprio sito alle regole WAI, in genere si utilizzano i cosiddetti “validatori”, ossia software deputati ad effettuare il controllo del codice html sia offline che, ed è il caso più frequente, online. Tra i maggiori validatori citiamo: The W3C MarkUp Validation Service, Bobby e l’italiano Torquemada.

Tuttavia, ci preme sottolineare che probabilmente il grado di accessibilità non risiede soltanto o esclusivamente nelle caratteristiche tecniche di un sito, ma anche nei suoi contenuti, e questo nessun software, per quanto efficiente, potrà mai misurarlo. Forse sarebbe il caso di immaginare una nuova figura professionale il “facilitatore d’accesso” come direbbe Gianni degli Antoni. A questo tipo di figura verrebbe delegato il compito di mediare e di far incontrare al più alto livello possibile  necessità specialistiche ed esigenze di chiarezza e di informazione.  Ma per questo occorre tanta sensibilità ed un diverso atteggiamento mentale che affonda le sue radici nei concetti di uguaglianza e di giustizia sociale che un cittadino che voglia definirsi tale non può ignorare.

In conclusione, ci auguriamo che le nuove tecnologie non possano divenire un nuovo fronte di disagio e di esclusione, per categorie già di per se penalizzate, nel lavoro e nelle relazioni sociali.

 

                                                  Clemente Porreca  

 

 

 
 

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