FOGLIO LAPIS - DICEMBRE 2002

 
 

Un’indagine rivela che l’approccio agonistico con cui i giovani affrontano le discipline sportive porta molti di loro a considerare acriticamente il ricorso a sostanze dannose – Si forma così una pericolosa “mentalità dopante” – Una corretta conoscenza dei rischi può indurre a salutari modificazioni del comportamento – Un altro allarme scientifico su cui torneremo: gli effetti devastanti delle “sostanze d’abuso” (droghe, alcol, fumo) sulla funzione sessuale

 

All’inizio non ne sapevano nulla”, dice Mariella Sturniolo. Si riferisce ai 250 ragazzi, allievi di scuola media in alcuni comuni calabresi, sui quali nel corso del passato anno scolastico è stata condotta un’indagine conoscitiva di vitale interesse. La dott.ssa Sturniolo e gli altri ricercatori impegnati nello studio (M. Carlucci, R. Tallarico, C.Sturniolo e A. Papini), si proponevano di studiare l’incidenza dei fattori che predispongono o favoriscono la “mentalità dopante”: cioè la tendenza a considerare normale l’assunzione di sostanze destinate a migliorare le prestazioni sportive. Si trattava inoltre di evidenziare i comportamenti a rischio, correlati con l’età, il sesso, lo sport praticato e la conoscenza delle sostanze, e di verificare la ricezione delle informazioni su questa materia.

I risultati sono insieme interessanti e preoccupanti. Tanto per cominciare, sottolinea la dott.ssa Sturniolo, quella mentalità dopante esiste ed è piuttosto radicata. Frutto di scarsa informazione, e soprattutto di una “falsa propaganda salutistica dello sport ad ogni costo e con ogni mezzo”. Ma esiste anche, fortunatamente, la disponibilità a prendere atto della realtà, una volta che i ragazzi ne siano venuti a conoscenza, e a considerare con più attenzione la necessità di vedere la pratica sportiva come una liberazione di energia “in modo ottimale, senza ricorrere a sostanze esogene”. Riconducendo così lo sport, depurato dei suoi eccessi agonistici, entro i limiti essenziali dell’igiene.

Veniamo al dettaglio. Dei 250 ragazzi considerati (età fra gli 11 e i 15 anni), 213 praticano sport, vale a dire l’85,2%. Il 39,9% di costoro (cioè il 34% del campione) lo fa in forma agonistica. Intendono lo sport come “necessario per migliorare lo stato di salute” ma si riscontra anche “l’errata convinzione che, in età prepubere, sia salutare per la crescita praticare uno sport a livello agonistico”. Il 16,8% fa sport per vincere, il 45% considera utile un’alimentazione particolare durante gli allenamenti, ma senza integratori, il 12,4% farebbe uso anche di questi. Il 79,2% conosce sostanze destinate a migliorare il rendimento fisico, il 33% definisce il doping l’assunzione di farmaci da parte dell’atleta, il 72,4% sa che il doping migliora le prestazioni, il 62,8% sa che è vietato, il 61,2% lo considera una pratica scorretta, il 22,4% al contrario lo ritiene giusto, in quanto scelta personale dell’atleta. Il 15% giustifica l’assunzione di sostanze a base di GH (l’ormone della crescita) perché, come dice il nome, fanno crescere.

Riguardo alla concezione dello sport, molti ragazzi non sono affatto d’accordo con il barone De Coubertin (“importante è gareggiare, non vincere”). Infatti il 24% è convinto che la vittoria deve essere raggiunta a ogni costo, il 23,2% si dichiara disposto anche a durissimi allenamenti per migliorare le prestazioni, infine il 6,8% “userebbe qualsiasi sostanza per raggiungere l’obiettivo”. La maggior parte dei ragazzi che praticano sport (prevalentemente calcio e calcetto) insegue un modello, identificato in uno dei miti dello sport-spettacolo, mentre la presenza di un atleta-simbolo è meno diffusa fra le ragazze. In definitiva, fra molte carenze informative e concezioni assai approssimative sul ruolo degli integratori e delle sostanze dopanti, emerge da questa indagine anche il riconoscimento da parte dei ragazzi del ruolo dell’esperto, la disponibilità ad ascoltarlo, a prendere atto del rischio doping e a comportarsi di conseguenza. Si conferma insomma una volta ancora, conclude la dott.ssa Sturniolo attualmente impegnata in una ricerca analoga fra i piccoli di quarta e quinta elementare, il ruolo essenziale di una corretta informazione.

Nel prossimo numero di questo periodico illustreremo un altro allarme di estremo interesse: un gruppo di specialisti ha analizzato gli effetti negativi delle cosiddette “sostanze d’abuso” sulla salute genitale maschile e in particolare sulla funzione sessuale. Esaminando gli effetti delle droghe classiche (eroina, cocaina e cannabis) e di quelle nuove (amfetamine, LSD, ecstasy), ma anche degli alcolici e del fumo di sigaretta, gli studiosi sono giunti alla conclusione che tutte queste sostanze hanno sicuramente influenza sulla funzione sessuale e riproduttiva maschile, e che questa influenza è negativa. Questa realtà potrebbe essere la base di una prevenzione non basata su astratti moralismi o allarmi generici (attenti, la droga fa male), ma sulla diffusione di una consapevolezza assai concreta: la droga, qualsiasi droga, alla lunga rende impotenti. È necessario che i ragazzi lo sappiano.

                                a.v.

 

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