L’incontro
di Mario Caniglia, l’imprenditore siciliano che ha detto
no al ricatto delle cosche, con un pubblico attentissimo
di 400 alunni di terza media– Per battere la criminalità
organizzata, ha detto loro Caniglia, ci vuole il vostro
entusiasmo: perché “la mafia ha paura di voi” –
Pubblichiamo le prime riflessioni di alcuni fra quei
ragazzi – Nostra intervista al procuratore nazionale
antimafia Pier
Luigi Vigna:
il ruolo essenziale dell’educazione alla legalità
Arezzo,
26 novembre 2002: l’auditorium della scuola media
“Francesco Severi” è gremito di ragazzi. Sono gli
alunni di terza media di alcune scuole cittadine, venuti
per ascoltare Mario Caniglia, l’imprenditore siciliano
che si oppose alle intimidazioni mafiose denunciando
coloro che intendevano estorcergli il “pizzo”, ed è
oggi una delle figure di punta del movimento antiracket.
Sono in quattrocento, e ascoltano senza fiatare il
racconto di un uomo che dice di sé “non mi definirei
coraggioso”, eppure ha sconfitto la paura, ha resistito
al ricatto e ha portato in tribunale i suoi persecutori.
Nonostante il fatto che è costretto a vivere sotto
scorta, oggi Caniglia può affermare: “io sono un uomo
libero, se avessi ceduto, sarei uno schiavo”. Con la sua
semplice esposizione priva di retorica, Caniglia ha
conquistato la platea, che alla fine lo assedia con le sue
domande.
La
Lapis, che ha organizzato questo incontro, si augura che
sia il primo di una lunga serie, in tutte le città
d’Italia. Sulla manifestazione di Arezzo è disponibile
un video: a richiesta delle scuole interessate forniremo
le coordinate della ditta che lo ha prodotto. Questo
periodico è infine aperto ai testi dei ragazzi che,
secondo il suggerimento del procuratore Vigna, siano stati
invitati a una riflessione su questo incontro con la realtà
della mafia. Cominciamo col pubblicare qui di seguito ciò
che hanno scritto alcuni fra i 400 ragazzi che hanno
ascoltato Caniglia il 26 novembre.
Un’esperienza
che mi ha segnato e che dovrebbe segnare tutti è stato
l’incontro con Mario Caniglia, una persona così
semplice e così umile, ma con un coraggio ed una forza
forse superiori a qualsiasi licenza di studio. Un
contadino con la 5° elementare ha saputo dire no ad uno
sporco ricatto della mafia. Durante il suo racconto ha
rivelato a 400 ragazzi tredicenni, ammutoliti al suono
delle sue semplici ed umili parole, come sia frequente che
la mafia ricatti contadini, imprenditori
e capi di piccole aziende, chiedendo loro cifre
esorbitanti in cambio di una “assicurazione a copertura
totale”.
Bè, Mario
Caniglia ha detto no, e dopo aver stabilito un piano ben
preciso coi carabinieri, ha finto di trattare ed ha
ottenuto dalla prima richiesta di 50 milioni una seconda
di 20 milioni, ed una terza di 5 milioni. D’accordo con
la polizia e con una microspia addosso, ha voluto
incontrare i suoi estortori e si è finto un ex mafioso
dicendo di avere amici importanti… Tornato a casa, ha
trovato una situazione provocata da alcuni equivoci che
avevano portato la polizia a sospettare di lui. Così, per
un breve periodo, era solo contro lo stato e contro la
mafia. Risolto l’equivoco, lo stato gli offrì
protezione. Dopo poco i suoi estortori vennero arrestati.
Ma lui vive
ancora dove abitava prima, e dice di essere libero anche
se vive sotto scorta. Queste sono le conseguenze, ma ha
avuto lo stesso la forza di dire no. Oltre tutto ha
ricevuto molte minacce, ed i suoi compaesani lo hanno
offeso con parole molto pesanti in Sicilia:”cornuto,
poliziotto, sbirro”. Era solo, ma “c’era lo
stato”, come lui ha più volte affermato. Quando sente
notizie sui disastri commessi dalla mafia, si chiede:
perché succede ancora? Solo noi generazione di oggi
possiamo fare in modo che questo non accada più, con
piccoli gesti, denunciando ogni forma di prepotenza e
combattendola. Solo così la mafia non esisterà più.
Giada Alterini
Martedì 26
novembre 2002 è stata una data importante, da ricordare.
Diverse classi di Arezzo, tra cui la mia, sono andate
nell’auditorium della scuola media Francesco Severi. Lì
ci aspettava Mario Caniglia, venuto apposta per noi. Ci ha
raccontato la sua storia: eravamo un pubblico certo
difficile da gestire, ma le sue parole cadevano nel
silenzio più assoluto, non un brusio. Lui è stato
ricattato dalla mafia, ma si è rifiutato di pagare il
pizzo. Ha denunciato immediatamente tutto allo stato,
rischiando tantissimo. Con una grande forza di volontà è
riuscito a fare arrestare i suoi estortori, e vive
scortato da quattro anni.
Nonostante ciò,
lui afferma di essere libero, e lo è: non si è reso
schiavo degli sporchi ricatti ai quali è stato
sottoposto. Con parole semplici e bellissime ci ha fatto
capire come si puo’ combattere tutto questo. Ha detto
che la mafia ha paura di noi, noi ragazzi. Possiamo
iniziare a combattere queste ingiustizie anche subito:
denunciando ogni piccola cosa e non accettando nessuna
specie di prepotenza. In questo modo possiamo iniziare ad
agire anche noi.
É
stata un’esperienza bellissima e istruttiva per tutti;
un’esperienza da ricordare.
Laura Venturi
Con
la mia classe martedì siamo andati alla scuola Francesco
Severi. C’era un uomo, Mario Caniglia, che diversi anni
fa ha ricevuto minacce da mafiosi siciliani. Lui è un
imprenditore proprietario di un grande aranceto ottenuto
lavorando, un po’ per volta. In quel periodo aveva
cominciato a guadagnare di più, e fu così che la mafia
iniziò a ricattarlo.
Caniglia
ricevette molte intimidazioni telefoniche, ma lui non le
accettò e chiamò i carabinieri. Ricevette altre minacce,
ma lui si rifiutò categoricamente di scendere a patti e,
aiutato dalla polizia, riuscì infine a fare arrestare i
suoi estortori. Da quattro anni vive sotto scorta.
Questa
“manifestazione” mi è piaciuta molto, ed è stata
molto importante per capire cos’è veramente la mafia,
come agisce (basandosi sulla paura) e come si puo’
sconfiggere. Credo inoltre che all’inizio quasi tutti
gli alunni la vedevano come una via di fuga, un modo per
perdere ore di lezione, mentre poi si è rivelato un
evento importante e di grande interesse per tutti.
Valeria Moretti
|