In
una vibrante lettera aperta pubblicata nella
“Musicheria” (www.csmdb.it), Maurizio Spaccazocchi
denuncia il dilagante disinteresse per l’educazione
musicale nel nostro sistema scolastico – In una società
di valori legati al denaro, viene così trascurata la
possibilità di offrire ai ragazzi il modo di aprire le
porte emozionali, di esprimere il piacere o il disagio di
vivere
Perché
vivere la musica a scuola in una società che ha da tempo
acquisito la capacità di occultare le ideologie, di
esaltare l’inutile al posto dell’utile, di confondere
l’identità vitale con quella sociale, di volgarizzare
nella grande vetrina televisiva non solo le fisiche intimità
ma anche i pensieri nostri più reconditi, di confondere il
sapere umano con una decina di risposte quiz che potrebbero
nel giro di pochi secondi anche riempirci di milioni? Perché
pensare di vivere la musica a scuola quando un calciatore
“becca” 10 miliardi l’anno per tirare una palla dentro
una rete e, nello stesso istante, quintali di droga scorrono
dentro le vene di giovani disoccupati e “sfigati”
destinati a morire prima di noia e poi fisicamente, come i
tanti bambini affamati dei paesi sottosviluppati? Perché
promuovere la musica a scuola per offrirla a giovani che,
oggi più che mai, sembrano essere così “fragili e
poveri” da essere in grado, sulla base di gesta
apparentemente inspiegabili, di lacerare la vita dei loro
amici, delle loro fidanzate, dei loro fratelli, dei loro
genitori e parenti? Perché pensare di promuovere la musica
a scuola e far quindi la figura, “con l’aria che
tira”, di chi vuol proporre un’esperienza così inutile
rispetto ai tanti problemi sino ad ora indicati e che,
purtroppo, non sono nemmeno tutti?
Cari
politici, nella discussione sulla riforma degli
studi della scuola di base e superiore, molti di voi si sono
chiesti se fosse giusto o sbagliato che la Storia dovesse
essere trattata per argomenti o per cronologia, ma nessuno
di voi si è messo a discutere come la musica potesse
aiutare i giovani a capire e a rendere più viva e reale la
storia stessa. Scusate, dimenticavamo che voi siete di
quella categoria che ha un’ottica limitata
dell’ignoranza: chi non sa la storia lo è, chi non sa la
musica invece è cosa di poco conto! Ed ecco così che
continuate a far vivere un’ottica culturale gerarchica e
limitante: l’intelligenza logico-scientifica e
storico-umanistica è più importante di quella
artistico-corporea ed emotiva.
Cari
economisti, è forse vero che la musica a scuola non
rende molto danaro, ma è altrettanto vero che,
trascurandola, non si svilupperà quella mentalità utile,
proprio secondo il vostro credo, a dar vita a nuove
professioni, a nuovi mercati musicali, anche se noi siamo
convinti che la musica, per l’uomo, prima di essere un
oggetto di valore economico (e quindi di valore di scambio)
sia un evento del desiderio, della fantasia, della passione,
ecc. Purtroppo per noi, la mente economica non sembra essere
stata folgorata dal caldo e affascinante imprinting sonoro,
ed è anche per questo che il corpo musicale dei nostri
giovani si sta mutando sempre più in un “mouse
mentale”, freddo sì (per noi) ma più ricco di
prospettive “danarose” (per voi). Anche ammesso che con
certi insegnamenti potremo trovare lavoro ai nostri figli,
come lo svolgeranno? E soprattutto, come vivranno le loro
giornate, le loro umane relazioni, senza quella importante
maturazione espressivo-emotiva tipica delle esperienze
musicali, motorie e artistiche in genere?
Cari
religiosi, leggo che nella nuova scuola di base la
Religione Cattolica ha un monte ore pari ad un totale di
384. Questo numero di ore è ben più ampio di quello che
avranno negli stessi sette anni Arte e Musica messe assieme.
Non è certo una critica nei confronti del cattolicesimo, ma
non vi sembra che un’ampia visione del credo umano debba
saper promuovere anche una pari dignità scolastica fra
tutte le materie? E infine, come mai, proprio voi che
dovreste esaltare il rispetto dei saperi religiosi non vi
ribellate per far sì che questa materia possa, una volta
per tutte, definirsi Educazione religiosa evitando così di
alimentare ulteriormente le problematiche esistenti in un
paese ormai da decenni multietnico e quindi multireligioso?
Cari
docenti e studenti di ogni ordine scolastico, voi
sapete, per l’esperienza che vivete ogni giorno, che il
problema della scuola non è tanto quello di cambiare i
contenitori e, forse, non è nemmeno tanto quello dei
contenuti. Il vero problema è il solito, vecchio come il
mondo: è il grande valore dell’umana relazione che scorre
fra i contenitori e i contenuti, è l’affetto e il
rispetto che siamo in grado di attivare fra le persone di
diversa mentalità, cultura, capacità e di diversa età. E
quindi l’oggetto del contendere scolastico non si risolve
trasformando due ordini scolastici in uno e variando orari e
programmazioni, poiché ciò che conta nell’apprendimento
è l’alto livello di umanità, di passione, di amore che,
qualora non entrassero in gioco nelle pratiche del sapere,
saper fare, saper far fare, non ci permetterebbero mai di
maturare armonicamente il nostro saper essere a scuola, in
famiglia, in società.
Ecco
perché, cari politici, economisti, religiosi, docenti e
allievi, noi crediamo che sia giusto far vivere la musica a
scuola: non tanto per far sapere ad un giovane quando è
nato e che cosa ha composto J.S.Bach, non tanto per fargli
suonare o cantare un’aria antica, un brano jazz o etnico,
ecc. No, non sono certamente queste pratiche musicali palesi
e importantissime a motivare questa maggiore richiesta di
musica nelle nostre scuole. E’ la musica, che in tutta la
sua ricchezza di stimoli
offerti all’homo audiens, movens, loquens, cantans, sonans,
videns, sapiens, che ha la dote di trasformare in un grande
e privilegiato specchio della nostra personalità, i nostri
pensieri, le nostre fantasie, le nostre emozioni, la nostra
fisicità e tonomuscolarità. E’ la musica che può, in
forma metaforica, permetterci di esprimere il nostro stato
d’animo, il nostro benessere o il nostro malessere. Capita
spesso che i pensieri positivi e negativi dei nostri ragazzi
si celino fra le parole di una canzone, fra le corde vocali
di questo o di quel cantante, fra gli strumenti di questo o
quel gruppo musicale. Così, fra queste orme musicali, può
essere letto tanto il loro piacere di vivere quanto il loro
disagio. Ecco perché con la musica si rende più facile
l’apertura di quelle porte emozionali che con altre
discipline sono addirittura difficili da individuare. Ma in
una società che continua a farci credere che il benessere
vitale è corrispondente al benestare economico, risulterà
sempre difficile dar spazio a tutti quei saperi umani che
ancora, nonostante tutto e per nostra fortuna, hanno radici
molto profonde e forti nel terreno dei nostri sensi.
E
la musica, la danza e tutta l’arte, come il disagio del
vivere che i nostri giovani si portano oggi addosso, hanno
queste profonde e forti radici sensoriali, difficili da
esprimere anche perché le parole della logica e
dell’informazione tecnologica, pur essendo utili, sono
malauguratamente inefficaci perché troppo povere sul piano
espressivo e descrittivo del vivere. E da tutto ciò si può
ben comprendere perché, tanto a scuola quanto in famiglia,
i giovani “affetti” da disagio quotidiano non trovino
altro che il silenzio per dirlo. Un silenzio presente ma non
udito, quindi non musicale e che, proprio per questo,
potrebbe esplodere inatteso per lacerare chissà quante
persone oltre ai soggetti stessi che lo stanno vivendo. E’
questo silenzio non fatto vibrare che poi, per mettere il
cuore in pace a tutti noi, ci farà dire: “E’ un fatto
inspiegabile: era un ragazzo del tutto normale!”. Ecco
perché crediamo che l’esperienza musicale a scuola debba
vibrare sempre più: perché la vita è più importante
della musica!
Maurizio
Spaccazocchi
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