Per
vincere lo stress metropolitano che oggi ci affligge,
niente di meglio che introdurre nelle città un
po' di campagna. In questo modo si crea una preziosa opportunità
di socializzazione. L'esempio della capitale, dove gli
orti urbani sono ormai 150
La
grande città moderna ha profondamente trasformato
la modalità delle relazioni interpersonali e in modo
impercettibile ha radicato nella natura delle persone un
profondo individualismo. Il sociologo Simmel ha chiamato
questa diffusa indifferenza nei confronti del mondo che
ci circonda “atteggiamento blasé”, sviluppato
dagli individui come autodifesa di fronte ad una realtà
iperstimolante, troppo difficile da gestire e che solo un
distacco emotivo può consentire di sostenere. Il
progresso ha senza dubbio assicurato nel nostro mondo (contemporaneo)
una vita per molti aspetti più facile, certamente
più confortevole grazie alla presenza nella quotidianità
di strumenti complessi e sofisticati, abbondanza e varietà
di prodotti alimentari, tecnologie evolute, servizi per
qualunque esigenza, collegamenti rapidi ed efficienti; tutto
ciò ha, però, un corrispettivo negativo nella
debolezza della società dal punto di vista della
collaborazione tra gli individui e nella difficoltà
di ognuno di avvertire un senso di appartenenza alla vita
collettiva, con tutte le conseguenze critiche che ne possono
derivare a livello psicologico.
E’
così allora che nelle metropoli sempre più
soffocanti e sempre meno a misura d’uomo, incomincia
a venire proprio dalle persone l’esigenza di recuperare
un modo di vivere più gratificante e salutare e nascono
iniziative spontanee originali e imprevedibili. Di questa
natura è l’esperienza nata timidamente più
di una decina di anni fa a Roma ad opera di alcuni cittadini
che hanno voluto riappropriarsi e rivalutare quei territori
della loro città abbandonati e degradati, oggetto
di cementificazione selvaggia e speculazione edilizia o
utilizzati come discariche a cielo aperto; semplicemente
armati di zappe e vanghe, ma con buona volontà, gli
abitanti del luogo hanno incominciato a lavorare, dissodare
e coltivare terreni pubblici o talvolta anche privati ma
non utilizzati, producendo senza impatto ambientale beni
alimentari di qualità messi poi a disposizione di
tutti.
Sono
nati e poi si sono moltiplicati orti collaborativi, frutteti,
boschetti: attualmente a Roma ci sono 150 orti urbani per
migliaia di ettari coltivati a ortaggi, frutteti, ulivi,
vigne o dedicati all'apicoltura. Una delibera comunale del
2005 ha riconosciuto questi terreni spazi comunitari ed
oggi, a conferma del successo dell'iniziativa sta per essere
scritto un vero e proprio regolamento elaborato dagli stessi
ortisti con il sostegno del Progetto Urbact, Programma di
Cooperazione Europea che ha lo scopo di promuovere uno sviluppo
urbano sostenibile mediante lo scambio di esperienze tra
città europee. Nel 2015 era anche arrivato il riconoscimento
dell'Unione Europea con il conferimento alla Capitale del
premio “Good practice city” (città delle
buone pratiche per la spontaneità comunitaria) e
da allora si sono moltiplicati i progetti europei per promuovere
ed esportare il modello romano, non solo in altre città
italiane, ma anche all'estero. Citiamo i Progetti EFUA -
European Forum on Urban Agricolture, Fusilli. Urban Food
Planning, RU:RBAN - Resilient Urban Agricolture.
Non
si tratta, però, solo di agricoltura, poiché
intorno a questi orti si costruiscono le comunità
delle persone: nascono luoghi e occasioni di aggregazione
e collaborazione, di svago e positivi rapporti interpersonali
e intergenerazionali in esperienze salutari sia a livello
fisico che sociale; oltre gli orti e i frutteti ci sono
campi da basket e da calcetto, giochi per i bimbi, spazi
per i cani. Gruppi, associazioni, scuole utilizzano questi
spazi pubblici per realizzare iniziative di più ampia
portata: progetti didattici, in cui i bambini possono svolgere
attività pratiche a contatto con la natura, oppure
esperienze di collaborazione in cui persone autistiche si
impegnano in un lavoro collettivo utili per sviluppare positive
relazioni sociali, o semplicemente luoghi dove i nonni e
i nipoti si incontrano per lavorare insieme e consolidare
relazioni affettive e sentimentali fondamentali per entrambi.
In
un mondo che ha sempre più bisogno di recuperare
attenzione alla qualità della vita, sia nei cibi
che produciamo e consumiamo, sia nelle esperienze di relazione
e collaborazione sociale, è interessante che nascano
e si diffondano iniziative di questo tipo: ciò sta
avvenendo in Spagna, Francia, Grecia, Lituania, Irlanda
e ora anche oltreoceano, in Colombia. La sinergia tra cittadini,
amministrazioni locali e istituzioni non può che
essere positiva e proficua per tutti.
Marica Biglieri
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