Molti
studenti dei distretti californiani manifestano dubbi
sul proposito di riprendere subito le lezioni in aula.
Rimpiangono le occasioni di socializzazione perdute a
causa della pandemia, ma alcuni temono una nuova ondata
di contagi, altri un ritorno condizionato dalle misure
restrittive
Il
quotidiano californiano Los Angeles Times ha deciso di verificare
sul campo le reazioni degli studenti di fronte alla decisione
delle autorità scolastiche di riaprire le scuole,
in modo da finire l'anno scolastico con le lezioni in aula
e non più con la didattica a distanza. Il risultato
dell'indagine può apparire sorprendente, soprattutto
se si prende in considerazione il fatto che la volontà
di riprendere le normali attività didattiche prima
della fine della pandemia scaturisce da un'allarmante realtà:
i molti casi di disturbi psichici che si sono manifestato
fra gli adolescenti costretti in casa dalle misure restrittive.
Prevale
fra gli studenti intervistati un sentimento contrastante:
da una parte il desiderio di normalità, il bisogno
di recuperare il tempo perduto in fatto di socializzazione
fra coetanei, dall'altra il timore che una precipitosa ripresa
delle lezioni in presenza possa determinare, nonostante
le precauzioni d'obbligo, una nuova ondata di contagi. Quest'ultima
preoccupazione emerge particolarmente fra i ragazzi che
hanno avuto casi di Covid19 in famiglia.
Ma
siamo proprio sicuri che sia il caso di riprendere tutto
come prima? Questa la domanda che si è posta una
ragazza, che ha avuto il padre e due sorelle aggrediti dal
morbo. I familiari sono guariti, ma la ragazza rimane circospetta:
siamo ormai quasi alla fine dell'anno scolastico, non potremmo
finirlo on line, e tornare a un'autentica normalità
con l'avvio del prossimo? Lei fa parte di quel venti per
cento di studenti del distretto di Los Angeles che hanno
avuto fin dall'inizio di aprile la possibilità di
passare dalla didattica a distanza praticata fin qui alle
lezioni in aula. Molti di costoro pur rendendosi conto che
la situazione è in via di miglioramento fanno notare
che la pandemia non è ancora finita. Dunque perché
correre il rischio di una riapertura anticipata? In fondo
la Dad ha funzionato abbastanza bene, tanto vale praticarla
fino ala conclusione dell'anno scolastico.
Alcuni
temono che qualche loro compagno applichi svogliatamente
le procedure di autoprotezione. O che qualcuno incappi nel
contagio ma venga tracciato soltanto qualche giorno più
tardi, e dunque abbia tutto il tempo di trasmettere il virus
e di trasformare la classe in un focolaio infettivo. Altri
fanno notare che non vale la pena tornare in classe, se
poi si devono vedere i compagni da due metri di distanza.
É chiaro che tutti vorrebbero tornare a scuola e
riprendere le abitudini di sempre, ma vorrebbero farlo senza
condizioni né condizionamenti. Un'altra preoccupazione
è quella delle famiglie di origine asiatica: temono
che i loro figli possano essere oggetto di sentimenti ostili
o addirittura di rimanere vittime dell'ondata di violenze
contro la loro comunità, accusata da alcuni suprematisti
bianchi di propagare il morbo.
Il
Los Angeles Times riferisce di un sondaggio informale condotto
da un insegnante fra gli allievi di una classe della metropoli
californiana. Dei suoi trenta studenti, soltanto cinque
si sono detti favorevoli e disponibili al ritorno in aula.
Di fronte a queste difficoltà, alcune scuole hanno
proposto di graduare la riapertura: due giorni della settimana
in aula, gli altri con didattica a distanza. Ma le perplessità
e i dubbi permangono. A parte il timore del contagio, al
fondo c'è una grande nostalgia. Quello che vogliono
gli studenti è una normalità vera e completa.
Ridateci la scuola, dice la maggior parte dei ragazzi, ma
ridatecela tutta. E se proprio non potete ridarcela tutta,
non precipitiamo le cose, aspettiamo la fine della pandemia.
r. f. l.
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