FOGLIO LAPIS - APRILE- 2021

 

Molti studenti dei distretti californiani manifestano dubbi sul proposito di riprendere subito le lezioni in aula. Rimpiangono le occasioni di socializzazione perdute a causa della pandemia, ma alcuni temono una nuova ondata di contagi, altri un ritorno condizionato dalle misure restrittive

 

Il quotidiano californiano Los Angeles Times ha deciso di verificare sul campo le reazioni degli studenti di fronte alla decisione delle autorità scolastiche di riaprire le scuole, in modo da finire l'anno scolastico con le lezioni in aula e non più con la didattica a distanza. Il risultato dell'indagine può apparire sorprendente, soprattutto se si prende in considerazione il fatto che la volontà di riprendere le normali attività didattiche prima della fine della pandemia scaturisce da un'allarmante realtà: i molti casi di disturbi psichici che si sono manifestato fra gli adolescenti costretti in casa dalle misure restrittive.

Prevale fra gli studenti intervistati un sentimento contrastante: da una parte il desiderio di normalità, il bisogno di recuperare il tempo perduto in fatto di socializzazione fra coetanei, dall'altra il timore che una precipitosa ripresa delle lezioni in presenza possa determinare, nonostante le precauzioni d'obbligo, una nuova ondata di contagi. Quest'ultima preoccupazione emerge particolarmente fra i ragazzi che hanno avuto casi di Covid19 in famiglia.

Ma siamo proprio sicuri che sia il caso di riprendere tutto come prima? Questa la domanda che si è posta una ragazza, che ha avuto il padre e due sorelle aggrediti dal morbo. I familiari sono guariti, ma la ragazza rimane circospetta: siamo ormai quasi alla fine dell'anno scolastico, non potremmo finirlo on line, e tornare a un'autentica normalità con l'avvio del prossimo? Lei fa parte di quel venti per cento di studenti del distretto di Los Angeles che hanno avuto fin dall'inizio di aprile la possibilità di passare dalla didattica a distanza praticata fin qui alle lezioni in aula. Molti di costoro pur rendendosi conto che la situazione è in via di miglioramento fanno notare che la pandemia non è ancora finita. Dunque perché correre il rischio di una riapertura anticipata? In fondo la Dad ha funzionato abbastanza bene, tanto vale praticarla fino ala conclusione dell'anno scolastico.

Alcuni temono che qualche loro compagno applichi svogliatamente le procedure di autoprotezione. O che qualcuno incappi nel contagio ma venga tracciato soltanto qualche giorno più tardi, e dunque abbia tutto il tempo di trasmettere il virus e di trasformare la classe in un focolaio infettivo. Altri fanno notare che non vale la pena tornare in classe, se poi si devono vedere i compagni da due metri di distanza. É chiaro che tutti vorrebbero tornare a scuola e riprendere le abitudini di sempre, ma vorrebbero farlo senza condizioni né condizionamenti. Un'altra preoccupazione è quella delle famiglie di origine asiatica: temono che i loro figli possano essere oggetto di sentimenti ostili o addirittura di rimanere vittime dell'ondata di violenze contro la loro comunità, accusata da alcuni suprematisti bianchi di propagare il morbo.

Il Los Angeles Times riferisce di un sondaggio informale condotto da un insegnante fra gli allievi di una classe della metropoli californiana. Dei suoi trenta studenti, soltanto cinque si sono detti favorevoli e disponibili al ritorno in aula. Di fronte a queste difficoltà, alcune scuole hanno proposto di graduare la riapertura: due giorni della settimana in aula, gli altri con didattica a distanza. Ma le perplessità e i dubbi permangono. A parte il timore del contagio, al fondo c'è una grande nostalgia. Quello che vogliono gli studenti è una normalità vera e completa. Ridateci la scuola, dice la maggior parte dei ragazzi, ma ridatecela tutta. E se proprio non potete ridarcela tutta, non precipitiamo le cose, aspettiamo la fine della pandemia.

 

                                                                      r. f. l.          

 

 


                                           

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