Il
docente e scrittore Francesco Cappello parla del pensiero
di Danilo Dolci. La ricetta socratica riveduta e corretta,
una nuova modalità educativa che superi la scuola
trasmissiva. Bisogna invitare i ragazzi ad ascoltare il
flusso di pensieri che attraversa la loro mente
“Arriva
Dolci!!!”. Francesco Cappello ricorda l'esclamazione
di una collega nella scuola di Barga, in Lucchesia, nella
quale allora insegnava. Conosceva il personaggio solo per
sentito dire, l'entusiasmo che trapelava dall'annuncio lo
indusse a seguire molto da vicino la visita di Danilo Dolci.
Fu una rivelazione, racconta in un'intervista condotta da
Beatrice Silenzi nel suo blog sul sito della Fabbrica della
Comunicazione (www.fcom.it). Docente di matematica e fisica,
Cappello è autore di un saggio: Seminare domande.
La sperimentazione della maieutica di Dolci nella scuola,
in cui sviluppa il contributo del celebre sociologo alla
rivisitazione della maieutica socratica. Seminare domande
è anche il titolo del blog nel quale ospita interviste
e interventi su temi d'attualità.
Tanto
per cominciare, Dolci dispose in circolo il suo uditorio,
poi chiese a ogni ragazzo: Qual è il sogno della
tua vita? In pratica li invitò a presentarsi, a identificare
se stessi secondo l'idea che si erano fatti delle loro prospettive.
Alcuni risposero, ricorda Cappello, che ancora non sapevano
che cosa aspettarsi dalla vita, in altre parole ancora non
sapevano chi fossero. Dolci diede l'esempio e si presentò:
mi chiamo Danilo, non faccio lezioni ma pongo domande attorno
a cui riflettere. Invito i miei interlocutori a parlare,
fino a quando il pensiero s'illumina... Proprio così,
si formano immagini che sono idee, e se la scuola li aiuta
a identificarsi, se fin dalla primaria i bambini vengono
invitati a scoprire quale sia la loro vocazione, poi muoveranno
diritti verso il compiersi di questa aspirazione.
Un
simile approccio, fa notare Cappello, è un ribaltamento
totale rispetto alla scuola trasmissiva, questa si limita
a fornire informazioni che l'allievo deve accettare, e se
le accetta senza remore avrà buoni voti. É
chiaro che per superare questa routine serve una relazione
diretta fra alunno e docente, ecco perché la didattica
a distanza “ci ha complicato la vita”. Un conto
è avere di fronte la classe, un conto affidare a
strumenti tecnologici la mediazione in un rapporto che non
può essere mediato. Bisogna discutere e pensare insieme.
Invece la scuola non dà ai suoi studenti il tempo
per pensare: devono solo recepire passivamente, ripetendo
i contenuti illustrati dal docente.
Tutto
questo del resto non si limita all'insegnamento, la terapia
maieutica può affrontare i problemi che angustiano
l'intera società. Cappello ricorda l'esperienza di
Dolci in Sicilia, i gruppi di autoanalisi popolare. Il sociologo
chiedeva ai contadini che cosa si potesse fare per migliorare
le cose. Qual è il vostro sogno? Avere l'acqua per
coltivare i nostri campi, era la risposta prevalente. Facevano
notare che l'acqua c'era, ma la si lasciava defluire in
mare... Fu così che nacque il progetto della diga,
del lago artificiale che oggi fornisce acqua a quindici
comuni, Palermo compresa. Naturalmente fu necessario vincere
le resistenze dei poteri mafiosi, che anche sulla penuria
idrica fondavano le loro fortune.
E
la scuola? Come vorreste la scuola per i vostri figli? Bisogna
sentire gli esperti, rispondevano Ma quali esperti, diceva
Dolci, siete voi, le famiglie, i genitori e i nonni, e i
bambini stessi, che dovete tratteggiare la scuola ideale.
E così nacque una scuola in cui al vecchio modello
trasmissivo unidirezionale si sostituì una modalità
educativa basata sull'arte di interrogarsi, applicabile
non solo alle cosiddette materie umanistiche. Cappello insegna
fisica e lamenta la mortificazione che questa disciplina
subisce nella scuola: il docente riempie la lavagna di formule
e ogni tanto, molto di rado, porta la classe in laboratorio
per verificarle. Dunque, la didattica ridotta a ricezione
passiva di informazioni trasmesse.
Bisogna
fare il contrario: andare in laboratorio, mostrare un fenomeno
che susciti stupore e poi chiedere: Come lo spiegate? Vedrete
l'entusiasmo dei ragazzi. Vedrete nascere l'idea nei loro
occhi. A una domanda dell'intervistatrice Cappello risponde
che questa modalità educativa è la sola capace
di formare cittadini attivi, e forse proprio per questo
è poco praticata... Poi offre un ricordo di famiglia:
chiese al figlio di quattro anni quanto fa cinque meno otto.
La risposta arrivò qualche tempo più tardi:
non si può fare perché ne mancano tre... “Mio
figlio aveva scoperto i numeri negativi!”
Del
resto si può anche sbagliare, anzi si deve sbagliare,
perché sbagliare è importante. Così
come è importante ascoltare il flusso di pensieri
che attraversa la mente, e con quelli cercare soluzioni
e risposte. Di fronte alla giovane persona che si va formando,
il compito della scuola è proprio questo, non solo
fornire le parole giuste con cui rivestire i pensieri ma
anche stimolare quella ricerca. Seminare domande, appunto.
a. v.
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