Dopo
due anni scolastici sconvolti dalla pandemia, il prossimo
potrebbe e dovrebbe segnare un decisivo rilancio. Purché
la scuola torni al centro della scena e vi si dedichino
investimenti adeguati. Approfittando di un risvolto positivo
delle restrizioni, la riscoperta delle muove tecnologie
Si
dice che le grandi crisi sono occasione di riscatto e di
rilancio. Per esempio i dopoguerra, quando si tratta di
sgomberare le macerie e di ricostruire, con un rinnovato
slancio in cui si esprime il grande sollievo della società
dopo la fine dell'incubo. Per l'Italia, il secondo dopoguerra
fu contrassegnato dal miracolo economico: il paese devastato
dal conflitto si trasformò, una moderna società
industriale si sostituì gradualmente alle vecchie
strutture che si reggevano prevalentemente sull'agricoltura.
Dopo la terribile esperienza della pandemia, e di una gestione
dell'emergenza che possiamo eufemisticamente definire approssimativa,
c'è da augurarsi un simile slancio di ricostruzione
dalle fondamenta. Ne hanno bisogno il paese, la sua economia,
le sue strutture sociali.
A
cominciare dalla scuola. In questa primavera, oltre un anno
dopo il primo manifestarsi della pandemia, finalmente il
sistema educativo riparte. Tranne una quota relativamente
limitata nella secondaria di secondo grado, si tratta di
un ritorno all'insegnamento in presenza. Gli studenti recuperano
dunque non soltanto la pratica vitale dell'apprendimento,
ma anche il piacere di ritrovarsi, di stare insieme, sia
pure all'inizio, e chissà fino a quando, limitato
e condizionato dal perdurare delle misure di precauzione
cii si affida il compito di tenerci al riparo dai possibili
colpi di coda del morbo.
Dopo
due anni scolastici letteralmente sconvolti dall'emergenza
sanitaria, a partire dal prossimo è lecito attendersi
un decisivo rilancio. Ma deve essere chiaro che non si tratta
soltanto di tornare alla routine degli ultimi tempi che
precedettero la pandemia. Quel che serve alla scuola italiana
è ben altro: bisogna sanare non soltanto i guasti
prodotti da quel subdolo virus e dal modo con cui è
stato affrontato, ma anche i disagi di un sistema che soffre
ormai da decenni i limiti di una gestione precaria e sostanzialmente
distratta e lontana. Il paese ha bisogno di una scuola rinnovata
dalle fondamenta, pretende che l'istruzione abbia finalmente
una posizione di assoluta priorità nell'agenda pubblica.
In
poche parole, ci vogliono programmi didattici e organizzativi
largamente condivisi, ci vuole una decisa rivalutazione
dei ruoli professionali, ci vogliono investimenti. La scuola
italiana deve riscattarsi dalla nefasta politica della lesina,
non può permettersi di vedersi destinato poco più
dell'otto per cento della spesa pubblica e meno del quattro
per cento del prodotto interno lordo. Sono cifre che collocano
l'Italia rispettivamente all'ultimo e al quartultimo posto
fra i paesi dell'Unione europea, e rivelano quanto poco
abbia contato finora la scuola nella considerazione della
nostra società e della sua espressione governativa.
L'occasione
post-pandemia sarà unica e irripetibile. La scuola
dovrà avere una posizione di assoluta priorità
nella destinazione dei fondi per la ricostruzione mobilitati
dal programma Next generation Eu. Le carte a disposizione
sono promettenti e incoraggianti: disponibilità di
risorse, allentamento dei vincoli europei di bilancio, motivazioni
psicologiche al rinnovamento dopo l'incubo del coronavirus,
riscoperta delle tecnologie informatiche e del loro ruolo
attraverso l'esperienza della didattica a distanza. Queste
le chiavi per aprire la porta a una nuova stagione di effettivo
rilancio del sistema educativo. Certo occorre un'attenta
vigilanza, soprattutto sulla corretta destinazione dei finanziamenti
europei. A proposito delle tecnologie, l'auspicio è
che vengano usate e potenziate non per la Dad, di cui sono
ben noti i limiti, ma per la didattica in presenza.
La
pandemia ce lo ha insegnato: non è più tempo
di approssimazioni e di tentennamenti. Si tratta di formare
adeguatamente nuove generazioni capaci di affrontare la
sfida di un mondo in continua evoluzione: di fronte a un
simile obiettivo non bastano di certo le mezze misure.
Alfredo Venturi
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