Si
parla di quello che si potrebbe definire accanimento
scolastico. una pressione eccessiva, volta a ottenere
risultati in termini di rendimento – Potrebbe sortire
l'effetto contrario, riducendo le motivazioni e
addirittura provocando stati depressivi – Un punto di
vista condivisibile, a patto di considerare anche il
rischio opposto, quello di un'istruzione troppo
accondiscendente, dunque incapace di preparare i ragazzi
alle sfide che li aspettano
Sarebbero
settecentomila, secondo e stime raccolte da Ouest-France,
il quotidiano di Nantes, i ragazzi francesi colpiti da
quello che si potrebbe definire accanimento scolastico.
Consiste in una pressione eccessiva che viene esercitata su
di loro: lodevole l'intenzione, che è quella di
massimizzare il rendimento, ma come capita quando un'azione
va fuori misura finisce spesso con il sortire effetti
diametralmente opposti. Cioè la disaffezione scolastica, la
perdita delle motivazioni, a volte persino stati depressivi.
A volte queste pressioni vengono esercitate dai docenti,
altre volte dalle famiglie. Nell'un caso come nell'altro, il
fenomeno alimenta la dispersione scolastica.
É
un problema sul quale da tempo si era steso un velo di
silenzio, ma ora il ministero francese dell'educazione
nazionale ha deciso di correre ai ripari. Secondo Thierry
Claverie, direttore accademico dei servizi educativi,
l'autorità scolastica “non è più nella dinamica di
tacere le cose”. Evocando il problema nel corso di una
visita a un liceo di Nantes, Claverie fa notare la necessità
che la scuola offra un contesto confortevole
all'apprendimento e alla formazione. L'invito è rivolto
ugualmente alle famiglie e ai docenti: andiamoci piano, non
pretendiamo troppo dai nostri ragazzi, cerchiamo piuttosto
di creare le condizioni favorevoli perché dall'istruzione
possano trarre il massimo profitto, senza che siamo oppressi
da ansie di rendimento.
Proprio
gli stessi giorni in cui la questione è approdata alla
stampa francese, l'Ufficio europeo dell'Organizzazione
mondiale della sanità ha pubblicato il rapporto
quadriennale sulla salute e il benessere dei giovani. Sulla
base di uno studio condotto nel biennio 2013-14 sui ragazzi
fra gli undici e i quindici anni, ne risulta che gli
adolescenti italiani hanno un cattivo rapporto con la scuola
perché stressati da un carico di lavoro troppo pesante. La
scuola piace soltanto al dieci per cento delle ragazze
quindicenni e all'otto per cento dei loro compagni maschi.
Quasi i tre quarti delle ragazze e oltre la metà dei
ragazzi individua la causa di questa disaffezione proprio
nella pressione eccessiva esercitata su di loro da famiglie
e docenti.
Di
particolare interesse il rapporto fra questa situazione e il
rendimento scolastico. Lo studio dell'OMS conferma i dati
forniti ogni tre anni dall'indagine PISA condotta per conto
dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo
economico (OCSE): soltanto la metà delle ragazze e poco più
di un terzo dei ragazzi possono vantare un buon rendimento:
siamo bene al di sotto della media europea. Le cifre ci
dicono dunque che la pressione generatrice di stress non
raggiunge mediamente quella che dovrebbe essere la sua
finalità, cioè l'ottimizzazione dei risultati scolastici.
Ma non ci sembra che questa considerazione possa chiudere il
problema.
É
vero infatti che non ha senso una pressione che rasenti i
limiti dell'accanimento scolastico. Ma è anche vero che la
scuola non può essere così distante dalla vita da
ignorarne le asprezze. La scuola deve preparare i nostri
ragazzi a un'età adulta in cui si troveranno immersi in una
società carica di problemi, una sfida al loro temperamento
e alla loro maturità di cittadini. E forse a questo punto
la loro capacità di affrontarli senza entrare nel panico
dipenderà anche dalla qualità dell'esperienza scolastica:
in altre parole, qualche controllabile stress sopportato fra
i banchi potrà averli convenientemente preparati agli
inevitabili stress della vita reale. Questo non è il
rimpianto di una scuola severa e arcigna che appartiene al
passato, ma il timore di una scuola troppo soft, per
usare un termine familiare ai giovani, e dunque propensa a non contrastare certe fragilità caratteriali che
potranno rendere traumatico l'impatto con i problemi della
vita.
- Alfredo
Venturi
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