Un
suggerimento di Giuliano Poletti, ministro del Lavoro,
riapre fra molte polemiche l'eterno dibattito sul
calendario scolastico – Troppo lunghe le vacanze estive?
- Perché non approfittarne destinando parte di quel tempo
a programmi di scuola-lavoro? - Le reazioni sono
generalmente ostili soprattutto da parte di studenti e
sindacati, anche per il timore che qualcuno possa cogliere
l'occasione per lucrare su una forza lavoro gratuitamente
disponibile
Secondo
il ministro Giuliano Poletti tre mesi di vacanze estive sono
troppi, ma al tempo stesso sono una risorsa che si potrebbe
utilizzare al meglio. Come? Per esempio impiegando quel
tempo, o parte di esso, per integrare programmi di
scuola-lavoro. La proposta nasce dalla considerazione della
necessità di una scuola il più possibile vicina al mondo
produttivo: si tratta dunque di superare anche per questa
via il baratro che separa il sistema educativo dalle attività
economiche, in altre parole dalla società attiva.
L'esternazione ministeriale ha provocato reazioni
generalmente polemiche: si ricorda infatti da un lato che
qualcosa del genere già esiste, su base volontaria,
dall'altro che una generalizzazione del meccanismo potrebbe
portare a forme di sfruttamento del lavoro minorile, sia
pure in qualche modo nobilitate dalla finalità formativa
del progetto.
Poi
è toccato alla diretta responsabile del sistema educativo,
la ministra Stefania Giannini, il compito di precisare i
connotati della questione. Siamo di fronte, dice la titolare
del ministero di Viale Trastevere, a un problema effettivo.
Si tratta infatti di superare finalmente “la cultura che
separa lo studio dal lavoro”: lo si può fare rilanciando
l'alternanza scuola-lavoro nel quadro dell'autonomia
scolastica. Questo significa che ogni istituto può
scegliere di praticare questa alternanza al di fuori degli
orari dell'attività didattica: dunque eventualmente anche
nel corso delle vacanze estive. Naturalmente l'idea non è
di quelle destinate a entusiasmare i sindacati dei docenti:
un rappresentante della CGIL Scuola rifiuta categoricamente
la prospettiva di quelli che definisce polemicamente
“stages non retribuiti”, e al tempo stesso solleva il
problema degli organici supplementari che l'iniziativa
renderebbe necessari. Anche gli studenti sono in larga
maggioranza risolutamente contrari: lo conferma un sondaggio
ad hoc. Non toccate le nostre vacanze, dicono i ragazzi.
Del
resto se è vero che in Italia la sospensione estiva delle
attività scolastiche è particolarmente prolungata, questo
non vuol dire che il numero di ore complessivamente
trascorse sui banchi nel corso dell'anno sia
significativamente inferiore. Prendiamo il caso della
Germania: è vero che nelle scuole tedesche la pausa estiva
dura meno della metà di quella italiana (in alcuni Länder
sei settimane contro le tredici del nostro Paese), ma è
altrettanto vero che il calendario scolastico nella
Repubblica Federale è costellato di lunghe vacanze: Natale,
Pasqua, Pentecoste. In alcuni Länder (come si sa in
Germania il sistema scolastico è organizzato a livello dei
singoli Stati federati) c'è perfino un periodo di
sospensione che discende dall'antica consuetudine rurale che
vedeva i ragazzi impegnati nei campi, accanto agli adulti,
nei giorni destinati alla raccolta delle patate. A conti
fatti, il calendario scolastico tedesco ha più o meno la
stessa durata di quello italiano.
Infine bisogna considerare, proprio da un punto di vista
formativo, l'opportunità che i ragazzi non si vedano
sottratta una parte eccessiva del tempo a loro disposizione.
Dovrebbero anzi essere incoraggiati a gestire il tempo
libero, non necessariamente nell'alveo di indicazioni
scolastiche. Lo stesso ministro Poletti ricorda che i suoi
figli durante le vacanze estive vanno a scaricare frutta: lo
fanno di propria iniziativa, senza bisogno di stimoli
ufficiali. La scuola potrebbe intervenire a cose fatte, alla
ripresa autunnale. Avete fatto durante l'estate esperienze
su cui vale la pena di ragionare? Ebbene parliamone,
confrontiamo le esperienze, i ricordi, i successi, le
delusioni.
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f. s.
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