FOGLIO LAPIS - APRILE - 2015

 
 

Fa molto discutere la riforma proposta dal governo - Due in particolare i punti controversi: la centralità decisionale dei capi d'istituto, trasformati in una sorta di manager, e i benefici “indiretti” per l'istruzione privata, che a norma di Costituzione non dovrebbe gravare sulle finanze dello Stato - I capisaldi della proposta governativa e i sette punti del progetto alternativo proposto dagli studenti riuniti attorno alla Rete della conoscenza

 

Ne siamo orgogliosi”, proclama il presidente del consiglio Matteo Renzi alludendo alla riforma della scuola, il disegno di legge che ha presentato assieme alla ministra dell'istruzione Stefania Giannini. Ma in una trentina di città gli studenti sono scesi in piazza per protestare contro una proposta di cui respingono alcuni elementi fondamentali. Alla “buona scuola”, come è stata battezzata la formulazione governativa, contrappongono “l'altra scuola”. Certamente la controproposta studentesca fornirà materiale al dibattito parlamentare, che s'annuncia incandescente come accade ogni volta che si vuol mettere mano alla veneranda istituzione scolastica.

Ma veniamo ai contenuti della riforma. Prima di tutto la “buona scuola” ridefinisce in senso decisionista il ruolo dei capi d'istituto, chiamati a gestire in prima persona l'autonomia e la flessibilità didattica e organizzativa garantita ai singoli istituti. L'autonomia comprenderà la possibilità di intervenire sul calendario delle lezioni e sul tempo da destinarsi alle singole discipline. Saranno i capi d'istituto a valutare gli insegnanti e a sceglierli con chiamata diretta. Questo affidare ai presidi una centralità così accentuata non piace affatto a buona parte dei docenti e degli studenti, abituati a ragionare in termini di concertazione e decisioni collettive. Si contrappongono evidentemente due concezioni di cui non è facile individuare la sintesi: da una parte le procedure democratiche, dall'altra la capacità decisionale. “La scuola non è un'azienda”, proclamano i professori che osteggiano questa sorta di preside-manager: e per esporre le ragioni della loro protesta al livello più alto hanno chiesto udienza al presidente della repubblica Sergio Mattarella. Dall'altra parte si risponde che la scuola è un organismo che deve funzionare con efficacia e rapidità.

Per quanto riguarda i docenti, nella “buona scuola” si cerca di contemperare il principio dell'anzianità di servizio, tanto cara ai sindacati, con quello del merito. Infatti a partire dal 2016 duecento milioni di euro annui saranno disponibili per consentire, sulla base di una valutazione di merito affidata ai capi d'istituto, aumenti di stipendio da aggiungersi a quelli maturati con gli scatti d'anzianità. Ai docenti sarà dedicato anche un bonus annuale di 500 euro da spendersi per finalità culturali: teatro, concerti, viaggi ecc. Il disegno di legge prevede poi l'assunzione di centomila “precari”: una previsione che non esaurisce certo la domanda di regolarizzazione, ma muove almeno in questa direzione.

Un altro punto assai controverso della riforma governativa riguarda le scuole private. Come si sa la carta costituzionale prevede che l'insegnamento è libero e dunque istituzioni private possono ovviamente affiancarsi alle pubbliche per impartire l'istruzione, ma “senza oneri per lo Stato”. L'ostacolo viene in un certo senso aggirato con la conferma della detrazione fiscale per chi paga le rette delle scuole paritarie, e con l'assicurazione che il “cinque per mille” può andare anche a questi istituti. In margine alla riforma il presidente del consiglio ha ricordato che quasi un miliardo di euro, provenienti dalla banca europea degli investimenti, saranno presto disponibili per i necessari interventi nell'edilizia scolastica.

Infine la “buona scuola” darà più spazio, per essere precisi più tempo, all'insegnamento delle lingue, dell'arte, della musica, all'educazione ambientale e alle attività motorie. Non a caso la presentazione del disegno di legge è stata accompagnata dai commenti positivi dei ministri della cultura, Dario Franceschini, e dell'ambiente, Gian Luca Galletti.

Di tutt'altro tenore le reazioni degli studenti che fanno capo alle organizzazioni riunite attorno alla cosiddetta Rete della conoscenza. Alla “buona scuola” loro contrappongono “l'altra scuola”, di cui elencano puntigliosamente i sette punti fondamentali: gratuità dell'istruzione, alternanza scuola-lavoro, più finanziamenti per la scuola pubblica, riforma democratica della valutazione, investimenti per l'edilizia scolastica, rilancio di una vera autonomia, riforma dei cicli, dei programmi e della didattica. Vedremo presto come il dibattito parlamentare interverrà sulla formulazione definitiva della riforma.

                                         Fredi Sergent 

    


                                                  

 
 

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