Fa
molto discutere la riforma proposta dal governo - Due in
particolare i punti controversi: la centralità
decisionale dei capi d'istituto, trasformati in una sorta
di manager, e i benefici “indiretti” per l'istruzione
privata, che a norma di Costituzione non dovrebbe gravare
sulle finanze dello Stato - I capisaldi della proposta
governativa e i sette punti del progetto alternativo
proposto dagli studenti riuniti attorno alla Rete della
conoscenza
“Ne
siamo orgogliosi”, proclama il presidente del consiglio
Matteo Renzi alludendo alla riforma della scuola, il disegno
di legge che ha presentato assieme alla ministra
dell'istruzione Stefania Giannini. Ma in una trentina di
città gli studenti sono scesi in piazza per protestare
contro una proposta di cui respingono alcuni elementi
fondamentali. Alla “buona scuola”, come è stata
battezzata la formulazione governativa, contrappongono
“l'altra scuola”. Certamente la controproposta
studentesca fornirà materiale al dibattito parlamentare,
che s'annuncia incandescente come accade ogni volta che si
vuol mettere mano alla veneranda istituzione scolastica.
Ma
veniamo ai contenuti della riforma. Prima di tutto la
“buona scuola” ridefinisce in senso decisionista il
ruolo dei capi d'istituto, chiamati a gestire in prima
persona l'autonomia e la flessibilità didattica e
organizzativa garantita ai singoli istituti. L'autonomia
comprenderà la possibilità di intervenire sul calendario
delle lezioni e sul tempo da destinarsi alle singole
discipline. Saranno i capi d'istituto a valutare gli
insegnanti e a sceglierli con chiamata diretta. Questo
affidare ai presidi una centralità così accentuata non
piace affatto a buona parte dei docenti e degli studenti,
abituati a ragionare in termini di concertazione e decisioni
collettive. Si contrappongono evidentemente due concezioni
di cui non è facile individuare la sintesi: da una parte le
procedure democratiche, dall'altra la capacità decisionale.
“La scuola non è un'azienda”, proclamano i professori
che osteggiano questa sorta di preside-manager: e per
esporre le ragioni della loro protesta al livello più alto
hanno chiesto udienza al presidente della repubblica Sergio
Mattarella. Dall'altra parte si risponde che la scuola è un
organismo che deve funzionare con efficacia e rapidità.
Per
quanto riguarda i docenti, nella “buona scuola” si cerca
di contemperare il principio dell'anzianità di servizio,
tanto cara ai sindacati, con quello del merito. Infatti a
partire dal 2016 duecento milioni di euro annui saranno
disponibili per consentire, sulla base di una valutazione di
merito affidata ai capi d'istituto, aumenti di stipendio da
aggiungersi a quelli maturati con gli scatti d'anzianità.
Ai docenti sarà dedicato anche un bonus annuale di 500 euro
da spendersi per finalità culturali: teatro, concerti,
viaggi ecc. Il disegno di legge prevede poi l'assunzione di
centomila “precari”: una previsione che non esaurisce
certo la domanda di regolarizzazione, ma muove almeno in
questa direzione.
Un
altro punto assai controverso della riforma governativa
riguarda le scuole private. Come si sa la carta
costituzionale prevede che l'insegnamento è libero e dunque
istituzioni private possono ovviamente affiancarsi alle
pubbliche per impartire l'istruzione, ma “senza oneri per
lo Stato”. L'ostacolo viene in un certo senso aggirato con
la conferma della detrazione fiscale per chi paga le rette
delle scuole paritarie, e con l'assicurazione che il
“cinque per mille” può andare anche a questi istituti.
In margine alla riforma il presidente del consiglio ha
ricordato che quasi un miliardo di euro, provenienti dalla
banca europea degli investimenti, saranno presto disponibili
per i necessari interventi nell'edilizia scolastica.
Infine
la “buona scuola” darà più spazio, per essere precisi
più tempo, all'insegnamento delle lingue, dell'arte, della
musica, all'educazione ambientale e alle attività motorie.
Non a caso la presentazione del disegno di legge è stata
accompagnata dai commenti positivi dei ministri della
cultura, Dario Franceschini, e dell'ambiente, Gian Luca
Galletti.
Di
tutt'altro tenore le reazioni degli studenti che fanno capo
alle organizzazioni riunite attorno alla cosiddetta Rete
della conoscenza. Alla “buona scuola” loro
contrappongono “l'altra scuola”, di cui elencano
puntigliosamente i sette punti fondamentali: gratuità
dell'istruzione, alternanza scuola-lavoro, più
finanziamenti per la scuola pubblica, riforma democratica
della valutazione, investimenti per l'edilizia scolastica,
rilancio di una vera autonomia, riforma dei cicli, dei
programmi e della didattica. Vedremo presto come il
dibattito parlamentare interverrà sulla formulazione
definitiva della riforma.
- Fredi
Sergent
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