FOGLIO LAPIS - APRILE - 2014

 
 

Nella Repubblica Popolare in piena metamorfosi anche sul piano educativo l'alternativa privatistica sfida sempre più il tradizionale monopolio statale – In particolare si fanno strada, soprattutto nell'istruzione infantile, approcci alternativi – Ci sono code d'attesa per iscriversi  alle scuole Waldorf e a quelle che s'ispirano al metodo Montessori – Ma c'è qualche dubbio sulla reale aderenza di questi istituti a quei modelli pedagogici

 

Secondo la più recente indagine PISA (Programme for International Student Assessment), i quindicenni di Shanghai sono fra i più bravi al mondo per conoscenze matematiche e scientifiche e per capacità di lettura. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio, e il sistema educativo della Repubblica Popolare Cinese appare a molti troppo rigido e tradizionalista, con la sua enfasi sulla disciplina e sui massicci compiti a casa. Da quelle scuole escono sì ragazzi ben preparati, ma spesso afflitti da depressione e mancanza di autostima. In una recente corrispondenza della CNN si racconta la storia di un ragazzo di dieci anni di Chengdu, che si è ucciso lanciandosi da un trentesimo piano: non era riuscito a scrivere l'autocritica di mille parole che l'insegnante gli aveva ordinato dopo non si sa quale mancanza.

Nella metamorfosi in corso nel paese più popoloso del mondo, dove il monopolio pubblico su tanti aspetti della vita sociale ed economica è sempre più in discussione, era inevitabile che le novità privatistiche invadessero anche il settore educativo. Fatto sta che si assiste alla graduale introduzione, attraverso la nascita di scuole private (in particolare materne e primarie), di metodi alternativi, come la pedagogia Waldorf che s'ispira all'insegnamento di Rudolf Steiner o quella che trae origine da Maria Montessori. Approcci particolarmente innovativi nel contesto cinese, con la loro enfasi sulla visione umanistica, sull'approccio olistico, sulla libertà di pensiero, sulla manualità spontanea, su un rapporto alunno-docente non più fondato sulla sola subordinazione gerarchica.

Si contano già in Cina una quarantina di scuole primarie alternative e alcune centinaia di materne, ma il fenomeno appare offuscato da due limiti. Il primo riguarda la reale fedeltà di queste iniziative ai modelli pedagogici ai quali s'ispirano: c'è il dubbio che questa rapida proliferazione sia fuori controllo. Si pone infatti un problema di formazione dei docenti ma i tempi di questa formazione, almeno un anno, non sembrano tenere il passo con la rapidità della diffusione di queste scuole, a sua volta spinta da una crescente domanda. Un'esponente della Fondazione Montessori racconta di avere visitato in alcune scuole materne cinesi che inalberavano quell'insegna: ma in quelle aule  non c'era traccia dei materiali didattici indispensabili per l'applicazione del metodo Montessori.

L'altro limite è il costo delle scuole private, che inevitabilmente ne riduce la fruizione ai soli bambini provenienti dal nuovo ceto medio, titolare esclusivo dei profitti generati dall'impetuosa crescita cinese. Nonostante il rapidissimo sviluppo, non sono molte nella Repubblica Popolare le famiglie in grado di sborsare i circa cinquemila euro l'anno richiesti dagli istituti alternativi. Nel paese in cui per anni l'enfasi sull'egualitarismo ideologico è servita a coprire le più asfissianti limitazioni delle libertà personali, gli isolati privilegi della rampante borghesia fanno ancora scandalo.

 

                                         Fredi Sergent 

    


                                                  

 
 

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