Nella
Repubblica Popolare in piena metamorfosi anche sul piano
educativo l'alternativa privatistica sfida sempre più il
tradizionale monopolio statale – In particolare si fanno
strada, soprattutto nell'istruzione infantile, approcci
alternativi – Ci sono code d'attesa per iscriversi
alle scuole Waldorf e a quelle che s'ispirano al
metodo Montessori – Ma c'è qualche dubbio sulla reale
aderenza di questi istituti a quei modelli pedagogici
Secondo
la più recente indagine PISA (Programme for International
Student Assessment), i quindicenni di Shanghai sono fra i più
bravi al mondo per conoscenze matematiche e scientifiche e
per capacità di lettura. Ma ogni medaglia ha il suo
rovescio, e il sistema educativo della Repubblica Popolare
Cinese appare a molti troppo rigido e tradizionalista, con
la sua enfasi sulla disciplina e sui massicci compiti a
casa. Da quelle scuole escono sì ragazzi ben preparati, ma
spesso afflitti da depressione e mancanza di autostima. In
una recente corrispondenza della CNN si racconta la
storia di un ragazzo di dieci anni di Chengdu, che si è
ucciso lanciandosi da un trentesimo piano: non era riuscito
a scrivere l'autocritica di mille parole che l'insegnante
gli aveva ordinato dopo non si sa quale mancanza.
Nella
metamorfosi in corso nel paese più popoloso del mondo, dove
il monopolio pubblico su tanti aspetti della vita sociale ed
economica è sempre più in discussione, era inevitabile che
le novità privatistiche invadessero anche il settore
educativo. Fatto sta che si assiste alla graduale
introduzione, attraverso la nascita di scuole private (in
particolare materne e primarie), di metodi alternativi, come
la pedagogia Waldorf che s'ispira all'insegnamento di Rudolf
Steiner o quella che trae origine da Maria Montessori.
Approcci particolarmente innovativi nel contesto cinese, con
la loro enfasi sulla visione umanistica, sull'approccio
olistico, sulla libertà di pensiero, sulla manualità
spontanea, su un rapporto alunno-docente non più fondato
sulla sola subordinazione gerarchica.
Si
contano già in Cina una quarantina di scuole primarie
alternative e alcune centinaia di materne, ma il fenomeno
appare offuscato da due limiti. Il primo riguarda la reale
fedeltà di queste iniziative ai modelli pedagogici ai quali
s'ispirano: c'è il dubbio che questa rapida proliferazione
sia fuori controllo. Si pone infatti un problema di
formazione dei docenti ma i tempi di questa formazione,
almeno un anno, non sembrano tenere il passo con la rapidità
della diffusione di queste scuole, a sua volta spinta da una
crescente domanda. Un'esponente della Fondazione Montessori
racconta di avere visitato in alcune scuole materne cinesi
che inalberavano quell'insegna: ma in quelle aule
non c'era traccia dei materiali didattici
indispensabili per l'applicazione del metodo Montessori.
L'altro limite è il costo delle scuole private, che
inevitabilmente ne riduce la fruizione ai soli bambini
provenienti dal nuovo ceto medio, titolare esclusivo dei
profitti generati dall'impetuosa crescita cinese. Nonostante
il rapidissimo sviluppo, non sono molte nella Repubblica
Popolare le famiglie in grado di sborsare i circa cinquemila
euro l'anno richiesti dagli istituti alternativi. Nel paese
in cui per anni l'enfasi sull'egualitarismo ideologico è
servita a coprire le più asfissianti limitazioni delle
libertà personali, gli isolati privilegi della rampante
borghesia fanno ancora scandalo.
- Fredi
Sergent
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