Il
governo italiano annuncia l'intenzione di avviare un vasto
piano d'interventi di edilizia scolastica – Ce n'è
davvero bisogno, si tratta di mettere in sicurezza
migliaia di edifici minacciati dall'età o dal rischio
sismico – Inoltre la creazione di tanti cantieri avrebbe
un positivo effetto congiunturale – Il problema è
reperire i fondi: si parla di sblocco del patto di
stabilità, un vincolo che l'Italia ha liberamente
accettato e andrebbe rinegoziato
Ci
sono nuove scuole da costruire e vecchie scuole malandate,
quando non addirittura fatiscenti, da rimettere in sesto. Ci
sono quasi trentamila edifici scolastici minacciati dal
rischio di terremoti nelle molte aree della penisola a forte
sismicità. Un problema davvero cruciale per la scuola
italiana, ne va dell'incolumità dei nostri figli. Inoltre
avviare a soluzione questo problema comporterebbe,
attraverso l'apertura di migliaia di cantieri, un rilancio
di quel settore edilizio che è tradizionalmente considerato
un volano per l'economia nel suo insieme: quand le bâtiment
va, tout va, dicono i francesi, se vanno le costruzioni
va tutto. Il problema è che servono soldi, tanti soldi, e
in materia di finanza pubblica il piatto piange, come dicono
i giocatori di poker.
Anzi
no, i soldi ci sarebbero, ma gli enti locali non possono
spenderli. É l'effetto perverso del patto di stabilità
interno, che coinvolge la periferia amministrativa dello
Stato nella disciplina di bilancio a suo tempo concordata in
sede europea. Il nuovo governo italiano, al quale il
presidente del consiglio Matteo Renzi cerca d'imprimere un
marchio di efficienza e rapidità, dice che l'Italia
rispetta quei vincoli ma al tempo stesso chiede che vengano
allentati. Poiché finanziare l'industria delle costruzioni
avrebbe un effetto dinamico sulla congiuntura economica,
Roma chiede a Bruxelles (e a Berlino, dove si annida la più
tetragona intransigenza in fatto di disciplina di bilancio)
che l'investimento nell'edilizia scolastica, non
diversamente da interventi negli altri settori produttivi,
venga sottratto ai limiti di spesa, non soltanto perché
bisogna mettere in sicurezza la scuola ma anche perché al
criterio del rigore si affianchi finalmente quello della
crescita.
Nelle
intenzioni del governo, su tratterebbe di destinare a questi
interventi, come ha specificato il ministro dell'istruzione
Stefania Giannini, almeno quattro miliardi. Si tratta, dice
il presidente Renzi con la sua caratteristica enfasi, del più
massiccio investimento di sempre nell'edilizia scolastica
italiana. Lo considera una priorità riscattando con un
significativi attivismo, come le sue visite periodiche alle
scuole, lo scarsissimo spazio che ai problemi del settore
educativo è stato dedicato nel dibattito politico recente.
Dunque i sindaci sono stati invitati a segnalare le scuole
che hanno bisogno d'interventi.
Ma la partita si gioca soprattutto sul tavolo europeo.
Per questo il nostro governo cerca di fare squadra con la
Francia, che ha problemi di rispetto dei vincoli analoghi ai
nostri, anche se non proprio coincidenti: noi abbiamo un
debito gigantesco ma siamo in ordine col bilancio, Parigi ha
invece meno debiti ma sfora il tetto del tre per cento nel
deficit annuo. La scommessa rimane difficile, anche se un
barlume di ottimismo è generato dal fatto che da qualche
tempo anche in Germania si fa lentamente strada un approccio
più conciliante, la consapevolezza che di solo rigore si può
anche morire. Attraverso questa cruna può passare la
prospettiva di un rilancio della nostra scuola che parta,
perché no, dalle fondamenta dei suoi edifici.
- a.
v.
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