FOGLIO LAPIS - APRILE - 2013

 
 

Praticamente assente durante la campagna elettorale, tendenzialmente ignorata nelle varie proposte di governo, l'istruzione appare in Italia come la Cenerentola del dibattito politico – Una realtà che fa il paio con quanto è confermato da uno studio Eurostat: siamo agli ultimi posti quanto a investimenti nella scuola e nella cultura – Una luce di speranza viene da una ricerca dell'Associazione degli editori: i bambini amano i libri più dei loro genitori

 

Certo il momento è pesante, la crisi infuria e giustamente i temi dell'economia e del lavoro sono al centro dell'attenzione. Ma scorrendo i giornali e ascoltando radio e tv durante la recente campagna elettorale, e nelle successive discussioni per la formazione del nuovo governo, colpiva il fatto che l'istruzione e la cultura, più ancora che in passato, erano confinate a un ruolo decisamente subalterno nel dibattito politico. Inutile sottolineare che proprio su questo capitolo della nostra vita associata riposano le speranze a lungo termine di uscire da questa crisi senza precedenti. Ma è proprio l'asprezza dell'emergenza a privilegiare il breve termine, con il risultato che la politica sembra concentrarsi a tamponare le falle (e almeno ci riuscisse...) piuttosto che ad individuare percorsi di largo respiro per le riforme strutturali.

Poiché tutto si tiene, come dicono i francesi, è arrivato proprio in questi giorni l'esito di una ricerca Eurostat sulla spesa pubblica nei paesi membri dell'Unione Europea, che conferma la posizione affatto marginale di scuola e cultura nella distribuzione degli oneri di bilancio. In Italia soltanto l'1,1 per cento della spesa pubblica è destinato alla cultura, esattamente la metà del 2,2 per cento che costituisce la media dei ventisette paesi dell'UE. Il dato colloca l'Italia all'ultimo posto fra i Ventisette, superata persino dalla Grecia, che pure essendo notoriamente afflitta da una crisi peggiore della nostra, dedica alla cultura l'1,2 per cento della spesa, un decimale più di noi. Fra i paesi maggiori, la Francia dedica alla cultura il 2,5 della spesa pubblica, la Gran Bretagna il 2,1, la Germania l'1,8.

Nel nostro bilancio pubblico, le spese per la difesa (3 per cento) e per l'ordine pubblico (4 per cento) superano di molto quelle per la cultura. Quanto alla scuola, assorbe in Italia l'8,5 per cento delle voci di spesa, contro una media europea del 10,9. C'è poi da considerare, ma il discorso porterebbe lontano, che accanto all'incidenza relativa delle varie voci di spesa ha un rilievo significativo anche il modo in cui quelle risorse vengono effettivamente impiegate. L'Italia figura nella parte alta della classifica in una sola voce di spesa, quella che si riferisce ai servizi pubblici generali: 17,3 per cento contro il 13,5 della media europea. La ragione è molto semplice: quella voce comprende gli interessi dell'immenso debito pubblico.

Insomma c'è poco da stare allegri, e del resto non è una novità, visto che questa situazione si trascina ormai da decenni. Cerchiamo di consolarci con un'altra statistica, quella relativa alle abitudini di lettura. Si sa che il nostro non è un paese che ama appassionatamente i libri, gli indici di consumo della carta stampata sono da sempre a livelli desolanti. Eppure c'è anche un elemento confortante: secondo una recente ricerca dell'Associazione italiana editori il 58 per cento degli italiani sotto i diciassette anni legge quotidianamente. Si parla, è chiaro, di letture al di fuori dei testi scolastici. Una percentuale che forse può sembrare scarsa, ma che supera di gran lunga quelle relativa agli adulti, che leggono d'abitudine soltanto per il 46 per cento.

Per i più piccoli, in particolare, il libro da sfogliare e da colorare, quando non ancora da leggere, supera largamente il computer, che oltre i dieci anni si colloca invece al primo posto. Insomma i libri piacciono ai bambini italiani, una realtà che andrebbe incoraggiata per esempio attraverso la cura delle biblioteche scolastiche. Ma questo è purtroppo un tasto assai dolente: afflitte dai noti problemi di bilancio, le nostre scuole spendono ogni anno per l'acquisto di testi di lettura soltanto due terzi di euro per ogni ragazzo.

                                         r. f. l.

    


                                                  

 
 

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