Praticamente
assente durante la campagna elettorale, tendenzialmente
ignorata nelle varie proposte di governo, l'istruzione
appare in Italia come la Cenerentola del dibattito
politico – Una realtà che fa il paio con quanto è
confermato da uno studio Eurostat: siamo agli ultimi posti
quanto a investimenti nella scuola e nella cultura – Una
luce di speranza viene da una ricerca dell'Associazione
degli editori: i bambini amano i libri più dei loro
genitori
Certo
il momento è pesante, la crisi infuria e giustamente i temi
dell'economia e del lavoro sono al centro dell'attenzione.
Ma scorrendo i giornali e ascoltando radio e tv durante la
recente campagna elettorale, e nelle successive discussioni
per la formazione del nuovo governo, colpiva il fatto che
l'istruzione e la cultura, più ancora che in passato, erano
confinate a un ruolo decisamente subalterno nel dibattito
politico. Inutile sottolineare che proprio su questo
capitolo della nostra vita associata riposano le speranze a
lungo termine di uscire da questa crisi senza precedenti. Ma
è proprio l'asprezza dell'emergenza a privilegiare il breve
termine, con il risultato che la politica sembra
concentrarsi a tamponare le falle (e almeno ci riuscisse...)
piuttosto che ad individuare percorsi di largo respiro per
le riforme strutturali.
Poiché
tutto si tiene, come dicono i francesi, è arrivato proprio
in questi giorni l'esito di una ricerca Eurostat sulla spesa
pubblica nei paesi membri dell'Unione Europea, che conferma
la posizione affatto marginale di scuola e cultura nella
distribuzione degli oneri di bilancio. In Italia soltanto
l'1,1 per cento della spesa pubblica è destinato alla
cultura, esattamente la metà del 2,2 per cento che
costituisce la media dei ventisette paesi dell'UE. Il dato
colloca l'Italia all'ultimo posto fra i Ventisette, superata
persino dalla Grecia, che pure essendo notoriamente afflitta
da una crisi peggiore della nostra, dedica alla cultura
l'1,2 per cento della spesa, un decimale più di noi. Fra i
paesi maggiori, la Francia dedica alla cultura il 2,5 della
spesa pubblica, la Gran Bretagna il 2,1, la Germania l'1,8.
Nel
nostro bilancio pubblico, le spese per la difesa (3 per
cento) e per l'ordine pubblico (4 per cento) superano di
molto quelle per la cultura. Quanto alla scuola, assorbe in
Italia l'8,5 per cento delle voci di spesa, contro una media
europea del 10,9. C'è poi da considerare, ma il discorso
porterebbe lontano, che accanto all'incidenza relativa delle
varie voci di spesa ha un rilievo significativo anche il
modo in cui quelle risorse vengono effettivamente impiegate.
L'Italia figura nella parte alta della classifica in una
sola voce di spesa, quella che si riferisce ai servizi
pubblici generali: 17,3 per cento contro il 13,5 della media
europea. La ragione è molto semplice: quella voce comprende
gli interessi dell'immenso debito pubblico.
Insomma
c'è poco da stare allegri, e del resto non è una novità,
visto che questa situazione si trascina ormai da decenni.
Cerchiamo di consolarci con un'altra statistica, quella
relativa alle abitudini di lettura. Si sa che il nostro non
è un paese che ama appassionatamente i libri, gli indici di
consumo della carta stampata sono da sempre a livelli
desolanti. Eppure c'è anche un elemento confortante:
secondo una recente ricerca dell'Associazione italiana
editori il 58 per cento degli italiani sotto i diciassette
anni legge quotidianamente. Si parla, è chiaro, di letture
al di fuori dei testi scolastici. Una percentuale che forse
può sembrare scarsa, ma che supera di gran lunga quelle
relativa agli adulti, che leggono d'abitudine soltanto per
il 46 per cento.
Per i più piccoli, in particolare, il libro da
sfogliare e da colorare, quando non ancora da leggere,
supera largamente il computer, che oltre i dieci anni si
colloca invece al primo posto. Insomma i libri piacciono ai
bambini italiani, una realtà che andrebbe incoraggiata per
esempio attraverso la cura delle biblioteche scolastiche. Ma
questo è purtroppo un tasto assai dolente: afflitte dai
noti problemi di bilancio, le nostre scuole spendono ogni
anno per l'acquisto di testi di lettura soltanto due terzi
di euro per ogni ragazzo.
- r.
f. l.
|