Si
chiama ADHD, un acronimo inglese che designa la sindrome
da deficit di attenzione e iperattività – Un disturbo
comportamentale assai diffuso che si manifesta con
difficoltà di concentrazione e incapacità di controllare
i propri impulsi – Un istituto di ricerca del sistema
sanitario britannico raccomanda le linee d'azione per
riconoscere i sintomi e aiutare i bambini a superare il
problema – É in gioco l'integrazione sociale del
soggetto
Il
“National Institute for Health and Clinical Excellence”,
NICE, è un'organizzazione interna al sistema sanitario
inglese e a quello gallese che si occupa della elaborazione
di linee guida su tematiche inerenti la salute e il
riconoscimento e trattamento degli stati patologici. É
stato recentemente pubblicato un volume sul tema del
riconoscimento da parte dei genitori dei disturbi
comportamentali nei figli. É infatti molto importante che
il problema venga riconosciuto con chiarezza e che i
genitori sappiano come gestire la cosa e come evitare di
assumere a loro volta atteggiamenti che potrebbero
peggiorare la situazione.
Per
prima cosa “No al no” : severità, punizioni e “no”
non rappresentano una soluzione per il problema. Rischiano
infatti di aumentare il carico di frustrazione e sconfitte
che un bambino affetto da disturbi comportamentali si porta
dietro. Il disturbo comportamentale del quale si parla più
di sovente in questo periodo è l'ADHD, ossia la sindrome da
deficit di attenzione e iperattività. I sintomi più comuni
gravitano intorno alla difficoltà nel concentrarsi, all'iperattività
e all'incapacità di controllarsi e trattenere i propri
impulsi.
L'ADHD
insorge di frequente in soggetti che presentino anche altri
problemi, che possono variare dalla dislessia ai disturbi
d'ansia (comorbilità). La conseguenza peggiore di tali
disturbi sembra essere una grossa difficoltà
nell'adattamento sociale e nell'integrazione. Disturbi
questi che possono persistere fino all'età adulta: in circa
un terzo dei casi la condizione data dalla sindrome di
deficit di attenzione e iperattività non si risolve con la
crescita e coinvolge anche la vita adulta. Non solo, ma pare
che anche quelli che non rientrano più nel quadro
patologico del disturbo continuino a riscontrare gravi
problemi nel campo dell'adattamento al lavoro e al contesto
sociale.
Peter
Fonagy, professore di psicanalisi all'University College di
Londra dice: "Tutti i bambini possono essere
disobbedienti e impulsivi a volte, il che è perfettamente
normale. Comunque, alcuni bambini assumono atteggiamenti
estremamente difficili e complessi da gestire, che sono
fuori dalla norma per la loro età.” Proprio lì è
necessario intervenire. Tra le cause sembrano esserci un mix
di fattori genetici e di fattori contingenti legati a quel
delicato passaggio
tra la ricezione degli stimoli semplice e caotica della
primissima età infantile e la fase di coscienza e di
attribuzione dei significati. Se in questa fase di
riconoscimento del mondo circostante per un motivo o per un
altro venisse a mancare la “protezione” dell'adulto, il
bambino potrebbe rifugiarsi nel sintomo. Anche insuccesso
scolastico e fobia della scuola sono riconosciuti come
disturbi in questo contesto.
É necessario sia intervenire subito con cautela e con
attenzione, sia conoscere il problema per non rispondere
semplicemente con severità o indulgenza a quello che è un
disturbo da trattare come tale, così come è necessario
sopperire a quelle che sono le specifiche mancanze avvertite
dal bambino. Il rischio è altrimenti quello di impedire al
piccolo una crescita armonica e di vederlo sempre più
chiuso all'integrazione nella società.
- Laura
Venturi
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