Le
famiglie non erano in regola con il pagamento dei
contributi per la mensa, e così in un caso i piccoli sono
stati trattati a pane e acqua, nell’altro lasciati
addirittura fuori dalla mensa – Forse un pizzico di
xenofobia all’origine di un simile comportamento (erano
coinvolte nella vicenda alcune famiglie straniere), ma
soprattutto l’ignoranza dei più fondamentali diritti
– Questa volta sono stati i piccoli alunni a salire in
cattedra, dividendo il pasto con i compagni puniti
La cosa più impressionante è stata la reazione di un
genitore, all’uscita dalla scuola, davanti
all’intervistatrice che gli chiedeva un commento. “È
giusto, se uno non paga non ha diritto al servizio!”. Così
ha detto imperturbabile, tenendo per mano il suo bambino. Il
caso, anzi i due casi, hanno occupato le cronache
all’inizio del mese di aprile. Sono accaduti in due scuole
primarie italiane, nelle quali un certo numero di famiglie
non era in regola con il pagamento dei contributi per la
mensa. In una delle due scuole, a Montecchio Maggiore in
provincia di Vicenza, i piccoli coinvolti loro malgrado in
questa vicenda di inadempienze finanziarie si sono visti
servire solo pane a acqua: così ha deciso la giunta
comunale. Nell’altra, a Adro in provincia di Brescia, sono
stati addirittura bloccati all’ingresso nella sala mensa:
no, tu no, tuo padre non paga e allora resterai digiuno. In
entrambi i casi i bambini hanno pagato con una cocente
umiliazione l’inadempienza o la distrazione dei loro
genitori. I entrambi i casi ci sembra lecito parlare di
barbarie.
Nei commenti di stampa è stata avanzata l’ipotesi
che a determinare quel comportamento possa avere contributo
una robusta dose di xenofobia. Alcune delle famiglie
inadempienti sono infatti straniere, e gli episodi si sono
verificati in aree di forte concentrazione leghista, dove
cioè domina la scena un partito che della protesta contro
l’immigrazione più o meno incontrollata e le sue
conseguenze ha fatto un cavallo di battaglia. Ma questa
interpretazione non esaurisce il discorso: sia perché non
tutti i bambini coinvolti sono stranieri, sia perché
autorevoli esponenti di quella stessa forza politica hanno
preso le distanze da quel modo così disumano di affrontare
un problema di recupero crediti. Più che di un gesto
d’intolleranza dalle radici politiche, si tratta dunque di
una manifestazione d’inciviltà, dell’ignoranza di certi
elementari doveri. Del fatto, per esempio, che l’Italia è
ovviamente fra i firmatari della dichiarazione
internazionale dei diritti del bambino.
I nostri lettori sono abbastanza evoluti da non aver
bisogno di argomenti per dimostrare l’illegittimità, a
dir poco, di questi comportamenti. Ci permettiamo soltanto
di sottolineare quanto sia assurdo che si siano verificati
nel sistema scolastico, che ha una missione precipuamente
educativa, e proprio in occasione di quella riunione in sala
mensa che viene universalmente considerata come un
essenziale spazio di socializzazione, un distacco dal lavoro
in classe che permette di interagire, e tanto meglio se le
esperienze originarie sono diverse, attorno al “rito”
del cibo quotidiano.
La tristissima vicenda che abbiamo raccontato presenta
fortunatamente un confortante spiraglio di luce. Nel primo
dei due casi, quello che ha visto i figli dei genitori
morosi trattati a pane e acqua, gli stessi compagni si sono
ribellati al sopruso, dividendo il pasto con loro. Hanno
dunque dato una bellissima lezione di stile e di umanità
non soltanto ai dirigenti scolastici e comunali che hanno
impostato in modo così brutale il loro diritto a esigere il
dovuto, ma anche a quel genitore che trova del tutto
naturale negare ai bambini, visto che papà non paga, un
posto a tavola. Ci piace immaginare che anche suo figlio sia
stato fra i piccoli che hanno riempito, con tanta civile
naturalezza, i piatti vuoti dei loro compagni.
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a. v.
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