Una
legge dà finalmente a tutti i bambini indiani,
indipendentemente dal sesso e dalla collocazione sociale,
il diritto a otto anni d’istruzione gratuita –
L’innovazione ha una portata storica: è un colpo
decisivo alle tradizionali discriminazioni legate alle
caste e alla frequente esclusione femminile – Il
problema delle risorse e l’intervento della Banca
Mondiale – Sono 200 milioni in India i bambini da sei a
quattordici anni: otto milioni sono ancora da recuperare
agli studi
Ci sono leggi che fanno la storia, suggellando il
passato e creando le premesse
di un futuro diverso. È il caso della norma entrata
in vigore nei giorni scorsi in India, che nel secondo paese
più popoloso del mondo fa dell’istruzione un diritto
fondamentale per tutti, indipendentemente dal sesso e
qualunque sia la collocazione sociale. Un diritto che lo
stato ha il dovere di garantire gratuitamente. Un passo
avanti di eccezionale rilievo sia rispetto all’antica
tradizione delle caste, che di fatto sottraeva al processo
educativo moltitudini di bambini appartenenti agli strati
meno favoriti della società, sia in rapporto alla
discriminazione che soprattutto nelle campagne ha continuato
lungamente a colpire l’elemento femminile. La nuova
normativa prescrive che tutti i cittadini indiani compresi
fra i sei e i quattordici anni hanno il diritto di
frequentare gratuitamente la scuola. Dal che discende che lo
stato s’impegna a garantire il godimento di questo
diritto.
Negli anni recenti molti spettacolari progressi erano
stati fatti anche in assenza di questa legge: fra il 2003 e
il 2009 la popolazione scolastica compresa fra sette e
quattordici anni era salita di cinquantasette milioni,
portandosi a centonovantadue milioni. Queste cifre sono
determinate non solo dall’aumento costante della
popolazione, ma anche dall’allargamento altrettanto
costante dell’offerta educativa. Fatto sta che i bambini
indiani esclusi dalla scuola, che sette anni or sono erano
ancora venticinque milioni, si sono ridotti oggi a poco più
di otto milioni. La novità consiste oggi nel passaggio da
questa situazione di fatto a una situazione di diritto:
d’ora in avanti qualsiasi caso di evasione scolastica
chiamerà in causa precise responsabilità familiari o
statuali.
Presentando a New Delhi la nuova legge, il primo
ministro Manmohan Singh ha ricordato gli anni della sua
infanzia, quando imparava a leggere e scrivere alla luce di
una lampada a kerosene. Singh ha poi avuto accesso
all’istruzione superiore, diventando un esperto
economista. Voglio che la luce dell’educazione, ha detto,
arrivi a tutti, aprendo al talento di qualsiasi provenienza
la possibilità di essere riconosciuto e premiato. La
responsabile dell’Unicef per l’India, Karin Hulshof,
sottolinea come sulla base della nuova legge lo stato, con
l’aiuto delle famiglie e delle comunità locali, abbia ora
il dovere di garantire l’istruzione di base per tutti.
Naturalmente un ruolo tocca anche alla comunità
internazionale: la Banca Mondiale ha recentemente finanziato
due progetti, per un impegno complessivo superiore al
miliardo di dollari, uno dei quali diretto proprio al
recupero dell’evasione scolastica elementare. Per le
comunità rurali più isolate, si studiano sistemi
d’istruzione a distanza, fondati su quelle tecnologie
telematiche che in India sono assai sviluppate.
Paese di grandi contrasti, l’India può infatti
vantare vertici di eccellenza che si estendono anche al
campo educativo, in particolare per quanto riguarda
l’istruzione tecnica e quella economica, in plateale
contraddizione con le sacche di evasione scolastica e di
analfabetismo ancora diffuse soprattutto nelle campagne.
Seconda solo alla Cina come dimensioni demografiche, ma
fatalmente destinata grazie ai più alti tassi di natalità
a diventare fra non molti anni il paese più popoloso del
mondo, l’India è protagonista, non diversamente
dall’altro gigante asiatico, di un impetuoso sviluppo
economico. L’impulso dato all’istruzione di base non
potrà che accelerarlo: è la condizione preliminare non
soltanto perché vengano colmati i superstiti ritardi in
materia di copertura educativa, ma anche perché i progressi
tecnologici e produttivi si ripercuotano nelle aree più
disastrate della società. Si tratta di colmare quelle
sacche di miseria che ancora contrastano con i successi del
paese: un’altra realtà che non diversamente da quella
educativa è necessario correggere.
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r. f. l.
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