FOGLIO LAPIS - APRILE - 2009

 
 

Per il futurlibro "Antidoti all'invenzione del buio" – Storia di Ramon, una creatura nata  a Lisbona in una notte di vento così forte che spazzava via perfino se stesso: come un buco nero che inghiotte tutto, anche l’energia luminosa – Ma si può venire alla luce nel buio? – Sta di fatto che quella notte nell’ospedale saltò la corrente, l’ostetrica non seppe mai se aveva afferrato un bambino o un’ombra – Era un essere intermedio fra un angelo e un umano

 

La natura si è mostrata generosa creando per i deboli e gli impazienti il rifugio della follia, che ci protegge dall'atmosfera soffocante di questo mondo plasmato da secoli di culto del danaro e degli dei, che ti permettono – soldi permettendo – di usufruire in qualche clinica speciale di una lunga vita puramente vegetativa. Vegetativa, non "vegetale"!, perché quello – sì – sarebbe un ritorno al paradiso terrestre… Sentivamo battere il cuore degli alberi prima di quello degli uomini…

– Anche a me piace vedere le foglie che nascondono la luna, ma se dietro di esse si riuscisse a vedere la luna, sarebbe stupendo, la vita avrebbe finalmente un senso.

– Il signor Englaro ha una forza sovrumana, e continua a farci il dono di vivere in questo Paese dove gli danno dell'assassino…

– Hanno infilato un tubo nel tuo albero respiratorio!

Dopo l'incidente stradale, coniugato all'ospedale, in stato vegetativo, non "vegetale"!, Ramon poteva respirare, avvitato a quel tubo, per almeno cent'anni… E c'è chi sostiene che in quell'"avvitato" c'è di mezzo la vita… Che Ramon, anche in quello stato, poteva riprodursi per sette volte:

Ci sono vite male avvitate, fuori asse; chi le vive, non si trova mai perfettamente aderente a se stesso.

Nei casi più gravi, la lontananza fra sé e sé, diventa così grande, che si prova una nostalgia struggente della propria esistenza.

Ramon era di questi. Ramon c'era e non c'era. Ramon era un angelano: un "angelo con l'ano", proprio così!

L'ospedale in cui nacque, il primo settembre 1939, si trovava in Rue de la Malahombra, a Lisbona.

All'ora della sua nascita, saltò la luce, e per qualche minuto il grande edificio sparì negli spari: blocco nero nella notte nera. I due bui – che in Toscana sarebbero "buoi", e sarebbero bianchi – si accordarono così bene a Lisbona, che un unico grande disagio nero lo accolse al mondo.

Forse fu quel buio, forse sua madre che pensava ad altro o il vento che soffiava con tanta forza da spingere via anche se stesso (cosicché hanno ragione sia quelli che sostengono che quella notte c'era un gran vento sia quelli che ricordano che di vento non ce n'era affatto – cosa divento?), o la luna confusa dal suo alone, o chissà cosa mancò!... inconoscibile assenza.

Perché nessuno sa per quale presenza una vita nasca diritta, precisa come una locomotiva che imbocca una galleria, piantata come un giovane albero, in perfetta verticale, con il suo sotto sotto e il sopra sopra. Nessuno sa quale magìa porti una vita ad avvitarsi senza errori sul perno del mondo e del tempo che le compete.

Sebbene l'ostetrica abbia in seguito dichiarato che a causa del buio non sapeva se aveva afferrato un bambino o una piccola ombra, Ramon nacque.

Come prima cosa sua madre morì
ci fu un'eclisse di luna
l'anno diventò bisestile
il sigaro del nonno diede fuoco alla casa della famiglia
la Germania entrò in guerra
la farina fece i vermi
la compagnia telefonica fallì
la doccia si mise a gocciolare
in un affresco della villa dei Vettii a Pompei l'umidità cancellò tutti i rossi
il rosmarino nel vaso seccò
la libreria nello studio di suo padre prese il tarlo.

Il mondo era miracolosamente ancora in piedi, quando Ramon raggiunge i vent'anni.

Tutto era compiuto. Il suo destino errato proseguiva il suo disarmonico cammino.

Ramon tagliava una pera mentre voleva intingere il pane nel sugo, non era così sveglio come quando toccava il letto. I suoi passi non posavano nelle sue orme e i suoi gesti lo precedevano o lo ignoravano, solo per caso si presentavano esatti e concordi alla mossa dei muscoli. Era una questione di coincidenze mancate, di discronìe, di vita, appunto, male avvitata.

Quando Ramon parlava, erano le parole a parlare lui e non viceversa.

Non c'era procedura del vivere umano che riuscisse a seguire correttamente.

Capitava che scoppiasse a piangere mentre comprava una cartolina oppure a ridere mentre cercava di ricordare chi fra il cammello e il dromedario ha due gobbe, o intavolasse una conversazione sugli spigoli con una lettera maiuscola. Era un grande ammiratore degli spigoli. Per lui, sempre alle prese coi suoi confini tremuli, la nitidezza di volontà di uno spigolo era una consolazione. Li osservava compiaciuto. Li pensava prima di addormentarsi. Ne decantava la solidità. Li invidiava. Soprattutto, lo stupiva tanta decisione. Non esiste in natura spigolo incerto. Ecco! Essendo difficile dire cosa era Ramon, si può dire che cosa non era: Ramon era il contrario dello spigolo, come il sopra è il contrario del sotto.

Solo di notte la distanza da se stesso si accorciava. Nel buio era nato, nel buio trovava un po' di forza. Con i sogni, a differenza che con gli uomini, si fronteggiava da pari a pari. Si guardavano dritti negli occhi.

E poi tutta la notte erano battaglie, corpo a corpo furibondi. Ognuno che cercava di tirare l'altro oltre la linea di demarcazione. Erano urla, strattoni, piedi puntati, polverone. Ramon resisteva, i sogni anche. Alla luce del mattino, si ritiravano ansimanti, esausti, spettinati.

I sogni rientravano nelle grotte del cuore sbattendo la roccia. Ramon aspettava di uscire. Aspettava che il momento dell'uscire gli si presentasse davanti o lo conducesse con sé fuori casa… voglio dire. Era stravolto, ma non si vedeva. La sua faccia stanca, pallida, giaceva come una maschera nei meandri delle sue strade chiuse, sperduta nel suo perdersi.

Ramon era così… Anzi, no! Cioè, sì.

Un giorno, colpito da un barlume di consapevolezza della sua disarmonia temporale e spaziale, Ramon provò a controllare la propria esistenza: lì e ora.

Vedendolo arrivare nonostante la sua presenza altrove, lo specchio fu costretto a staccarsi dal muro e a precipitare sul pavimento in mille schegge.

Nessuna di esse, accuratamente esaminata, riflesse Ramon che le raccoglieva…

 

Si nota: Un medico svedese, il dottor Ole Rassmussen, sostiene che fra i mammiferi l'aura di una madre e del suo neonato rimane una sola, indivisa, per diversi giorni dopo la nascita e che per questo, se uno dei due muore, il sopravvissuto subisce un tale trauma, una tale lacerazione alla sua "parte nuvola", alla sua leggerezza, da non potere fare altro che schizzare da un lato, in un corridoio morto dell'esistenza.

Pertanto tali soggetti, conclude il dottor Rassmussen: "Si trovano morti in presenza di vita, sono degli abusi esistenziali, dei disadattati radicali, degli extramondiali, dei ladri di respiro, degli usurpatori di luce, degli inammissibili, degli angelani: creature intermedie fra gli angeli e gli umani".

 

 

                        Filippo Nibbi, Giovanna De Carli
                                         

    


                                                  

 
 

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