Secondo
uno studio condotto nel sistema educativo del Galles, sono
sempre di più e sempre più giovani i ragazzi che
marinano le lezioni – Per questo è stato varato un
piano che si propone di arginare il fenomeno, anche se
realisticamente si prevedono tempi molto lunghi – A
questa abitudine sono statisticamente connesse altre
realtà, come il bullismo o l’insufficiente rendimento
– Consapevoli delle pesanti ricadute sociali di tutto
questo, i dirigenti scolastici gallesi hanno deciso di
correre ai ripari
“Vogliamo che
tutti i nostri ragazzi realizzino pienamente il loro
potenziale”. Così Jane Hutt, ministro dell’istruzione
nell’autorità governativa che secondo le regole della devolution
gestisce gli affari pubblici nel Galles, e fra questi quelli
relativi all’ambito educativo. Un obiettivo quanto mai
ambizioso, che scaturisce da uno studio condotto per due
anni nel sistema scolastico gallese per mettere a fuoco due
fondamentali problemi: quello della frequenza alle lezioni e
quello del comportamento in aula.
Coordinata da un
gruppo di operatori che comprendeva insegnanti, ricercatori
universitari, rappresentanti di agenzie per l’assistenza
all’infanzia, funzionari di polizia, l’indagine ha
permesso di tracciare un quadro assai problematico. I
ragazzi che marinano la scuola sono sempre di più. Non
solo: se un tempo il fenomeno riguardava quasi
esclusivamente il livello secondario, adesso la situazione
è completamente mutata, al punto che oltre un terzo dei
ragazzi che “bigiano” hanno cominciato a farlo fin dalle
classi primarie.
L’indagine
negli istituti d’istruzione gallesi ha anche portato alla
verifica di un rapporto diretto fra scarsa frequenza,
comportamenti devianti e basso rendimento scolastico. Ha
anche appurato che mentre da un lato molti docenti si
dichiarano impreparati a gestire queste caratteristiche
patologie, e in particolare non sempre registrano
accuratamente le assenze, dall’altro le famiglie si
dimostrano sempre meno interessate alle vicende scolastiche
dei loro ragazzi. La vecchia abitudine di accompagnare i
figli a scuola si arresta sempre più precocemente.
Secondo il
ministro Hutt è assolutamente necessario per la scuola
riconquistare il diretto coinvolgimento delle famiglie. Lo
si può fare, secondo lei, non soltanto predicando il dovere
morale di assistere i propri figli, ma anche rendendo
manifesto un dato statistico che non deve assolutamente
essere riservato agli addetti ai lavori: le possibilità
occupazionali dei giovani sono strettamente legate al
rendimento scolastico. Ciò significa che trascurare il
problema significa preparare l’esclusione non soltanto
culturale, ma anche sociale dei ragazzi. È un problema
dunque che riguarda non soltanto la scuola e la società nel
suo insieme, ma prima di tutto le singole famiglie,
soprattutto in un’epoca in cui un’economia alle prese
con un grande processo di transizione fa sì che la
competizione nel mondo del lavoro sia particolarmente
serrata.
Si tratta dunque
di addestrare i docenti a questa specifica sfida, di far
recuperare agli alunni quell’autostima la cui mancanza,
molto spesso, è causa di comportamenti irregolari, a
cominciare da quello classico che consiste nel marinare la
scuola, e di indurre i genitori a svolgere in materia il
ruolo centrale che loro compete. Il primo obiettivo è
quello di migliorare i rendimenti, a cominciare dalla stessa
alfabetizzazione di base. S’insiste sull’auspicio di
tempi rapidi per ottenere risultati, ma realisticamente si
mette in conto un lavoro di lunga durata.
Fra gli scopi del
piano d’intervento elaborato dai tecnici gallesi ci sono
anche il supporto diretto alle singole scuole, il
coinvolgimento degli alunni nei processi decisionali, un
significativo aumento della frequenza scolastica, un
altrettanto significativo miglioramento comportamentale,
maggiore sicurezza a scuola per discenti e docenti. E
ancora: rendere consapevoli i ragazzi e le loro famiglie che
se ci sono problemi possono chiedere e ottenere aiuto,
consolidare le iniziative già avviate contro il bullismo,
sviluppare azioni di assistenza alle famiglie dei ragazzi
con problematiche particolari, e soprattutto garantire che
il personale docente e gli altri operatori scolastici siano
addestrati a operare con efficienza, in particolare con le
competenze necessarie a mettere sotto controllo la questione
della frequenza.
- r.
f. l.
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