Questo
è il racconto di una ricreazione continua, una
fabbrica dell’universo che non ha mai fine, una
metamorfosi incessante - Il risultato è un mondo
dell’imprevisto: dove ci si sveglia, invece che nel
proprio letto, in un campo di tiro a segno, dove si va in
ufficio e lo si trova trasformato in un fiume pieno di
fiori di loto– E se uno prova a rifugiarsi in chiesa, la
vede allontanarsi su zampe di tartaruga
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Ait Ben Haddou – Marocco, 1°
febbraio 2008 |
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Sant'Antonio parlava con
i pesci. Di quella conversazione le cose più intelligenti,
sicuramente le hanno dette i pesci.
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Il microchip è
un minuscolo uccellino?
- Chi
ha inventato la neve?
- Chi
ha inventato l'acqua?
- Chi
ha inventato i ponti
- e
il cuore?
- Chi
ha inventato il contare
- e
il cantare
- il
vetro e il rimbalzare?
- Chi
ha inventato le foglie, le ciglia, le ali
- lo
sguardo dei cani, gli inchini, le mani?
- Chi
ha inventato le scale, il vapore, le discese
- i
salti, le parole?
- Il
cerchio, i baci, il risveglio
- il
galleggiare
- il
rosso i laghi le distanze
- il
legno le uova il ritornare?
- Chi
ha inventato il vento e il sognare
- il
futuro, le onde, le ombre nel mare
- il
respiro e la sosta?
- Non
rispondetemi: Dio.
- Troppo
facile
- Questa
non è una risposta
E
finalmente nel piano del Tempo. Esattamente in mezzo al mare
del tempo, in un punto che nessuna mente contenuta in un
involucro osseo poteva calcolare né immaginare, arrivò il
secondo dio.
Si
scoprì così che la Creazione non era avvenuta ma avveniva,
che era una costruzione fantastica di cui erano state
gettate rudimentali basi ma che ora, con l'entrata in scena
del secondo dio, avrebbe iniziato a complicarsi e
arricchirsi in imperscrutabili forme.
Il
secondo dio veniva a porre rimedio alle approssimazioni e
agli errori del primo. I filosofi, sotto l'urto di quella
colossale novità, ripartirono di slancio, i matematici
inanellavano cifre tridimensionali a spiraloide la cui
proiezione verso l'infinito dava il numero ipotetico dei
futuri dii a venire. L'universo cantava, un respiro
unanime di alberi uomini animali farfalle venti foglie acque
nevi terre rocce ombre sole stelle, un unico immane respiro
e alzare di occhi al cielo, aveva accolto l'arrivo del
secondo dio.
Ed
Egli si mise al lavoro: insediò il Cambiamento fra
le grandi regole della vita, al fianco del prima e del dopo
del sopra e del sotto della nascita e della morte. Niente
nel secondo mondo poteva restare uguale a se stesso per
oltre dieci volte. Così la farfalla, dopo dieci voli,
diventava pianto o tempesta o un palazzo di vetro e gli
sguardi, dopo dieci sguardi, diventavano un'isola o il pizzo
in fondo a una veste o sfera di vetro.
Tutto
era mutevole, caratteristica di ogni esistenza matura e
progredita. Niente, dopo dieci mattine, era più uguale a se
stesso: il mondo rutilava di colori e forme e
ininterrottamente vibrava di metamorfosi. Tornare a casa
dopo l'ufficio e trovare al suo posto un fiume orientale fra
fiori di loto e svegliarsi, invece che di fianco alla
propria moglie, nel mezzo di una scuola di tiro a segno, era
un normale paradosso.
All'inizio,
l'opera del secondo dio portò sgomento. I primi creati,
duri e prigionieri dei loro confini e di poche rozze leggi
fisiche che si proponevano sempre uguali tanto da poter
essere calcolate con precisione matematica, piangevano e
urlavano quando davanti ai loro occhi la città si
trasformava in una collina di perle, la mano del figlio
nella loro sfuggiva in un volo di colibrì, il tramonto si
abbatteva al suolo trasformato in un lenzuolo fradicio.
Chi
osa chiosa! Molti corsero in chiesa, ma la chiesa si
allontanava lenta sulle sue nuove zampe di tartaruga mentre
mazzi di fiori avanzavano lungo la via chiacchierando e
ridendo.
L'antico
creato rabbrividiva nella sua pelle, si aggrappava alle sue
stesse mani, invocava il primo dio, quello dell'ordine e
delle regole, l'amato dio dell'immutabile. Molti si
ammazzarono, rifugiandosi nella vecchia cara morte,
preferendo la distruzione di sé al cambiamento. Ma i nuovi
nati, macchine perfette di non stupore, programmati da
sempre all'adattamento, guardavano per dieci volte il
ribollire che li circondava poi cambiavano stato con
leggerezza, come l'acqua di un'onda sale e si inabissa
serena in vortici che la disperdono senza rinnegare il suo
azzurro.
Si
chiesero a lungo gli storici del milionesimo millennio se il
secondo dio (secondo me? secondo te?)
avesse migliorato l'universo rispetto al primo dio. Ma era
un esercizio accademico, quasi uno scherzo. Intanto perché
la mutevolezza era impossibile da paragonare ad alcunché
data la sua natura inafferrabile e poi perché perfino
l'ottusa, rigidissima mente umana, verso l'inizio del
180esimo millennio si era rassegnata all'evidenza che le
risposte non esistono e dunque è sciocco cercarle.
Non
si può qui raccontare tutti i mondi a seguire. Si può fare
un accenno all'estroso settantatreesimo dio, che spostò la
creazione su un'asse laterale illuminando così ogni
esistenza di una luce di taglio e di una postura sghemba che
fu molto apprezzata per la sua originalità.
Dio
si susseguiva a dio senza ordine di durata, con inaspettate,
repentine apparizioni. I terremoti esistenziali, che
coinvolgevano anche le stelle e i cieli tutti, erano
diventati la norma.
Finché
un giorno, quando ormai ogni atomo si era abituato all'inabitudine,
ogni essere vivente era ubriaco di cambiamento e l'enorme
respiro del cosmo si espandeva libero e danzante,
improvvisamente, riapparve il primo dio.
Nessuno
seppe mai se questo ritorno era calcolato o se fu per una
rottura della catena dioica, fatto sta che una colata
di cemento si insinuò nelle vene dell'universo, ogni
particella fu nuovamente rinchiusa nei suoi confini, le
epidermidi si indurirono, indurarono, le forme si
irrigidirono, le teste compresse in ossa e schemi, le orbite
celesti in vie obbligate, il tempo scandito, i luoghi
incatenati.
E
di nuovo fu solo la morte a salvare dall'immutabile. Solo la
morte come unica porta.
"Sono
fatti di sassi i miei passi".
- Filippo
Nibbi, Giovanna De Carli
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