FOGLIO LAPIS - APRILE - 2006

 
 

Si tratta di un laptop delle dimensioni di un libro, con display anche a colori, e l’alimentazione affidata a una batteria ricaricabile manualmente con una dinamo – L’iniziativa, dovuta a un gruppo di aziende leader nell’informatica, è destinata soprattutto ai paesi poveri, alle prese con problemi di energia – Il progetto, da realizzarsi entro l’anno prossimo, ha suscitato molto interesse ma anche le prevedibili critiche da parte delle imprese concorrenti

 

Il primo computer viene alla luce durante la seconda guerra mondiale, è di origine inglese ed è accompagnato da un nome altisonante Colossus. Quello che neanche i suoi inventori potevano immaginare è che, nel tempo relativamente breve di qualche decina d'anni, sarebbe divenuto uno strumento in grado di condizionare e modificare drasticamente modelli di comportamento, stili di vita e rapporti interpersonali dell'uomo occidentale.

La vera rivoluzione è avvenuta da quando si sono modificati i suoi campi d'impiego, da militare a civile, e da quando si sono cominciate a produrre macchine relativamente facili da utilizzare anche da utenti meno esperti.

Quello che invece ci lascia alquanto perplessi è il constatare come la tendenza negli ultimi anni delle grandi aziende produttrici di software e di hardware sia quella di immettere sul mercato prodotti sempre più capienti, “pesanti”, decisamente accattivanti e ricchi di funzioni che forse non adopereremo mai o, nella migliore delle ipotesi, destinati a divenire obsoleti nel giro di pochi mesi. Ci sembra che esse siano orientate più a creare bisogni che a cercare di andare incontro alle reali esigenze dell'individuo. Ed allora non resta che chiederci: è l'uomo che deve adeguarsi ai nuovi ritrovati tecnologici o, viceversa, sia la ricerca tecnologica a doversi piegare ai bisogni concreti degli utenti finali?

E' per questo che il progetto lanciato dal responsabile del MIT[1] Nicholas Negroponte durante il WSIS[2] di Tunisi alla presenza di Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite il 17 novembre scorso, non può assolutamente passare inosservato: la produzione, entro fine anno inizio 2007, di un laptop economico a manovella destinato ai paesi del sud del mondo. Partner dell'iniziativa un pugno di aziende leader nel settore informatico fra le quali Advanced Micro Devices (AMD), Google, News Corporation, Brightstar, Nortel e Red Hat.

Il gioiellino  tecnologico si presenta piccolo come un libro di testo, è accessoriato con una tastiera, un display dual-mode in grado di funzionare sia a colori sia in bianco e nero con una speciale modalità che lo rende leggibile anche in piena luce, un sistema operativo gratuito Linux, un processore da 500MHz, 128 di DRAM e 500Mb di memoria Flash. Non permetterà di immagazzinare troppi dati per la mancanza di un disco rigido ma avrà quattro portre USB; inoltre permetterà di collegarsi ad internet senza fili su banda larga e di comunicare con gli apparecchi vicini creando una specifica rete mesh, peer-to-peer. Per alimentarsi non avrà bisogno della corrente elettrica o di generatori, ma si servirà di una speciale manovella utile a ricaricare la batteria.

Al momento esiste soltanto come prototipo funzionante[3] ed è stata individuata la casa produttrice: si tratta della Quanta Computer Inc con sede a Taiwan, la quale si è impegnata a fornirlo al costo di 100 dollari (poco più di 80 euro). Il modello non sarà commercializzato ma acquistato dalle organizzazioni governative e dai ministeri dell'educazione dei paesi interessati che, a loro volta, lo distribuiranno ai bambini, per esempio come libro di testo. I Paesi che al momento sono affiliati al programma OLPC (One Laptop per Child) sono: Brasile, Thailandia, Egitto, Cina, India, Argentina e Nigeria, mentre altri si sono dichiarati interessati al progetto.

Che dire? Le interpretazioni possono essere molteplici e non sempre conciliabili. E’ fuori dubbio che non si tratta soltanto di esportare informatica e tecnologia, ma una filosofia, un modello concettuale, culturale, paradigmi conoscitivi e costrutti comunicativi che in qualche modo legano indissolubilmente il ricevente con il donatore, in una sorta di neo-colonialismo. Magari in buona fede, ma i cui sviluppi possono rivelarsi tutt’altro che positivi.

C’è chi ha stroncato decisamente il progetto come Craig Barrett, amministratore delegato Intel[4], il quale ha definito il computer di Negroponte un “semplice gadget”, negandogli qualsiasi futuro o utilità. Sulla stessa onda Bill Gates che ha asserito: “credo che l’ultima cosa che un utente desideri è stare seduto davanti a un computer con uno schermo minuscolo, cercando di farlo funzionare mentre tenta di battere qualcosa sulla tastiera”. Ma come, proprio lui che il Time aveva immortalato sulla copertina per la sua attività filantropica ora dileggia un’iniziativa per i paesi poveri? Sintomo che dietro sta per accendersi una cruenta battaglia economica e commerciale fra le maggiori aziende del settore interessate a procacciarsi milioni di potenziali clienti, i cui effetti a medio termine non potranno non investire anche l’occidente.

La strada per l’evangelizzazione informatica dei paesi poveri ci sembra comunque tracciata ed i progetti iniziano a moltiplicarsi: una ditta di Hong Kong, Asiatotal.net Ltd., ha in cantiere un piano per distribuire gratuitamente duecentomila computer in Brasile. Le spese saranno sostenute da un gruppo di sponsor che in cambio inseriranno sulla tastiera un pulsante in grado di collegare direttamente la macchina al sito internet dei “donatori”. Se si faranno avanti altri sponsor, iT, è questo il nome del portatile, potrà essere distribuito anche in altri paesi.

Da parte nostra riteniamo che il “computer a manovella” dimostra che se le aziende vogliono è possibile anche da noi, perlomeno per gli usi più comuni, progettare ed immettere sul mercato computer a basso costo, magari anche più affidabili. Basterebbe equipaggiarli con software opensource e tagliare drasticamente i costi di vendita, di marketing ed i profitti aziendali. E perchè no, riciclando vecchie macchine in disuso.

Se la tecnologia è al servizio del progresso e non del profitto, ecco che riesce ad immaginare nuovi modelli informatici capaci di funzionare e di essere utili anche in luoghi impervi ed impensabili come il sud del mondo, magari per assestare un duo colpo all’analfabetismo.

Siamo convinti che non basti regalare computer a bambini poveri per colmare il digital divide o per risolvere i loro problemi (magari dopo poco li ritroveremo sulle bancarelle di qualche mercato occidentale), ma avremo dato loro un’opportunità per apprendere, un sussidio con cui pensare. Il computer, per dirla con Seymour Paper[5], è come un pianoforte, uno strumento in grado di fornire la capacità di esprimersi, spetta agli  insegnanti guidarli verso un processo che li ponga in condizione di svilupparsi come individui.

        

                                                 Clemente Porreca

 

 

 



[1] Presso il MIT (Massachussetts Institute of Tecnology), una fra le più prestigiose università americane, è  stato istituito nel 1980 un innovativo laboratorio interdisciplinare che studia e sperimenta il futuro della comunicazione.

[2] Il WSIS (World Summit on the Information Society) è il forum mondiale dell’OU per la società dell’informazione sui temi del digital divide e della diffusione dell’informatica.

[3] La produzione vera e propria inizierà quando un numero congruo di macchine, dai 5 ai 10 milioni, saranno commissionate e pagate in anticipo.

[4] E’ di questi giorni il lancio in India di un “community computer”, targato Intel, in grado di operare in villaggi rurali. Il computer di nome Jaagruti, che in sancrito significa “risveglio”, si presenta come un robusto chiosco web pensato per un uso collettivo. Gestito da operatori locali permetterà, fra i tanti utilizzi, di smistare pratiche di pubblica amministrazione, riducendo notevolmente i costi ed i tempi di spostamento che, in un’area così vasta, è possibile immaginare cosa significhi. Progettato tenendo conto delle variabili ambientali del luogo (polvere, luce, piogge e temperature estreme), ha consumi bassissimi, 100W, e volendo, può essere alimentato con una batteria per auto o da pannelli fotovoltaici.

[5] Seymour Paper è il massimo esperto mondiale di informatica per l’infanzia. Considerato uno dei pionieri dell’intelligenza artificiale, ha studiato e sperimentato come sia possibile, grazie al computer, cambiare radicalmente i sistemi di apprendimento. Suo, nella seconda metà degli anni ’60, lo sviluppo del famoso linguaggio di programmazione Logo.

 

 


                                                  

 
 

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