I
risultati sconcertanti di un’inchiesta sulla percezione
del crimine organizzato, svolta fra gli studenti di un
istituto professionale di Ottaviano, in Campania – I più
considerano che il fenomeno mafioso non può essere
sconfitto, il 12 per cento ne dà addirittura un giudizio
positivo – Ma c’è a Napoli un’Associazione studenti
anticamorra, cui si deve l’iniziativa – Come anche in
Sicilia e in Calabria, accanto ai giovani rassegnati ci
sono dunque quelli che reagiscono
Che
cosa pensi della camorra? Pensi che si possa sconfiggere?
Credi che siano utili le manifestazioni antimafia? Queste e
altre domande sul fenomeno mafioso nella sua versione
campana sono state poste a cinquecento ragazzi, e molte,
troppe fra le risposte sono a dir poco sconcertanti. Gli
intervistati sono studenti di un istituto professionale che
si trova a Ottaviano, un grosso centro alle falde del
Vesuvio noto alle cronache per i frequenti episodi che
rivelano un forte radicamento della criminalità
organizzata. L’iniziativa del sondaggio è partita
dall’Associazione studenti anticamorra di Napoli, un
gruppo di giovani personalmente impegnati nella
contestazione attiva non soltanto della camorra come crimine
organizzato, ma anche di quella diffusa mentalità mafiosa
che ne costituisce il fertile terreno di coltura. E di cui i
risultati dell’indagine condotta a Ottaviano costituiscono
una desolante conferma.
Soltanto poco più
di un terzo dei ragazzi intervistati, infatti, pensa che la
camorra possa essere sconfitta. Per il 43 per cento è
invece invincibile, mentre il 26 per cento preferisce non
pronunciarsi. Ancora: il 37 per cento considera la camorra
un fenomeno inevitabile: una sessantina di ragazzi, il 12
per cento del campione, ne dà addirittura un giudizio
positivo. Si registra anche una preoccupante familiarità
con la criminalità organizzata: oltre la metà dei
cinquecento ragazzi di Ottaviano dichiara di avere
conosciuto un malavitoso. Ancora di più sono coloro che
considerano inutili le manifestazioni antimafia. Speculari
le risposte ad alcune domande relative all’attività delle
forze di polizia: si tratta di un’azione efficiente
soltanto per il 19 per cento degli intervistati, mentre metà
del campione la giudica negativamente. Di più, quattro
ragazzi su dieci dicono di non avere alcuna fiducia nelle
forze dell’ordine.
Ci si chiede,
ovviamente, quali prospettive si aprano, dalle parti di
Ottaviano, in materia di legalità. Ventisei ragazzi su
cento, del resto, non riescono a immaginare il proprio
futuro nella città natale: hanno infatti dichiarato agli
intervistatori la loro ferma intenzione di andarsene.
Probabilmente si tratta di quelli che vorrebbero la camorra
sconfitta, ma proprio non ci credono, anche perché troppi
compagni intorno a loro considerano il fenomeno una fatalità
inevitabile, se non addirittura una cosa positiva.
Fortunatamente la notizia di questa indagine porta con sé
anche un aspetto confortante: la conferma che accanto ai
ragazzi rassegnati, o conniventi, di Ottaviano ci sono anche
quelli dell’Associazione anticamorra, che incuranti dei
rischi studiano il fenomeno e lo aggrediscono.
Ci fanno venire in mente i loro coetanei di Locri,
Calabria, che dopo l’ultima impresa della mafia locale, la
n’drangheta, scesero in piazza a protestare contro
l’assassinio del vicepresidente del consiglio regionale
Francesco Fortugno. Il loro slogan fece il giro del mondo: E
adesso ammazzateci tutti!, gridavano con la voce, le
magliette e gli striscioni, rivolti ai sicari e ai mandanti
del crimine organizzato. O più indietro nel tempo i giovani
di Palermo, che dopo le stragi mafiose del 1992 (i giudici
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sterminati con le loro
scorte) scesero in strada per dire basta, e affidarono a una
fioritura di drappi appesi alle finestre e ai balconi
un'altra formula efficace: Li avete uccisi, ma le loro idee
camminano con le nostre gambe!
Si tratta di reazioni che, considerato il contesto,
vanno apprezzate come meritano. Nonostante la diffusa
rassegnazione, persino il compiacimento non marginale,
pensiamo che i fenomeni mafiosi possano in realtà essere
sconfitti. Certo non dipende solo dalle attività di
contrasto delle forze di polizia, per quanto essenziali.
Dipende soprattutto da un’azione capillare di educazione
alla legalità che dalla scuola deve raggiungere le famiglie
e quindi permeare il tessuto sociale. Un’operazione
difficile, dai tempi inevitabilmente lunghi: ma il ricordo
dei cortei di Palermo e di Locri, e il lavoro degli studenti
anticamorra di Napoli, ci permettono di considerarla
un’operazione possibile.
a. v.
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