FOGLIO LAPIS - APRILE 2004

 
 

Una troupe cinematografica, ridotta al minimo indispensabile per limitare il più possibile l'interferenza, ha trascorso un intero anno scolastico fra le classi della media "Nino Cortese" in un rione periferico e disagiato di Napoli - Ne è uscito un film documentario, "A scuola", in cui il rapporto fra istituzione educativa e società emerge in tutta la sua complessità - Il mio film, dice il regista Leonardo Di Costanzo, vuole contribuire al dibattito sul ruolo e i limiti della scuola statale

 

É un documento per molti versi sconvolgente, un film sulla fatica di insegnare, è stato detto: ma anche sulla fatica di esistere, di essere adolescenti proiettati da una società malata in una scuola che è l'ultima trincea istituzionale, alle prese con docenti chiamati, prima ancora che a insegnare, a tentare l'impossibile, a salvare il salvabile dallo sfacelo culturale e sociale. Il film, una coproduzione italo-francese diretta da Lenardo Di Costanzo, ha scelto per la sua incursione una scuola di Napoli, precisamente la media "Nino Cortese", che nel quartiere periferico di Pazziano raccoglie una varia umanità di ragazzi più o meno a rischio, portatori di disagi familiari e sociali. É una realtà di Napoli, ma questo pregnante documentario, sessanta minuti di cinema così eloquenti nella loro sobrietà, potrebbe essere stato girato anche altrove, nella banlieue parigina per esempio, o in qualsiasi altra degradata periferia metropolitana.

Come dice Maria Consiglia Battista, che nell'anno scolastico 2001-02, quando fu girato il film, era preside alla "Cortese", questa è una realtà in cui "nuove ricchezze si sono spavaldamente imposte e nuove povertà si sono nascoste dietro cortine di dignitoso riserbo", in cui "genitori 'nullatenenti' pieni di oro chiedono buoni-libro per figli vestiti all'ultima griffe" mentre ci sono anche "ragazzi che per studiare chiedono in prestito il libro al professore". Nel film la preside è figura centrale, chiamata a raccordare con la sua autorevolezza il faticoso sforzo dei docenti volto a frenare le mille spinte centrifughe cui sono soggetti i loro alunni. Ragazzi e ragazze che lasciano l'aula, che se ne vanno per i fatti loro, che rifiutano non solo di fare i compiti ma a volte anche di parlare italiano, che ostentano quel caratteristico disprezzo adolescenziale per il dialogo che invariabilmente denota una drammatica insicurezza. La troupe, pur volendo mantenere la sua visibilità, è stata ridotta al minimo per non interferire più di tanto con la vita della scuola e per modificare il meno possibile i comportamenti: presenti soltanto il regista-operatore e la tecnica del suono.

La lunga durata di questa presenza ha finito con il neutralizzarne gli effetti di disturbo. E così i ragazzi si sono mostrati, incuranti della cinepresa, esattamente per quello che sono. La loro cifra è l'indifferenza, o almeno l'ostentazione dell'indifferenza: mentre per nulla affatto ostentata, ma visibilmente reale, è invece l'indifferenza dei genitori. Gente annoiata che risponde con fastidio alla convocazione del capo d'istituto, che trova del tutto naturale il comportamento del figlio, anche se il ragazzo si è spinto fino al limite della provocazione. Gente che afferma "ci sono problemi più gravi", o che dichiara tranquillamente di mandare i figli a scuola solo perché altrimenti "ci mandate i carabinieri". Il documentario illustra, chiarisce, denuncia, e ne viene fuori un'istantanea realistica e crudele. L'estraneità dei ragazzi rispetto alla scuola, il disagio dei docenti preoccupati soprattutto di tenere in classe i loro alunni, e chiamati dunque a un compito che va ben oltre la funzione didattica (e che meriterebbe un ben diverso trattamento economico e normativo: ma questo è un altro discorso), l'evidente cortocircuito fra il malessere sociale e un'istituzione scolastica priva dei mezzi minimi necessari per affrontare simili emergenze.

L'opera di Di Costanzo ha ottenuto vari riconoscimenti: primo premio al Filmmaker Film Festival di Milano, premio Area cinema giovani e Selezione ufficiale "Nuovi territori" alla Mostra di Venezia. É anche disponibile in videocassetta presso la Minimum Fax Media (tel. 063336545/553, fax 063336385, internet http://www.minimumfax.com/). Dovunque sia stato visto, è stato il punto di partenza di animati dibattiti. Punto di partenza, perché il film non ha carattere conclusivo nè propositivo: è piuttosto una denuncia di sintomi, una raccolta di importante materiale che è tutto da esplorare, da analizzare, da capire. Come osserva la preside, la rivelazione del film non arriva al fondo delle situazioni, nè poteva arrivarci: "chi ha vissuto i fatti mentre crescevano, esplodevano e si imponevano all'attenzione dell'osservatore attento, sente ancora ogni volta che assiste ad una proiezione del prodotto finito un senso di spaesamento rispetto alla profondità che sa esistere dietro ogni fatto e sente inevitabilmente perduta". Certo la realtà è più complessa della sua emersione davanti alla cinepresa: ma gli spunti di riflessione che questo film contiene sono tali e tanti da renderlo un documento prezioso, in un periodo in cui molte riflessioni della scuola sembrano prescindere dalla scuola stessa, e soprattutto dal suo problematico radicamento sociale.

 

                                                                                a.v.

 

 

 

 

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