Una
troupe cinematografica, ridotta al minimo indispensabile
per limitare il più possibile l'interferenza, ha
trascorso un intero anno scolastico fra le classi della
media "Nino Cortese" in un rione periferico e
disagiato di Napoli - Ne è uscito un film documentario,
"A scuola", in cui il rapporto fra istituzione
educativa e società emerge in tutta la sua complessità -
Il mio film, dice il regista Leonardo Di Costanzo, vuole
contribuire al dibattito sul ruolo e i limiti della scuola
statale
É un documento
per molti versi sconvolgente, un film sulla fatica di
insegnare, è stato detto: ma anche sulla fatica di
esistere, di essere adolescenti proiettati da una società
malata in una scuola che è l'ultima trincea istituzionale,
alle prese con docenti chiamati, prima ancora che a
insegnare, a tentare l'impossibile, a salvare il salvabile
dallo sfacelo culturale e sociale. Il film, una coproduzione
italo-francese diretta da Lenardo Di Costanzo, ha scelto per
la sua incursione una scuola di Napoli, precisamente la
media "Nino Cortese", che nel quartiere periferico
di Pazziano raccoglie una varia umanità di ragazzi più o
meno a rischio, portatori di disagi familiari e sociali. É
una realtà di Napoli, ma questo pregnante documentario,
sessanta minuti di cinema così eloquenti nella loro sobrietà,
potrebbe essere stato girato anche altrove, nella banlieue
parigina per esempio, o in qualsiasi altra degradata
periferia metropolitana.
Come dice Maria
Consiglia Battista, che nell'anno scolastico 2001-02, quando
fu girato il film, era preside alla "Cortese",
questa è una realtà in cui "nuove ricchezze si sono
spavaldamente imposte e nuove povertà si sono nascoste
dietro cortine di dignitoso riserbo", in cui
"genitori 'nullatenenti' pieni di oro chiedono
buoni-libro per figli vestiti all'ultima griffe" mentre
ci sono anche "ragazzi che per studiare chiedono in
prestito il libro al professore". Nel film la preside
è figura centrale, chiamata a raccordare con la sua
autorevolezza il faticoso sforzo dei docenti volto a frenare
le mille spinte centrifughe cui sono soggetti i loro alunni.
Ragazzi e ragazze che lasciano l'aula, che se ne vanno per i
fatti loro, che rifiutano non solo di fare i compiti ma a
volte anche di parlare italiano, che ostentano quel
caratteristico disprezzo adolescenziale per il dialogo che
invariabilmente denota una drammatica insicurezza. La
troupe, pur volendo mantenere la sua visibilità, è stata
ridotta al minimo per non interferire più di tanto con la
vita della scuola e per modificare il meno possibile i
comportamenti: presenti soltanto il regista-operatore e la
tecnica del suono.
La lunga durata
di questa presenza ha finito con il neutralizzarne gli
effetti di disturbo. E così i ragazzi si sono mostrati,
incuranti della cinepresa, esattamente per quello che sono.
La loro cifra è l'indifferenza, o almeno l'ostentazione
dell'indifferenza: mentre per nulla affatto ostentata, ma
visibilmente reale, è invece l'indifferenza dei genitori.
Gente annoiata che risponde con fastidio alla convocazione
del capo d'istituto, che trova del tutto naturale il
comportamento del figlio, anche se il ragazzo si è spinto
fino al limite della provocazione. Gente che afferma
"ci sono problemi più gravi", o che dichiara
tranquillamente di mandare i figli a scuola solo perché
altrimenti "ci mandate i carabinieri". Il
documentario illustra, chiarisce, denuncia, e ne viene fuori
un'istantanea realistica e crudele. L'estraneità dei
ragazzi rispetto alla scuola, il disagio dei docenti
preoccupati soprattutto di tenere in classe i loro alunni, e
chiamati dunque a un compito che va ben oltre la funzione
didattica (e che meriterebbe un ben diverso trattamento
economico e normativo: ma questo è un altro discorso),
l'evidente cortocircuito fra il malessere sociale e
un'istituzione scolastica priva dei mezzi minimi necessari
per affrontare simili emergenze.
L'opera di Di
Costanzo ha ottenuto vari riconoscimenti: primo premio al
Filmmaker Film Festival di Milano, premio Area cinema
giovani e Selezione ufficiale "Nuovi territori"
alla Mostra di Venezia. É anche disponibile in
videocassetta presso la Minimum Fax Media (tel.
063336545/553, fax 063336385, internet http://www.minimumfax.com/).
Dovunque sia stato visto, è stato il punto di partenza di
animati dibattiti. Punto di partenza, perché il film non ha
carattere conclusivo nè propositivo: è piuttosto una
denuncia di sintomi, una raccolta di importante materiale
che è tutto da esplorare, da analizzare, da capire. Come
osserva la preside, la rivelazione del film non arriva al
fondo delle situazioni, nè poteva arrivarci: "chi ha
vissuto i fatti mentre crescevano, esplodevano e si
imponevano all'attenzione dell'osservatore attento, sente
ancora ogni volta che assiste ad una proiezione del prodotto
finito un senso di spaesamento rispetto alla profondità che
sa esistere dietro ogni fatto e sente inevitabilmente
perduta". Certo la realtà è più complessa della sua
emersione davanti alla cinepresa: ma gli spunti di
riflessione che questo film contiene sono tali e tanti da
renderlo un documento prezioso, in un periodo in cui molte
riflessioni della scuola sembrano prescindere dalla scuola
stessa, e soprattutto dal suo problematico radicamento
sociale.
a.v.
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